Neymar-PSG-2023-pre-seasonGetty

La fuga in Arabia Saudita di Neymar, il terzo incomodo che non ha scalzato Messi e Ronaldo

Una lambreta e un tuffo carpiato. Un tunnel e una cocente eliminazione. Una rete da campione e una bizza. E ancora, lo status di calciatore più costoso di sempre, con quei 222 milioni di euro spesi dal Paris Saint-Germain nell'estate del 2017, cifra che stravolgeva completamente le regole del mercato del pallone. Il tutto racchiuso nella stessa persona. Con una domanda implicita, specialmente adesso che il personaggio in questione ha scelto di lasciare l'Europa per l'Arabia Saudita: chi è, e chi è stato, veramente Neymar?

Risposta piuttosto facile e scontata: Neymar è (stato) un campione. Un fuoriclasse, anzi. Anche se, forse, solo potenziale. L'attaccante che poteva cambiarti da solo una partita, l'uomo copertina del Brasile e, in coabitazione con Kylian Mbappé e poi Leo Messi, del PSG. Il problema, se di questo si può parlare, è che difficilmente si è riusciti ad andare oltre. Nell'eterno dualismo Messi-Cristiano Ronaldo che per un decennio e passa ha monopolizzato il calcio europeo e mondiale, Neymar ha sempre rappresentato il terzo incomodo. È sempre stato lì lì, a un passo dalla vetta, ogni tanto l'ha sfiorata, ma non ha mai avuto la consistenza e la forza necessarie per spodestare i due rivali dal trono.

Qualcuno, a mesi alterni, vi ha dipinto Neymar come il giocatore più forte del mondo. Non lo è mai stato. O meglio, non in maniera assoluta. Se Messi e Ronaldo fossero nati ed esistiti in un'altra epoca, allora sì, lo scettro sarebbe probabilmente andato nelle sue mani. Almeno prima dell'avvento sulla scena mondiale di Mbappé. Ma così non è stato. Un bel problema per uno ambizioso come lui. Anche se un pizzico d'ironia sul tema, come confermato in un'intervista risalente a qualche anno fa fa, non gli è mai mancata.

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“Modestia a parte, oggi mi sento di essere il miglior giocatore del mondo. Visto che Messi e Cristiano Ronaldo sono di un altro pianeta, allora il numero uno sono io”.

La differenza tra Neymar e la coppia Messi-Ronaldo è stata sostanzialmente una: il mostruoso rendimento che due alieni hanno sempre avuto da quando si sono issati al top, dividendosi in maniera equa trofei individuali e di squadra. Mostruoso nei numeri, mostruoso nella continuità, mostruoso nel saper sempre essere decisivi nei momenti topici. La Champions League, ad esempio. Conquistata quattro volte da Messi, cinque da Ronaldo e una sola da Neymar, nel 2015 contro la Juventus, peraltro in tandem proprio con Leo. Oppure Europei e Mondiali, vinti rispettivamente da Ronaldo e Messi nel 2016 e nel 2022.

Prendete l'edizione 2019/20 di Champions, quella che il PSG ha concretamente sognato di mettersi in bacheca. Neymar ha fatto il fenomeno fino alla finale. Nel quarto contro l'Atalanta, in pratica, l'ha vinta lui quasi da solo. Non ha segnato, ma ha sciorinato una prestazione da applausi e due assist decisivi per la rimonta finale dei francesi. Non ha trovato la via della rete nemmeno nella semifinale contro il Lipsia, ma sono stati dettagli di fronte a un'altra serata di gala. Poi, però, è sparito nel momento decisivo. In finale non si è praticamente visto. Lui come Mbappé, l'altro gioiello del PSG. E il Bayern ne ha approfittato, alzando la coppa al Da Luz di Lisbona.

