"La mia carriera? È l'incredibile storia dell'uomo che ha reso possibile l'impossibile" - Harvey Esajas
Diventare calciatori professionisti ad alti livelli è sempre stato il sogno di tanti ragazzini che si innamorano del calcio. Ma non tutti, poi, riescono a sfondare. Anzi, molti, dopo aver fatto magari la trafila nelle Giovanili di grandi società, si perdono per strada e finiscono o sono costretti dalla loro vita a fare altro
È questo il caso di Harvey Esajas, olandese originario del Suriname, che dopo aver militato nei settori giovanili di club prestigiosi come Ajax e Anderlecht, segnalandosi come interessante talento come difensore centrale o centrocampista difensivo, non convince fra i professionisti e quando nel 2001 si rompe il tendine d'Achille è costretto a fare il lavapiatti e il cameriere per mantenersi da vivere e ad abbandonare l'attività agonistica a 27 anni.
Ma il pallone gli darà una seconda possibilità: grazie all'amico di gioventù Clarence Seedorf, Esajas sarà alla fine ingaggiato dal Milan e riuscirà a coronare la sua favola facendo il suo esordio con la maglia rossonera in Coppa Italia da esterno sinistro. Poi due brevi esperienze con Legnano e Lecco, prima del ritiro definitivo dalle scene a 32 anni.
UN TALENTO CHE SI È PERSO PER STRADA
Harvey Delano Esajas, questo il suo nome completo, nasce ad Amsterdam il 13 giugno 1974. Di origini del Suriname, cresce calcisticamente nell'ASV Wartburgia e nell'SC Buitenveldert, mettendo in mostra le sue qualità. Queste ultime lo portano nel settore giovanile dell'Ajax, dove diventa amico fra gli altri di Clarence Seedorf.
Esajas si segnala come un talento che ha ottime possibilità di sfondare ma nel 1991 deve lasciare il club biancorosso: fuori dal campo frequenta infatti amici poco raccomandabili, come riconoscerà lui stesso molti anni dopo in un'intervista a 'Voetbal International', e il club decide di non dargli più fiducia. Esajas completa allora il suo percorso nelle Giovanili di un altro club prestigioso, l'Anderlecht.
Nel 1993 passa in Prima squadra con il Feyenoord, altro grande club del calcio olandese. Ma a Rotterdam nel precampionato il suo nome sale alla ribalta per un fatto tutt'altro che positivo, il cosiddetto "Affare Helderse": nell'amichevole contro l'Helderse, una formazione amatoriale, manda al tappeto un avversario, Ronald Schouten, rompendogli la mascella.
Del colpo proibito viene accusato e poi sospeso ingiustamente il compagno di squadra Ulrich Van Gobbel. Nonostante si scoprirà che il vero responsabile è stato Esajas, quest'ultimo non subirà provvedimenti disciplinari da parte della sua società.
Il 24 ottobre 1993 Harvey fa il suo esordio in Eredivisie contro l'Ajax, una delle squadre in cui ha militato da giovane, e il suo è un debutto molto positivo: gioca una buona gara e realizza anche la rete del provvisorio 0-2 ospite in un match che terminerà 2-2.
Ma, purtroppo per lui, sarà un fuoco di paglia: in quella stagione Esajas vedrà il campo soltanto in altre 4 volte, che diventeranno appena 3 nel 1994/95 e zero nel 1995/96. Il futuro da calciatore di Esajas è già in discussione.
Nel 1996 Harvey, dopo due Coppe d'Olanda vinte da comprimario (1993/94 e 1994/95), lascia così il Feyenoord e passa al Groningen. Qui colleziona 9 presenze, ma ancora una volta non convince e va via dopo appena un anno.
Si trasferisce così al Cambuur, scendendo nella Seconda divisione olandese, la Eerste Divisie. Tuttavia anche qui non trova spazio. Passa dunque al Dordrecht nel 1998/99, sempre nell'Eerste Divisie. Dopo 7 presenze capisce che per lui in Olanda le porte si sono ormai chiuse e prende la decisione di tentare la sorte all'estero.
Va così in Spagna per trascorrere un po' di tempo con il Mostolés (10 gare in Segunda División B, la Serie C spagnola) e il Real Madrid Castilla, sempre nella stessa categoria, con cui peraltro non riesce nemmeno ad esordire.
Va dunque allo Zamora, con cui mette insieme 20 presenze in due anni.
IL GRAVE INFORTUNIO E IL SOGNO INTERROTTO
La carriera che Esajas sognava non arriva e un grave infortunio riportato nel 2001 mentre milita nello Zamora rischia seriamente di metterci il punto anticipatamente. L'olandese si rompe il tendine d'Achille, e per lui arrivano l'intervento chirurgico e una lunga riabilitazione, che lo portano a dare l'addio al calcio giocato a 27 anni.
