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BARBADILLO GFXGOAL

Geronimo Barbadillo, 'El Patrulla': la freccia peruviana che giocò con Avellino e Udinese

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Un nome da guerriero, i piedi da funambolo e una pettinatura afro che non poteva certamente passare inosservata e gli varrà il soprannome di 'El Patrulla' per la somiglianza con l'attore Clarence Edwards III, il protagonista della serie tv 'Patrulla Juvenil', un poliziotto con i capelli cotonati che inseguiva i ladri a gran velocità, molto popolare negli anni Settanta in America Latina.

Geronimo Barbadillo è stata un'ala destra estrosa e con il vizio del goal, uno dei giocatori peruviani che fra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta hanno fatto la storia del loro Paese. Approdato in Italia subito dopo i Mondiali '82 in Spagna, dopo anni da protagonista in Provincia con Avellino e l'Udinese, la sceglierà come sua seconda patria.

Ancora oggi, infatti, vive e lavora ad Udine, dove opera come talent scout in società con il figlio e il genero.

I PRIMI ANNI IN PERÙ

Geronimo Barbadillo nasce a Lima, capitale del Perù, il 29 settembre 1954. È figlio d'arte, perché suo padre, Guillermo detto 'Willy', è stato una stella dell'Alianza Lima negli anni Cinquanta e ha collezionato 25 presenze e 3 goal in Nazionale.

I genitori gli impongono il nome dell'ultimo e indomito capo indiano Apache, quasi a predirre per lui un futuro da guerriero. E battagliero Barbadillo lo sarà realmente sul rettangolo verde, dove diventerà uno dei calciatori più apprezzati del suo Paese, dopo aver tirato i primi calci con gli amici per le vie polverose del barrio Fiscal 4, a El Callao.

"Giocavo per strada - racconterà -, mio padre mi trasmise la passione per il calcio. Lui però mi voleva medico, perché se fossi diventato calciatore avrebbero fatto troppi paragoni fra me e lui".

Contravvenendo alle aspettative del papà Guillermo, con l'aiuto di sua nonna, a 16 anni Geronimo firma clandestinamente il suo primo contratto. A 17 anni, nel 1972, fa il suo esordio precoce nel calcio professionistico con lo Sport Boys di Callao, la squadra dei portuali di Lima. Le sue doti da esterno tecnico e veloce, specializzato nel dribbling e nel cross, ma che non disdegna a sua volta finalizzare il gioco, lo impongono presto all'attenzione.

Così, dopo aver debuttato anche in Nazionale, nella stagione 1974/75 la giovane ala destra passa al Defensor Lima, con cui vince la prestigiosa Copa Simón Bolivar, intestata al noto liberatore, precedendo in classifica i venezuelani del Portuguesa in un torneo che si disputò dal 1970 al 1976 fra club provenienti da Bolivia, Ecuador, Colombia, Venezuela, Perù e Paraguay.

Nella stessa stagione fa il suo esordio in Copa Libertadores, collezionando 9 presenze e un goal.

COPA AMERICA E MONDIALI IN NAZIONALE

Le prestazioni di alto livello con i club del suo Paese valgono a Barbadillo la chiamata in Nazionale già nel 1972. A 17 anni, il 3 maggio, il giovane Geronimo fa il suo esordio con la Blanquirroja disputando gli ultimi 17 minuti a Rotterdam nell'amichevole persa 3-0 contro l'Olanda del 'Profeta del Goal' Johan Cruijff.

Ci torna nel 1975 per disputare in Venezuela la Copa America. Barbadillo è una riserva, e vive da panchinaro tutte le gare della fase a gironi e la doppia semifinale vinta con il Brasile. Poi però viene rispolverato titolare dal Ct. Marcos Calderón per giocare la doppia finale con la Colombia.

I Cafeteros si aggiudicano 1-0 il match di andata, ma la Blanquirroja si impone 2-0 al ritorno: è necessaria una bella (all'epoca non erano ancora previsti i calci di rigore), che si disputa a Caracas il 28 ottobre 1975. Geronimo osserva dalla panchina i suoi compagni superare 1-0 i rivali e dopo il fischio finale festeggerà con loro la conquista del trofeo.

