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Frank Lampard: il nipote d’arte che vinse tutto, anche i pregiudizi

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Se si pensa a un centrocampista che ha dominato la Premier League e che si è stagliato più di tanti altri, forse più di tutti, nel nostro immaginario collettivo come il maggior rappresentante di quel movimento calcistico anglosassone dal quale anche a livello nazionale ci saremmo aspettati di più, dinanzi ai nostri occhi non potrà non materializzarsi il nome di Frank Lampard. Oltre mille partite da professionista, un palmares che vede vittorie sia in Premier League che in Europa, sia per la Champions che per la sorella minore, l’Europa League, nonostante il suo ruolo di centrocampista ha saputo inserirsi anche nei migliori marcatori della Premier League, di sempre, oltre a essere il più prolifico giocatore del Chelsea, squadra della quale è stato per anni una bandiera. Un emblema del nostro calcio.

Frank Lampard nasce nel 1978 a Romford, un sobborgo di Londra che aveva già dato i natali a Ray Parlour e Tony Adams, due bandiere dell’Arsenal, che hanno legato ai Gunners la loro storia. Figlio d’arte, il padre era stato un terzino che aveva militato nel West Ham tanto da diventarne il secondo miglior giocatore con più presenze del club, Frankie inizia a frequentare i campi di calcio proprio grazie a Lampard senior.

Oltre ad aver dichiarato che suo padre è stato il suo eroe, in più di un’occasione, dal genitore ha avuto modo di apprendere l’abnegazione per la vita sportiva, per il ricercare degli standard sempre alti. Una famiglia che tra l’altro si è poi allargata, perché la sorella gemella di sua madre sposa Harry Redknapp, personaggio più che fondamentale nella carriera e nella crescita di Lampard, che proprio dal West Ham, come suo padre, farà partire la sua ascesa verso il calcio nazionale e internazionale.

La carriera di Frank Lampard inizia nelle giovanili del West Ham, con un esordio nel 1995 con la maglia dello Swansea City, al quale viene prestato per sei mesi: con i gallesi inizia a conoscere il calcio al di fuori di Londra, ma nel momento in cui torna nella capitale, nella sua terra, decide di non separarsene più per molte stagioni. Sotto la guida dello zio acquisito Redknapp, nel 1999 riesce a esordire nel campionato inglese, con la supervisione del padre, che nel frattempo diventa assistente del cognato: il tecnico londinese è sulla panchina degli Hammers dal 1994 e in quegli anni lancia tra i professionisti giocatori come Rio Ferdinand e Michael Carrick, prima di essere esonerato nel 2001.

Frank Lampard West Ham United Carling PremiershipGetty Images

Fin troppo semplicistico pensare che Lampard all’epoca avesse ottenuto le sue circa duecento presenze con il West Ham a causa del nepotismo, con i tifosi stessi che sembravano poco convinti del suo impegno. Un rapporto sempre molto complesso quello tra il giocatore di Romford e gli Hammers, che non gli hanno mai perdonato nessun tipo di scelta, tantomeno erano felici di vederlo in campo dopo aver cantato “I’m Forever Blowing Bubbles”. In ogni caso dal 1997 al 2001, anno in cui andrà via, Lampard gioca sempre titolare, con la protezione dello zio Redknapp che gli permette di debuttare anche in Europa, con sei presenze nell’Intertoto del 1999 e quattro nella successiva Coppa Uefa, in cui trova anche la sua prima rete al di fuori della Premier League.

Quando, però, nell’estate il Chelsea si presenta alla corte di Terence Brown, presidente del West Ham, con 11 milioni di sterline, Lampard decide di accettare qualsiasi offerta: i tifosi due anni più tardi, in un momento di ritrovo, gliela fanno pagare lanciandogli delle monete addosso, ma intanto il giovane talento di Romford con quella cessione dà una sterzata alla sua carriera. Perché oltre a liberarsi delle accuse di nepotismo, riesce a dare il via al suo futuro.

