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"Gioca bene o gioca male Paramatti in Nazionale": dall'Equipe Romagna alla Juventus

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"Gioca bene o gioca male, Paramatti in Nazionale”. Il coro intonato per anni dalla Curva del Bologna dice molto sulla generosità di un calciatore che a soli 27 anni si era ritrovato senza squadra ma poi capace di conquistarsi il sogno di calcare i campi della Serie A, vestire la maglia della Juventus e debuttare in Champions League.

Michele Paramatti infatti nell'estate del 1995 si allena con l'Equipe Romagna, una selezione di calciatori senza contratto in attesa della chiamata giusta. Chiamata che per lui arriva da Gabriele Oriali, allora direttore sportivo del Bologna. In rossoblù resta cinque anni diventando, come detto, un idolo dei tifosi.

Quindi arriva la Juventus, che lo porta a Torino e gli regala la possibilità di vincere uno Scudetto e giocare in Champions League, prima di tornare all'amato Bologna e chiudere la carriera alla Reggiana.

LA CHIAMATA DI ORIALI, I GOAL ALL'INTER, LA FINALE SFUMATA

Michele Paramatti nasce a Salara, in provincia di Rovigo, ma cresce calcisticamente alla SPAL. Terzino ambidestro capace quindi di disimpegnarsi allo stesso modo su entrambe le fasce, dopo due anni al Russi in Interregionale, Paramatti torna a Ferrara dove rimane ancora sei stagioni dal 1989 al 1995 finché il suo contratto con la SPAL scade e resta senza squadra.

"Ero rimasto senza contratto per due mesi: la SPAL non me lo aveva rinnovato, mi allenavo coi disoccupati. All’epoca un giocatore col contratto scaduto poteva essere venduto solo se la società incassava qualcosa. Ero vincolato, fossi stato libero mi sarei accasato da qualche altra parte. La SPAL voleva guadagnare dalla mia vendita e non mi ero potuto muovere".

La grande occasione gliela offre il Bologna, appena promosso in Serie B. Oriali e Ulivieri scommettono su di lui. Sarà una storia lunga cinque anni ricchissima di soddisfazioni, personali e di squadra.

"Negli anni precedenti quando giocavo alla SPAL avevo avuto la possibilità di salire di categoria, ma piccoli infortuni mi hanno condizionato. Nel 1995 avevamo giocato contro il Bologna: loro cercavano un giocatore con le mie caratteristiche. Oriali e Ulivieri mi hanno voluto fortemente e non ci ho pensato un attimo: era l’occasione della vita. Sono stato a Bologna per cinque anni, poi sono andato alla Juve e sono ritornato a Bologna per un altro anno. Sono stati tutti anni bellissimi: è stata l’occasione che ho saputo cogliere, la situazione ideale per emergere. Il rapporto col Bologna è stato magnifico, c’è stata grande empatia da subito. Sul campo ho dato tutto quello che avevo ricevendo stima e affetto dai tifosi e dalla società".

Il Bologna arriva in Serie A e sfiora una finale di Coppa UEFA, mentre Paramatti ha la possibilità di giocare accanto a grandi campioni come Giancarlo Marocchi, Beppe Signori e Roberto Baggio indossando anche la fascia da capitano. Un vero leader, insomma, oltre che un terzino col vizio del goal. Alla fine saranno 14, di cui alcuni pesantissimi. Una delle vittime preferite è l'Inter, 'punita' più volte da Paramatti.

"Abbiamo messo sotto Juve e Inter: ricordo un 3-0 alla Juve e un 1-0 all’Inter. I nerazzurri mi portavano bene, ho segnato quattro goal in quattro anni di fila. Avevano preso goal da me per tre stagioni di fila. Nella sfida del quarto anno mancavano 5′ alla fine e i tifosi  hanno cominciato a intonare un coro di scherno nei mie confronti. Sul calcio d’angolo successivo ho segnato e ho fatto l’inchino per ringraziarli… Giocare a San Siro dà uno stimolo in più che ti permette di fare cose al di fuori del normale".

Un'esultanza quella a dire il vero non troppo gradita dal suo tecnico Ulivieri, al quale il terzino risponderà così: "Si vede che il mister non ha mai segnato a San Siro e non sa cosa vuol dire…”. Il goal più importante della carriera di Paramatti però è sicuramente quello siglato nella semifinale di ritorno della Coppa UEFA 1998/99 contro il Marsiglia. Goal poi rivelatosi purtroppo inutile ai fini della qualificazione, trasformando il sogno in una cocente delusione.

"Quella sera fu il culmine delle cose più belle, ma anche delle delusioni più cocenti. Segnare un goal in semifinale di Coppa UEFA, essere vicini alla finale e subire goal a cinque minuti dalla fine su un ingiusto rigore ci ha lasciato l’amaro in bocca. Se fossimo andati in finale contro il Parma a Mosca avrebbero sostituito la statua del Nettuno con la mia, ci saremmo giocati la coppa fino in fondo e avremmo avuto la possibilità di portare a Bologna un trofeo importantissimo".

Michele ParamattiGetty

DUE ANNI ALLA JUVE E LO SCUDETTO DEL 5 MAGGIO

Paramatti però ormai ha conquistato tutti, tanto che nell'estate del 2000 a scommettere su di lui è la Juventus, squadra per cui ha sempre fatto il tifo e dove a volerlo fortemente è l'allora tecnico bianconero Carlo Ancelotti.