Non convocato per i Mondiali di Argentina '78 (si sta giocando il campionato in Messico e rifiuta di fare la riserva di Juan José Muñante del Pumas, di 6 anni più vecchio di lui), Barbadillo rientra invece nella lista dei 22 per quelli di Spagna '82. Il Perù è inserito nel girone dell'Italia di Bearzot e parte con un pareggio per 0-0 contro il Camerun. La seconda gara si gioca a Vigo il 18 giugno 1982 proprio contro gli Azzurri.

Anche questa gara finirà con un pareggio 1-1, sicché per la qualificazione della Blanquirroja è decisiva la terza partita, contro la Polonia. Ma a La Coruña i sudamericani incappano in una giornata no e vengono travolti 5-1 dagli europei, che conquistano così il primo posto nel Gruppo 1. Secondi, per differenza reti, gli Azzurri, che la spuntano sul Camerun. Ultimo proprio il Perù, che è così eliminato.

Geronimo approda comunque in Italia dopo quel torneo, mentre in Nazionale non gioca per 3 anni, salvo essere nuovamente convocato ormai trentenne nel 1985 per le qualificazioni ai Mondiali di Messico '86. Stavolta però, nonostante 'El Patrulla' segni anche 2 goal importanti nel successo per 4-1 sul Venezuela e nel pareggio per 2-2 con l'Argentina di Diego Armando Maradona, l'impresa non riesce.

La Blanquirroja cade infatti nelle semifinali contro il Cile, con unadoppiasconfitta per 4-2 a Santiago e per 0-1 a Lima. Quest'ultima gara, disputata domenica 3 novembre 1985, all'età di 31 anni, è anche l'ultima in Nazionale dell'ala peruviana, che chiude con un bilancio complessivo di 20 presenze e 3 goal.

LEGGENDA IN MESSICO CON IL TIGRES UANL

A livello di club la svolta internazionale della carriera di Barbadillo avviene nel 1975, quando Geronimo è convinto dal connazionale Claudio Lostaunau, allenatore del Tigres UANL, la squadra dell'Università autonoma del Nuevo León, che lo soffia agli argentini del Boca Juniors, che avevano messo gli occhi su di lui dopo la Libertadores giocata con il Defensor Lima.

Nel Paese centroamericano Barbadillo resta 7 anni, fino al 1982, diventando una leggenda del suo club. Il primo anno vince subito la Coppa del Messico, e colleziona 28 presenze e 8 goal. Nel 1976/77 le reti sono 5 in 32 gare, ma senza trofei vinti e con una Supercoppa persa, mentre il 1977/78 lo consegna alla storia del calcio locale.

Il Tigres UANL, dopo il 5° posto nella stagione regolare, si aggiudica infatti lo Scudetto battendo in finale il Pumas UNAM (vittoria per 2-0 e pareggio 1-1). Barbadillo è uno dei grandi protagonisti di quel trionfo grazie a 12 reti in 38 gare, cifra notevole per chi gioca nel ruolo di ala.

Uno score identico l'ala destra di Lima lo mantiene anche nel 1978/79 (12 goal in 38 presenze) ma la squadra si ferma ad un passo dalla finale Scudetto. La freccia peruviana è protagonista anche del campionato messicano 1979/80, nel quale porta la sua formazione alla finale Scudetto, poi persa con il Cruz Azul (0-1, 3-3) ed è premiato come 'Miglior ala destra del campionato messicano'.

La squadra dell'Università autonoma del Nuevo León disputa poi a fine stagione una serie di amichevoli internazionali fra cui una contro i Cosmos di New York, nella quale mette in grossa difficoltà con il suo spunto in velocità Franz Beckenbauer, e una contro l'Argentinos Juniors, in cui il suo talento riesce addirittura nell'occasione a mettere in ombra quello di un giovane Diego Armando Maradona.

La compagine newyorkese tenta addirittura di metterlo sotto contratto e arriva ad offrire un milione di dollari (circa 950 mila euro attuali) per il cartellino del ragazzo di Lima. Il Tigres risponde però picche agli americani perché è convinto di poter guadagnare di più da una futura cessione in Europa del peruviano.