Neymar PSG vs Bayern Munich Champions League 2019-20Getty Images

Quell'anno il Pallone d'Oro non è stato assegnato causa Covid, ma in ogni caso non l'avrebbe vinto lui. Il The Best FIFA sì, ed è andato a Robert Lewandowski. Campione d'Europa, non a caso. Neymar non è entrato nemmeno nei primi tre. Sul podio, manco a dirlo, anche Messi e Ronaldo. Sempre loro. “Mi darò al basket”, ironizzava il brasiliano in quell'occasione, non nascondendo la propria frustrazione. Ma la realtà, ancora una volta, è stata impietosa.

Nel corso degli anni, un po' tutto ha contribuito a tenere Neymar saldamente ancorato a terra. Le polemiche col PSG, che lo hanno portato a un passo dalla frattura dopo la richiesta di cessione al Barcellona dell'estate 2019, e poi l'accusa di stupro – poi archiviata – di una modella brasiliana. E poi, tante scelte rivedibili fuori dal campo come gli "strani" e costanti problemi fisici in concomitanza con il compleanno della sorella. Ma anche, parlando di pallone, le costanti sceneggiate in campo che gli hanno attirato l'antipatia di un avversario su due.

“Neymar ha già perso troppi anni trattando la propria carriera senza la necessaria serietà – è l'opinione espressa qualche tempo fa dal giornalista brasiliano Cosme Rimoli – e con la certezza che i suoi comportamenti extracampo non lo avrebbero influenzato. Come andare alle feste con un piede fratturato. Se vuole essere il migliore al mondo, come Lewandowski, deve fare molto di più di quello che il suo talento privilegiato gli permette di fare. Deve dedicarsi di più alla carriera. Che, tra l'altro, sta scorrendo molto rapidamente. A 29 anni, Messi aveva già vinto quattro volte il premio di migliore al mondo. Ronaldo ci era riuscito a 27. L'argentino ha sei premi, il portoghese cinque. Neymar ha ancora molta strada da fare”.

Lo stesso Rimoli ha avuto qualcosa da ridire anche sulla scelta di Neymar di lasciare il Barcellona per il PSG, dominatore di una Ligue 1 che Fabio Capello avrebbe definito “poco allenante”. I trionfi domestici sono arrivati a pioggia, tra un campionato, una Coppa e una Supercoppa, frutto dell'evidente squilibrio portato dall'ingresso nel club della proprietà del Qatar. E non è un caso se in Europa, escludendo il già menzionato 2019/2020, il PSG non ha mai dato la sensazione di avere la mentalità giusta per arrivare fino in fondo.

In tutto questo, a Neymar non è mancata nemmeno un po' di sfortuna. I Mondiali del 2014 erano i suoi Mondiali. Il Brasile li disputava in casa e lui ne era il simbolo. Ma il celebre intervento falloso ai suoi danni di Zuñiga costringeva l'astro del Barcellona a interrompere in anticipo la propria partecipazione, assistendo al disastro compiuto dalla Seleção nella semifinale contro la Germania. Cinque anni più tardi un altro infortunio, questa volta risalente alle settimane precedenti, impediva invece a Neymar di prendere parte alla Copa America, sempre in casa. Ma questa volta la Nazionale di Tite riusciva a imporsi anche senza di lui. Senza dimenticare la prematura uscita dall'edizione del Qatar, con Neymar peraltro a segno nello sfortunato quarto di finale contro la Croazia.

Dettagli che, alla fine, hanno fatto la differenza. E che, specialmente nelle ore dell'addio all'Europa per sposare il denaro dell'Arabia Saudita, hanno mantenuto Neymar nella scomoda posizione di terzo (quarto? Quinto?) incomodo, un tempo in coabitazione con Eden Hazard prima che il belga si perdesse improvvisamente nei meandri, e nei guai fisici, della propria avventura madrilena. La realtà dice che Leo Messi e Cristiano Ronaldo, i due alieni, sono sempre rimasti tali prima di imboccare i rettilinei finali delle rispettive carriere. E soppiantarli si è rivelato impossibile. It's a long way to the top, cantavano gli AC/DC. E Neymar, a 31 anni, alla cima non è mai arrivato.

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