DA LAVAPIATTI ALL'ESORDIO NEL MILAN
Per mantenersi da vivere Harvey inizia a lavorare come lavapiatti per attività di ristorazione, poi fa l'aiuto cuoco e il cameriere. Il calcio, insomma, sembra ormai il suo passato. Anche perché perde rapidamente la forma fisica, acquisendo molti chili e arriva a pesare oltre un quintale.
Ma dentro di sé l'olandese non abbandona quel sogno che aveva fin da ragazzo. Così viene a sapere che il suo vecchio amico Clarence Seedorf gioca in Italia nell'Inter e lo contatta perché gli dia un passaggio per fare dei provini. Lui infatti non solo non possiede un'auto, ma non ha nemmeno la patente automobilistica.
Nel mese di dicembre del 2001 ne fa un primo con la Fiorentina, che attraversa una stagione travagliata, ma non viene ingaggiato. Ci riprova quindi con il Torino. Anche in questo caso chiama l'amico perché lo accompagni. Seedorf conosce il Direttore generale granata Sandro Mazzola e gli telefona raccomandandosi con lui perché ad Esajas venga data un'occasione.
"Clarence mi aveva telefonato raccontandomi dei problemi che aveva avuto questo ragazzo - rivelerà Mazzola a 'Il Corriere della Sera' -. Si era raccomandato affinché potesse avere una chance al Toro. Esajas rimase con noi per un mese: aveva buone qualità ma anche troppi chili in eccesso...".
"Se mi concederanno il tempo necessario sono convinto che riuscirò a convincere il Torino a prendermi", dichiara lui ai microfoni dei cronisti presenti a Orbassano.
È il febbraio del 2002 e i granata lo tengono in prova per circa un mesetto nel quale può allenarsi con la squadra piemontese.
"Camolese mi ha detto di stare tranquillo - afferma ai giornalisti quando lo avvicinano - e di fare le cose per gradi, considerato che non gioco una gara ufficiale da circa un anno. Conoscevo già il Toro, ero tra gli spettatori della finale di Coppa Uefa contro l’Ajax ad Amsterdam, ai tempi della mia militanza dell’Anderlecht. Il mio idolo è Vieira, ma le mie caratteristiche sono diverse: mi definisco un gran lavoratore, specializzato nel recuperare i palloni".-
Il ragazzo si impegna, ha buoni mezzi tecnici ma anche un peso che rende impossibile il suo tesseramento. Anche stavolta, così, non se ne farà nulla. Seedorf però non si perde d'animo e quando, trasferitosi al Milan, è diventato ormai una colonna della formazione rossonera, ne parla a cena con l'a.d. Adriano Galliani.
"Quando giocava nell’Ajax - spiega -, quel ragazzo aveva molto più talento di me. Diamogli una mano, aiutiamolo a tornare un calciatore".
Le parole di Clarence fanno scattare qualcosa nel cuore del dirigente rossonero, che alla fine si fa convincere e decide di concedergli una chance. Siamo all'inizio del 2004 e il Milan permette ad Esajas di allenarsi a Milanello, lavorando inizialmente con la Primavera.
L'olandese, che pesa oltre cento chili, è affidato alle cure del Milan Lab e si mette a dieta ferrea. Per dare un taglio con il passato si taglia anche le treccine e porta i capelli tagliati a zero. La sua determinazione fa il resto: dopo qualche mese viene ingaggiato per un anno dal club rossonero. Sceglie la maglia numero 30, come i suoi anni.
"Galliani mi ha convocato nel suo ufficio e mi è arrivata questa offerta - racconterà ai giornalisti -. A momenti cadevo dalla sedia quando ho appreso la notizia. Mi sarei accontentato anche di una piccola squadra, ma andare al Milan è veramente incredibile".
"E se un giorno giocherà anche un solo minuto di una partita ufficiale del Milan - afferma l'a.d. rossonero - sarà un sogno che si avvera".
In undici mesi Esajas arriva a perdere oltre 15 chili, tanto da iniziare a venire preso in considerazione dal tecnico Carlo Ancelotti. L'allenatore di Reggiolo, dopo averlo già portato in panchina il 20 novembre 2004 nell'andata degli ottavi di finale di Coppa Italia contro il Palermo (vittoria per 1-2 al Renzo Barbera) lo convoca anche per la sfida di ritorno, in programma a San Siro il 12 gennaio.
-
La partita si mette bene per i rossoneri, che si portano sul 2-0 grazie ai goal di Brocchi e Tomasson su rigore. Così nel finale Ancelotti decide di coronare la favola del ragazzo olandese, e, dopo averlo fatto riscaldare, lo manda in campo al posto di Ambrosini all'87' e gli concede la passerella finale.
L'esordiente, che rivede il campo dopo quasi 4 anni di inattività, si impegna a fondo, e da esterno sinistro, prima sfiora l'assist per Tomasson, poi conquista con caparbietà un calcio d'angolo. Dopo due minuti di recupero, e 5 minuti complessivi con la maglia del Milan sulle spalle, tornato negli spogliatoi, l'olandese libera le sue emozioni in un copioso pianto.