Gerónimo Barbadillo Tigres

Nel 1980/81 per il 4° anno consecutivo Barbadillo raggiunge la doppia cifra di goal (36 presenze e 10 goal) senza che il Tigres raggiunga neanche i playoff. Il riscatto degli auriazules arriva l'anno seguente, il 7° e ultimo dell'avventura messicana di Geronimo. L'ala peruviana è ancora protagonista (nuovamente 36 gare e 10 goal), e trascina nuovamente la squadra alla finale dei playoff.

Il Tigres si impone 2-1 nel match di andata, ma soccombe 1-0 al ritorno. Si va dunque ai calci di rigore, che premiano la squadra gialloblù. L'ultima e decisiva trasformazione dal dischetto è proprio di Barbadillo, che diventa per i tifosi come un eroe. Per 'El Patrulla', come lo chiamano, premiato nel 1981 come 'Miglior giocatore della Prima divisione messicana', è il 2° Scudetto messicano in carriera.

Lascia da terzo miglior marcatore di ogni tempo del club, e nel giorno dell'addio la dirigenza del club deciderà di ritirare la sua maglia numero 7. Un tifoso addirittura chiama suo figlio Mateo Geronimo in onore del portiere Mateo Bravo e di Barbadillo.

GLI ANNI NELL'AVELLINO DI SIBILIA

Dopo i Mondiali di Spagna si concretizza per la stella del Tigres UANL il passaggio in Serie A, anche se il primo impatto con l'Italia non è quello che l'ala peruviana si aspettava. Galeotta è una tournée europea dei messicani e in particolare un'amichevole giocata ad Ancona.

Nicola Gravina, il manager che aveva portato in Italia il brasiliano Juary, gli propone proprio la Serie A o la Spagna come possibili destinazioni future. Quindi si rifà vivo durante i Mondiali e gli riferisce che ci sono buone possibilità di venire a giocare in Italia. Geronimo si consulta con la moglie Berta Nakandakare, peruviana come lui, e pur sapendo poco del calcio italiano dice di sì.

"Sapevo che la Nazionale italiana era fra le migliori in Europa - dirà -, conoscevo Juary per averci giocato contro in Messico e Falcão era popolarissimo in Sudamerica. Inoltre avevo sentito parlare di Paolo Rossi, ma nulla più".

Ad esserselo aggiudicato è l'Avellino del commendatore Antonio Sibilia, il presidente che aveva portato gli irpini in Serie A e che per lui sborsa un miliardo di vecchie Lire. Con una bugia:

"Mi dissero:'Vieni in Italia, ti portiamo in una squadra che lotterà per il quarto o quinto posto'. Io arrivavo dal Messico, avevo vinto tanto, ero un giocatore importante anche nel Perù, che all'epoca in Sudamerica era la terza forza del continente, dopo Argentina e Brasile, insieme all'Uruguay. Sbarcai a Fiumicino, salimmo in macchina e mi dissero: 'È qui dietro, arriviamo subito'. E invece andavamo, andavamo… Poi arrivai nella zona di Avellino, e vidi, vivissimi, i segni del terremoto di due anni prima, la devastazione. Io avevo portato con me la mia famiglia: mi girai verso mia moglie e le dissi: 'Ma dove siamo finiti?' ".

Una volta giunta a destinazione, l'ala destra peruviana fa il suo primo incontro con Sibilia.

"Sibilia mi fa spogliare e mi esamina come i cavalli. Poi mi dice: 'Cumpà, tieni e' gambe storte ma va bbene ppe' fa e dribbling. Ci sta sul nu' problema: te aià taglià e' capill' (cioè: 'Amico, hai le gambe storte ma vanno bene per fare i dribbling. Ci sta soltanto un problema: ti devi tagliare i capelli')".

Si unisce alla squadra nel ritiro di Pontremoli e nella preparazione stupisce tutti: nei test di Cooper corre i 3550 metri in 12 minuti, mostrando doti da fondista. Il tecnico biancoverde Pippo Marchioro ne rimane impressionato e assicura:

"È un atleta che verrà fuori alla distanza".

L'Avellino lo ha preso per sostituire Mario Piga, 'L'eroe del Partenio', l'ala destra che l'11 giugno del 1978 segna contro la Sampdoria il goal della vittoria che determina la storica promozione dei campani in Serie A, ceduta nell'estate del 1982 al Perugia.