Nel frattempo, però, Lampard si è tolto anche la soddisfazione della convocazione in Nazionale inglese, tra l’altro insieme a suo cugino, Jamie Redknapp, che in quegli anni gioca al Liverpool. Una carriera che inizia a prendere sempre più forma e che inizia a dare soddisfazione a Frank, che quando arriva al Chelsea, con Claudio Ranieri, si ritrova il tecnico a dirgli che ha il talento per diventare uno dei centrocampisti più completi in Europa. E in effetti in quegli anni i Blues non possono fare a meno della sua presenza in campo: se tra l’esordio e le prime presenze la continuità manca, il 13 ottobre del 2001 scende in campo con la maglia del Chelsea contro il Leicester e continuerà a farlo in maniera continuativa fino al 2005, senza però riuscire ad alzare nessun trofeo.

Nel 2004 i londinesi devono arrendersi al derby con l’Arsenal, che proprio quell’anno si fregia dell’imbattibilità che li porta a essere campioni d’Inghilterra, mentre in Champions League, competizione nella quale, nel frattempo, Lampard ha esordito nel 2001 per volontà di Ranieri stesso, la corsa si arresta nelle semifinali contro il Monaco.

Quello che a Lampard manca, nei primi anni al Chelsea, è il supporto di un tecnico che fosse in grado di valorizzarne ancora di più le caratteristiche e che potesse mettere in campo una formazione che ne andasse a esaltare le qualità. Una lacuna che si colma nel momento in cui, nel 2004, Roman Abramovich, dopo aver sfiorato la vittoria della Premier League e aver ammirato da vicino il successo dei cugini londinesi dei Gunners, decide di chiamare a Londra José Mourinho, reduce dalla vittoria della Champions League con il Porto, in finale contro il Monaco.

Con il suo 4-3-3, il tecnico portoghese permette a Lampard di creare un connubio tra campo e panchina che gli gioverà tantissimo, tanto da essere il protagonista della vittoria della Premier League, in quella stagione. In Europa, invece, il cammino si ferma di nuovo in semifinale, stavolta contro il Liverpool. Proprio nella gestione Mourinho, poi, nel 2005 si interrompe una serie che sembrava infinita di presenze a causa di un virus che lo tiene lontano dal campo per la sfida col Manchester City.

Frank Lampard & Jose Mourinho | ChelseaGetty Images

Al di là di una brevissima parentesi nella stagione 2007/08, con Lampard costretto a vedere ridursi le presenze a causa di un infortunio, Frank è sempre presente con la maglia del Chelsea, raggiungendo quota 100 goal con la maglia dei Blues il 16 febbraio 2008, contro l’Huddersfield. Quello stesso anno arrivò anche la soddisfazione della finale di Champions League, tanto inseguita: con un suo rigore nei supplementari contro il Liverpool, decisivo per il 2-1 finale, i Blues accedono alla finale contro il Manchester United, in una festa tutta inglese.

Nella vita di Lampard è un momento epocale, perché nello stesso mese è venuta a mancare la madre, improvvisamente, a causa di una polmonite. Anni dopo arriverà a dichiarare che quell’evento lo cambiò radicalmente come persona, ma era facile immaginare che essendo cresciuto all’ombra di un padre così severo e così sportivamente pregno di pretese, la madre poteva essere la carezza e la gentilezza. Dopo quel goal al Liverpool corre verso la bandierina e bacia la fascia che porta al braccio, in segno di lutto. Va a segno tre settimane dopo, nella finale di Champions League, replicando al gol di Cristiano Ronaldo, ma i Red Devils vincono poi ai rigori. La vittoria è da rimandare.

Nell’estate del 2008 José Mourinho passa all’Inter, per prepararsi a fare la storia dei nerazzurri e anche dell’Europa: gli accostamenti tra la squadra meneghina e Lampard si sprecano, tanto da vedere il tecnico portoghese agire in prima persona per far sì che l’operazione possa andare a buon fine. In Inghilterra lo danno tutti per fatto: a 30 anni, la bandiera del Chelsea andrà a giocare in Serie A per 9 milioni di euro. In scadenza di contratto nel 2009, l’operazione sembra convincere tutti, con Lampard pronto a firmare un accordo di 4 anni, da 30 milioni di euro totali.

