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Vlahovic FiorentinaGetty Images

Il percorso di Vlahovic, dal digiuno alla svolta: decisiva la fiducia di Prandelli

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Tre goal per confermarsi quello che è: un campione. Nonostante il momento, dal punto di vista personale, non sia esattamente dei migliori. Dusan Vlahovic, oggi, è la Fiorentina. E la Fiorentina è Dusan Vlahovic. Un rapporto apparentemente destinato a concludersi presto, perché quel mancato rinnovo del contratto è una sentenza, ma intanto il binomio funziona. Eccome.

Ieri pomeriggio Vlahovic ne ha messi a segno tre in un colpo solo, abbattendo lo Spezia al Franchi. Una rete su calcio di rigore, un paio da pochi passi. E un mercato che naturalmente si prepara a ribollire di nuovo, alimentato da una rottura consumatasi ufficialmente già nelle scorse settimane e, al momento, soltanto posticipata. A gennaio oppure alla prossima finestra estiva, ancora non è dato saperlo.

Ma Vlahovic non è sempre stato quel che è oggi, ovvero un portento capace di segnare 25 reti nell'anno solare 2021, meno soltanto di quelle collezionate da Haaland e Lewandowski. Il primo Vlahovic faticava parecchio. Colpa dell'età, naturalmente. Dell'inesperienza, dell'ambientamento in un paese e in un campionato diversi dalla Serbia. Non segnava, Dusan. Si divorava più di un goal, come in una partita persa per 4-3 a Milano contro l'Inter. E faceva nascere qualche perplessità in chi lo vedeva all'opera.

Il personaggio della svolta, in questo senso, si chiama Cesare Prandelli. Appena tornato sulla panchina della Fiorentina nel novembre del 2020, uomo della provvidenza dopo gli anni di Frey, Jorgensen e Toni, il tecnico bresciano capiva immediatamente di poter fare a meno di tutti ma non di Vlahovic. Un apparente paradosso, perché il serbo, un anno esatto fa, non segnava praticamente mai.

Basta dare un occhio ai dati per capirlo. Nelle prime 11 giornate dello scorso campionato, Vlahovic ha collezionato appena una rete. Segnata peraltro in una partita persa, 1-2 al Franchi contro la Sampdoria. Pure con Cesare ha iniziato piuttosto male: 4 partite, zero centri. Una digiuno continuo, implacabile.

Eppure Prandelli ci ha creduto. Non gli ha mai negato la maglia da titolare, se l'è coccolato, lo ha protetto dalle inevitabili critiche. E i risultati, pian piano, si sono visti. Vlahovic, sollevato da cotanta fiducia, ha segnato tre volte di fila prima di Natale e poi è esondato come un fiume in piena: una tripletta al Benevento, un paio di doppiette, goal contro chiunque. Totale a fine campionato: 21. Quasi tutti segnati da dicembre in poi.

"Devo ringraziare Cesare Prandelli, ci tengo - ha detto Vlahovic qualche settimana fa in un'intervista a DAZN -mi ha tirato fuori dalla... non dico quella parolaccia. Neanche mio padre avrebbe fatto le cose che ha fatto lui per me".

"La svolta nella mia carriera è stata l'arrivo di Prandelli - ha detto invece Vlahovic in un'altra intervista, rilasciata a fine maggio alla rivista serba 'MozzartSport' - Ci siamo seduti, abbiamo parlato, lui mi ha spiegato cosa voleva da me. Mi ha detto di non preoccuparmi, perché avrei avuto una possibilità. Senza di lui nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Mi ha dato una fiducia illimitata, gli sarò sempre grato".

Prandelli, invece, Vlahovic lo aveva già menzionato nei propri pensieri una volta lasciata la panchina della Fiorentina. Naturale: se i viola si sono tolti dalle acque melmose della bassa classifica, gran parte del merito è andato al centravanti.

"Dico solo che tutti dovremmo ringraziare Dusan che ha salvato la Viola", le sue parole a 'Repubblica' una volta concluso lo scorso torneo.

Prandelli oggi non c'è più. Vlahovic sì, e segna lo stesso a ripetizione. Ma tutto è partito da lì. Da quando Dusan non ingranava e forse la Fiorentina si stava pentendo di non averlo prestato qualche mese prima. Dubbi che oggi, come dimostrato anche dalla tripletta allo Spezia, non esistono più. E anche il resto d'Italia e d'Europa se n'è accorto.

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