Il debutto assoluto del peruviano con la maglia biancoverde avviene il 18 agosto 1982 nel girone di Coppa Italia contro l'Atalanta (1-1), mentre l'esordio in Serie A è datato 12 settembre. Gli irpini sono ospiti del Torino al Comunale e sarà una gara che Barbadillo ricorderà per sempre, non certo per il risultato, che vedrà i granata dilagare 4-1, quanto piuttosto per il biglietto da visita che riceve da Paolo Beruatto.

"Nella prima partita di campionato, contro il Torino - ricorderà Geronimo - presi una gomitata tale, da un terzino granata, che rimasi a terra, stordito, non potevo né parlare né respirare. La sera ribadii a mia moglie: basta, torniamo a casa".

Le cose iniziano a cambiare già nella seconda giornata, quando Barbadillo con la sua velocità mette in crisi la difesa dell'Ascoli e segna l'1-0, il suo primo goal in Serie A, da attaccante puro, con una penetrazione centrale dopo aver rubato palla sulla trequarti. Anche il secondo goal della squadra è frutto di un suo tiro a giro deviato alle spalle del portiere da un difensore avversario. L'Avellino vince 2-0 e il peruviano è anche ospite della popolare trasmissione 90° Minuto condotta da Paolo Valenti.

"La cosa importante - dichiara ai microfoni di Luigi Necco - è che abbiamo vinto 2-0 per i nostri tifosi".

Su quella partita con l'Ascoli, Barbadillo racconterà poi un curioso aneddoto.

"Rientrai adAvellino solo il venerdì dopo una partita con la Nazionale, non mi allenai neppure con i compagni ma segnai e giocai molto bene. Sibilia allora mi disse che avrei dovuto giocare col Perù ogni settimana...". 

La stagione 1982/83 è da incorniciare per il nuovo acquisto, che nonostante sia discontinuo in trasferta come tutta la squadra, diventa una pedina essenziale per Marchioro prima, e Veneranda poi. Gioca praticamente sempre, collezionando 30 gare (2644 minuti) e 6 goal, tutti segnati al Partenio, che lo rendono il secondo giocatore più prolifico della squadra dopo Beniamino Vignola, nonostante non sia un attaccante puro. La squadra campana ottiene alla fine un brillante 9° posto.

In Irpinia 'El Patrulla' diventa 'Tartufòn' e i tifosi biancoverdi, che delizia con le sue reti, le accelerazioni, i dribbling e gli assist, lo eleggono presto loro idolo. Nel 1983/84con Ramón Díaz, prelevato dal Napoli per sostituire Vignola, ceduto alla Juventus, e Bergossi il peruviano forma un tridente di tutto rispetto, in grado di regalare soddisfazioni e di creare grattacapi anche alle grandi.

Barbadillo

L'avvio di campionato è con il botto: alla 1ª giornata, infatti, gli irpini di Veneranda schiantano il Milan di Castagner per 4-0. Barbadillo è scatenato e con la sua velocità, i dribbling e le doti in acrobazia manda in tilt la difesa rossonera.

Dopo il vantaggio biancoverde con Bergossi, i padroni di casa raddoppiano al 39': Barbadillo riceve palla sulla sinistra, converge verso il centro dell'area, punta Battistini e con un secco rasoterra, che passa sotto le gambe del numero 4 rossonero, firma il 2-0. Il risultato sarà ulteriormente arrotondato dai Lupi nella ripresa, in una gara che resterà nella storia del club.

Dopo il brillante avvio però i risultati sono negativi, e il presidente Sibilia esonera Veneranda affidando la squadra ad un giovane allenatore, Ottavio Bianchi. Il girone di andata si chiude con l'Avellino terzultimo e in piena zona retrocessione con appena 10 punti, e Barbadillo che alle prodezze contro i rossoneri non è riuscito a farne seguire altre.

Al peruviano si interessano comunque squadre importanti: fra queste la Roma del suo presidente Dino Viola, suo grande estimatore, che alla stampa dichiarerà:

"Sento tanto parlare di Platini, ma l'Avellino ha uno come Barbadillo, che in campo fa furore!".