La trattativa negli ultimi giorni, però, fallisce e il matrimonio con il Chelsea continua, mentre Mourinho deve accontentarsi di Quaresma. Nel 2009, mentre quindi l’Inter si spianava la strada per il Triplete, Frank indossa la casacca dei Blues e trova la sua centesima marcatura in Premier League, oltre che il suo goal da professionista numero 150. Poi a febbraio si rende protagonista di un evento curioso: espulso nella partita contro il Liverpool, la FA decide di ritirare la sanzione ed evitargli la squalifica di tre giornate che avrebbe altrimenti subito. L’intervento su Xabi Alonso, quindi, viene revisionato e la sanzione mutata.

Sulla panchina del Chelsea, intanto, dopo un anno di interregno, arriva Carlo Ancelotti: i Blues riescono a vincere per la prima volta nella loro storia il double, con FA Cup e campionato, oltre che il Community Shield: è un anno di grande soddisfazione, con Lampard che però si ritrova schierato leggermente più indietro rispetto alla posizione che Mourinho gli aveva costruito attorno, pur non vedendo mutare il risultato dei goal siglati. Proprio con il tecnico italiano, infatti, arrivano 27 reti in 51 partite, un nuovo record per Frank, grazie anche al poker siglato all’Aston Villa, che il 27 marzo 2010 perde 7-1 e permette a Lampard di superare Peter Osgood nella classifica dei migliori marcatori dei Blues.

Per diventare il migliore di sempre bisogna aspettare la doppietta dell’11 maggio del 2013, segnata sempre all’Aston Villa: superando Bobby Tambling e arrivando a quota 203, diventa il miglior marcatore nella storia dei Blues. Prima, però, partecipa da protagonista alla vittoria della Champions League con Roberto Di Matteo in panchina: il 19 maggio 2012 alza la coppa dalle grandi orecchie per la prima volta, per sé e per il Chelsea.

Frank Lampard Chelsea Champions LeagueGetty

All’inizio della stagione 2013/14, che coincide con il ritorno di Mourinho in panchina, lo spazio per Lampard inizia a essere poco: il tecnico portoghese sostiene che la sua presenza in campo riduce lo spazio per i giovani e con l’arrivo di Matic a gennaio in effetti le gerarchie iniziano a essere riviste. Al termine di quella stagione, quindi, il Chelsea annuncia che non avrebbe rinnovato il suo contratto e che al termine della stagione le loro strade si sarebbero separate dopo 13 stagioni e 648 partite disputate.

Un mese dopo circa, Lampard firma con il New York City, società fondata nel 2013 e di proprietà per il 75% del Manchester City. La società americana, in attesa di averlo pronto per la MLS, decide di lasciarlo in prestito per sei mesi in Premier League, proprio ai Citizens: il tempo di permanenza aumenta poi a dodici mesi, con Frank che scende in campo solo due volte per tutti e 90 i minuti, ma trovando comunque 8 goal, attirandosi le ire dei tifosi della Grande Mela, che aspettavano con ansia il suo debutto in MLS.

Momento che in ogni caso arriva il 10 gennaio del 2015, quando Lampard saluta l’Inghilterra e casa sua per recarsi negli Stati Uniti: scende in campo per la prima volta nel mese di maggio, nel derby perso 7-0 contro i New York Red Bulls, venendo accusato di una prestazione al di sotto delle aspettative, lui che però veniva da un lungo periodo di stop causato da infortuni e una condizione fisica non più ottimale. Così a novembre la società annuncia di non voler rinnovare il suo contratto, spingendolo, a febbraio 2017, al ritiro a 38 anni, 14 trofei in bacheca e più di 1000 partite giocate, per una bandiera del calcio inglese e internazionale.

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