"Fu lui a caldeggiare il mio acquisto: lo ringrazio, gli sono riconoscente per la possibilità che mi è stata data. All’epoca aveva smesso di giocare da poco: caratterialmente era molto vicino ai calciatori, non stabiliva gerarchie troppo rigide. Sono stato contento di aver lavorato con lui. Purtroppo nel 2000-01 non è andata bene, siamo arrivati secondi ma secondo me avremmo meritato di vincere lo Scudetto anche quell’anno".

Scudetto che Paramatti vince la stagione successiva con Marcello Lippi in panchina nel celebre pomeriggio del 5 maggio 2002. Un pomeriggio in cui il suo nome resterà scolpito per sempre.

" Ho toccato l’ultimo pallone. Nella cronaca di Radio Rai si sente dire “Paramatti… È finita! La Juventus è campione d’Italia”. Ho le prove... La Juve è stata da sempre la squadra del mio cuore. Nel paese in cui sono nato tifavi per la Juve oppure per il Milan o per l’Inter: quando ero piccolo io andava forte la Juve di Zoff, Gentile e Cabrini ed era facile appassionarsi. Sono andato via dal Bologna con un po’ di rammarico: ero stato benissimo, se fossi rimasto lì sarei potuto diventare ancora di più una bandiera. Al tempo stesso però accettare l’offerta della Juve significava coronare un percorso iniziato dai dilettanti e terminato con la maglia della squadra più titolata d’Italia sulle spalle. Ho giocato in tutte le categorie e ho fatto goal anche in tutte le categorie e nelle competizioni europee, tranne in Champions League, questo mi manca. La chiamata della Juve è stata l’occasione per coronare le aspirazioni che un bambino ha quando inizia a giocare".

Paramatti resta in bianconero solo due stagioni collezionando 45 presenze, di cui 9 in Champions League. Una bella soddisfazione per chi qualche anno prima stava per appendere gli scarpini al chiodo. E pazienza se la convocazione in Nazionale invocata dai tifosi del Bologna non arriverà mai.

LA PASSIONE PER IL GOLF: "OGGI PER ME VIENE PRIMA DEL CALCIO"

Proprio al Bologna torna nell'estate del 2002, ma stavolta resta in rossoblù solo per una stagione. Quindi si trasferisce alla Reggiana dove chiude la sua carriera a 36 anni. Paramatti oggi è definitivamente uscito dal mondo del calcio, al quale preferisce il golf. Una passione scoperta proprio ai tempi della Juventus.

"Quando ero con la Juve, nel ritiro di Chatillon, sono andato al campo da golf del Cervino insieme a Del Piero e a Giancarlo Corradini che all’epoca allenava insieme ad Ancelotti. Ho iniziato così e mi è piaciuto. Oggi il golf è l’attività sportiva che mi appassiona di più. Poter competere nelle gare è uno stimolo per migliorarmi e mi aiuta ad affrontare ogni giornata con grande entusiasmo. Una volta si giocava a calcio per passione, poi di conseguenza arrivavano i risultati e i guadagni. Oggi mi sembra che ci sia solo l’obiettivo del guadagno: si è invertito l’ordine delle cose, è cambiato parecchio dal punto di vista emozionale. Forse è il gioco più bello del mondo, ma adesso viene dopo il golf per me".

Oltre al golf, Paramatti si occupa della gestione di una società immobiliare fondata nella zona di Ravenna quando era ancora un calciatore.

"Mi chiedevo che cosa avrei fatto alla fine della mia carriera: allora ho fondato una società immobiliare e ho fatto investimenti. Oggi mi occupo di questa società. Oggi vivo tra la provincia di Ravenna dove c’è la mia abitazione, Bologna dove ho una casa e il Salento dove c’è quella di mia moglie. Fortunatamente riesco a lavorare da casa mettendoci l’impegno che decido io: questa è una grande libertà, una conquista a cui ambivo per avere tempo a disposizione per dedicarmi alla famiglia e ai miei hobby, insomma a vivere la vita con tranquillità".

Nel mondo del calcio però c'è un altro Paramatti, il figlio Lorenzo, difensore classe 1995 che dopo aver iniziato nel settore giovanili di Inter e Bologna ha giocato in Serie C tra Siena, Messina, Santarcangelo, Gubbio e Piacenza prima di trasferirsi in Romania. Ma che oggi è svincolato. Una passione, quella per il pallone, evidentemente di famiglia.

"Un padre si impegna per dare consigli, ma non è semplice riuscire a trasmettere tutto quello che uno pensa anche perché oggi ci si rapporta con valori diversi da quelli che io ritengo importanti. I valori importanti nella vita sono altri per me. È un mondo particolare, dove devi scendere a compromessi e controllare la tua personalità. Se vai fuori dalle righe o se sei sincero sei mal visto e vieni fatto fuori ed estromesso dal sistema. Credo che la libertà acquisita adesso sia impagabile, non sento la mancanza di quel mondo. Del calcio sono bellissimi l’allenamento, la fatica, le soddisfazioni e anche le delusioni. Tutto quello che è fuori dello spogliatoio e fuori dal campo non mi manca assolutamente"

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