La squadra cambia registro nel girone di ritorno, parallelamente alla crescita dell'argentino Díaz. Anche Barbadillo risulta decisivo, e segna 2 goal pesanti, il primo che vale il pareggio per 1-1 al Cibali con il Catania in un delicato scontro salvezza, il secondo che frutta i 2 punti in palio con il Verona (1-0 per gli irpini) alla 25ª giornata.

Pareggiando nella penultima giornata in casa della Juventus di Trapattoni, l'Avellino di Bianchi conquista la matematica permanenza in Serie A. Per Barbadillo a fine stagione sono 27 presenze in Serie A (2601 minuti ) con 3 goal, più 7 presenze e una rete in Coppa Italia.

Nell'estate del 1984 sulla panchina biancoverde approda un tecnico argentino che nella sua carriera da calciatore ha fatto molto bene in Italia, Antonio Valentin Angelillo. Nella fortezza del Partenio l'Avellino conquisterà nuovamente la salvezza, cogliendo 19 dei 25 punti finali conquistati in casa, con soli 9 goal presi davanti ai propri tifosi.

La squadra trascorre larga parte della stagione distante dalle ultime tre posizioni, nonostante i suoi attaccanti segnino con il contagocce: 5 i goal di Diaz, 2 quelli di Faccini, appena uno in 24 gare per Barbadillo, che i tifosi campani chiamano ormai confidenzialmente 'Gerry', nella sua stagione meno positiva in biancoverde. Il peruviano aggiunge un goal in 2 partite di Coppa Italia.

La sorpresa è l'esterno di centrocampo Angelo Colombo, che con 6 goal sarà il capocannoniere dell'Avellino in Serie A. È suo anche il goal allo scadere che il 13 gennaio 1985, allo scadere, in uno Stadio Partenio totalmente innevato, firma il successo per 2-1 sul Verona futuro campione d'Italia.

L'Avellino di Angelillo chiude in 13ª posizione con 25 punti, gli stessi di Udinese e Como, e a fine anno può ancora una volta festeggiare la permanenza nel massimo campionato. L'avventura in Irpinia di Geronimo Barbadillo è però agli sgoccioli. L'ala peruviana, nonostante non sia più giovanissima e abbia ormai 30 anni, sogna l'approdo in una big.

"Nell'estate 1984 mi avevano cercato il Napoli e la Roma - racconterà Barbadillo - ma in quel caso il presidente Sibilia, dopo che aveva già ceduto Tacconi, Vignola e Favero, venne da me e mi disse: 'Se vendo anche te mi ammazzano...'. Così rimasi all'Avellino quell'anno e nel 1985 passai all'Udinese".

IL RIMPIANTO NAPOLI E LA CESSIONE ALL'UDINESE

Dopo 11 goal complessivi in 96 partite con l'Avellino, di cui 10 reti in 81 partite di Serie A, Sibilia cede il peruviano all'Udinese, che lo sceglie per sostituire Zico, per un miliardo e 400 milioni di Lire. Quella che oggi sarebbe definita una bella plusvalenza.

Ma al momento del trasferimento ci sono dei problemi. Barbadillo deve andare ad Udine (all'epoca i cartellini erano di proprietà delle società, che decidevano il futuro dei loro tesserati), ma non è soddisfatto e abbandona il ritiro dei friulani, facendo provvisoriamente ritorno all'Avellino, prima di essere convinto ad accettare.

"Non sapevo di essere stato venduto all'Udinese - rivelerà l'ex ala destra -. Avrei preso più o meno lo stesso tanto che guadagnavo ad Avellino, così inizialmente dissi no, che non volevo andare".

L'Udinese è allenata dal tecnico brasiliano Luís Vinicio, che, dopo la sconfitta con la Sampdoria alla terza di ritorno, che pone i bianconeri al terzultimo posto in classifica, è rimpiazzato con Giancarlo De Sisti. La squadra si batte fino all'ultimo, e alla fine, con una bella rimonta, culminata con il pareggio con il Bari (2-2) e la sconfitta del Pisa con la Fiorentina, chiude 13ª e ottiene la salvezza.

Al traguardo contribuisce anche 'la freccia' Barbadillo. 'El Patrulla' il 6 ottobre 1985 realizza al Partenio all'83' il più classico dei goal dell'ex, che vale il pareggio per 2-2 della formazione friulana. Anche se la prodezza più bella con la maglia dell'Udinese arriva il 1° dicembre 1985 nel Derby del Triveneto con il Verona di Bagnoli, che porta sulle proprie maglie il Tricolore simbolo dello Scudetto vinto un anno prima.