La favola sportiva è compiuta, la scommessa di Seedorf e Galliani è vinta.
"Di questa sera - dichiarerà a caldo Esajas - non dimenticherò mai l'appoggio di Ancelotti, l' incitamento dei compagni, la fiducia dei dirigenti. È stata una notte speciale".
"Sono felicissimo - aggiunge -, ho lavorato tanto e ringrazio tutti i miei compagni, lo staff tecnico e medico e anche i tifosi. Per me è stata una grande opportunità, quando il mister mi ha detto che dovevo entrare non volevo crederci: un'emozione indescrivibile. Per me il Milan è tutto, in pochi mi conoscono ma posso solo dire che io do sempre il massimo, in ogni situazione".
"Volevo dimostrare a tutti di non essere qui per caso - conclude -, di meritarmi questa maglia. Clarence mi diceva di lavorare, di non mollare, di credere in quello che facevo. Lui mi ha portato qui, mi ha aiutato, mi ha dato il cuore. Non posso dimenticarlo".
IL RICORDO DI ISTANBUL E IL RITIRO DEFINITIVO
Tornato ad essere un calciatore, Esajas non vuole fermarsi e spera di poter essere utile alla sua squadra in altre occasioni.
"Ho sempre lavorato per ottenere un'opportunità come questa che mi ha dato il Milano - dice a 'Il Corriere della Sera' - E ora mica mi fermo qui... Se no torno a casa".
Nonostante la buona volontà, quella con il Palermo resterà l'unica partita giocata da Esajas con la maglia del Milan. L'olandese non debutterà mai in Serie A, sebbene venga portato in panchina da Ancelotti per le sfide con Brescia, Palermo e Udinese.
Per gratificarlo il tecnico di Reggiolo lo convoca anche per la finale di Champions League a Istanbul. Esajas si accomoda in tribuna a vedere i compagni in azione, ma alla fine è il Liverpool, vittorioso ai rigori dopo un'incredibile rimonta, a sollevare la Coppa dalle grandi orecchie.
"A Istanbul ero in tribuna - dirà - e ricordo ogni momento di quella gara. Fu tutto perfetto, tranne il finale. Per il sottoscritto, però, era già tanto trovarsi lì".-
Ma l'avventura di Esajas con il Milan è praticamente già conclusa. In estate l'olandese viene tesserato dal Legnano, in C2. Dopo appena una presenza, contro il Portogruaro, a gennaio del 2006 passa al Lecco.
Per Esajas con i lombardi ci sono appena 2 apparizioni da subentrato. La sua favola è di fatto già terminato, e a 32 anni il carneade rossonero annuncia il ritiro definitivo dalle scene. Appesi gli scarpini al chiodo, Harvey torna a lavorare nel settore della ristorazione. Fa il cuoco e resta nel mondo del calcio come allenatore di squadre giovanili di club minori olandesi. Fra questi il Buitenveldert, in cui aveva militato da ragazzo, e di cui guiderà anche la Prima squadra, e l'ASV Arsenal.
Ancora oggi mostra con orgoglio la sua maglia del Milan che lo ha visto protagonista per 5 minuti a San Siro in quella partita di Coppa Italia quando si presenta ai suoi giovani allievi.
"Ma hai giocato nel Milan? Chi sei allora?", gli chiedono i bambini, puntualmente non riconoscendolo.
"Sono Harvey Esajas, ragazzi, cercatemi su Google e vedete se è vero che ho giocato con il Milan", risponde lui.
"Oh, è vero - dicono allora i dubbiosi allievi - hai giocato 5 minuti nel Milan. E sei stato anche nel Real Madrid. Sì, ma non è neanche il vero Real Madrid...".
E allora lui scoppia a ridere e replica:
"Anche voi sognate di giocare una partita nel Milan, non è vero? Vedete, io ce l'ho fatta. Quel vostro sogno io l'ho realizzato tanti anni fa. Mostrate un po' di rispetto: e se ce l'ho fatta io, potete farcela anche voi".
Molte persone, quando lo incrociano per strada, ironizzano sul suo passato, ma lui non ci bada.
"La gente per strada mi chiama lavapiatti e cameriere - conferma a 'Voetbal International' l'ex rossonero - ma a me non importa. Nelle giovanili dell'Ajax ero il migliore, ma non avevo dei genitori che mi seguissero. Nessuno si è preso cura di me, non avevo una guida e frequentavo le persone sbagliate".
"Quattordici dei miei amici d'infanzia sono morti assassinati. Cosa può importarmi se mi chiamano lavapiatti? Nella mia vita ho fatto tante cose. A differenza di questi amici sono rimasto sulla retta via, ho vissuto e sono sopravvissuto. E ho giocato nel Milan. In quanti possono dirlo?".
Non tutti capiscono che quei 5 minuti da calciatore a San Siro per Esajas sono stati importanti quanto un'intera carriera.