Gli ospiti passano in vantaggio allo Stadio Friuli con un goal di Volpati poco dopo la mezzora. Ma la reazione dei padroni di casa è immediata e rabbiosa. Ad una manciata di minuti dalla fine del primo tempo, però, Gerry arpiona il pallone all’altezza del centrocampo, dopo che gli è stato appena annullato un goal.

S’invola palla al piede, veloce e potente come un treno. Salta il primo avversario, poi il secondo, e infine il terzo, propiziando l'autogoal di Fontolan che vale l'1-1. Nella ripresa i friulani dilagano: Pasa fa il 2-1, e ancora Barbadillo propizia il 3-1 di Carnevale offrendo all'attaccante un assist perfetto prima di mettere la parola fine sul match finalizzando da attaccante l'azione che vale il 4-1. Miano siglerà anche il quinto goal, in una gara passata alla storia della formazione bianconera.

La prima stagione a Udine di 'El Patrulla' si chiude con 23 presenze e 2 goal. Nell'estate 1986 si profila per lui il salto in una big: il Napoli di Maradona lo vuole infatti riportare in Campania.

"Potevo andare al Napoli, con Bianchi allenatore - racconterà a 'Tuttomercatoweb' -. Mi aveva già avuto all’Avellino e in più come D.s. c’era Marino, che avevo avuto pure lui in Irpinia. Successe però che l’'Udinese voleva troppi soldi. Io andai a Napoli a parlare con Bianchi e Marino, e ci trovammo d’accordo su tutto, ma l’affare non si concretizzò".

La delusione per l'ala destra è tanta, e, come se non bastasse, dopo 3 presenze e una rete, l'ultima in maglia Udinese, firmata contro il Bologna in Coppa Italia il 24 agosto 1986, il nuovo presidente Giampaolo Pozzo acquista l'argentino Bertoni e lo mette fuori rosa.

"Un vero peccato - ammetterà Geronimo -, avrei lottato per vincere lo Scudetto, quello che volevo dalla mia esperienza in Italia. E questo è il mio grande rimpianto, non essere andato al Napoli con Maradona".

GLI ULTIMI ANNI E L'ATTIVITÀ DOPO IL RITIRO

Vissuta dunque fuori rosa la stagione 1986/87, quando scade il suo accordo con l'Udinese Barbadillo trova un ingaggio a 33 anni, nell'autunno del 1987, con la Sanvitese del patron e amico Mario Della Santa, che disputa il campionato di Promozione friulano, per la quale rifiuta offerte arrivate dalla Pro Gorizia (C2) e da formazioni professionistiche austriache e svizzere.

Nel 1988, prima di compiere 34 anni, l'ala che aveva emozionato tanti tifosi in Perù, Messico e Italia decide di ritirarsi. Salvo poi tornare in gioco nella stagione 1991/92 con i Dilettanti del Milland, l'antenato del Südtirol, dove è portato daSepp Insam.

Inizialmente lavora come gestore di pizzerie, fra cui la celebre 'Gerry O' a San Giovanni Natisone.

"La chiamai così perché quando arrivai in Italia ad Avellino tutti mi chiamavano 'O Gerry' ", spiegherà.

Poi però il richiamo del calcio è troppo forte: il suo ex compagno di squadra Andrea Carnevale lo chiama all'Udinese, dove lavora per 6 anni come osservatore. Superata anche una brutta malattia, colui che in Sudamerica è conosciuto come 'El Patrulla', vive con sua moglie Bertha e ha tre figli, un maschio, Geronimo Giuseppe, e due femmine, Ingrid e Sechuko, quest'ultima nata in Italia.

L'ex ala destra oggi lavora come talent scout nella società di famiglia.

"Prima lavoravo con l'Udinese, ora sono in società con mio figlio e mio genero e curiamo la procura di diversi giocatori in Italia e all'estero - racconterà a 'Tuttomercatoweb' -. Vivo ad Udine, in modo tranquillo, sto bene e per il momento non penso a tornare in Perù".
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