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GFX Farinos Inter ValenciaGoal

Farinos, il centrocampista 'tascabile' pupillo di Cuper al Valencia e all'Inter

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Nell'Inter dei 'fratelli del mondo' c'è stato spazio per un grande numero di bandiere in rappresentanza dei calciatori più disparati che hanno indossato la maglia nerazzurra e, quella della Spagna in particolare, è stata finora onorata con alterne fortune da cinque esponenti: due illustri e componenti della squadra con l'appellativo di 'Grande' che negli anni '60 vinse tutto (Luis Suarez e Joaquin Peirò) e tre con giudizi che vanno dal 'buon giocatore' alla 'meteora', ossia Borja Valero, Martin Montoya e Francisco Javier Farinos. Già il nome Javier da solo accende le fantasie più romantiche del mondo nella mente dei tifosi nerazzurri, anche se il buon Farinos non riuscì a replicare a Milano quanto di buono fatto vedere a Valencia, club della sua città e del suo cuore.

Eppure le premesse sono più che positive quando, nell'estate del 2000, l'Inter lo soffia al Milan in uno dei tanti capitoli del derby giocato sul mercato: in quel momento Farinos è uno dei centrocampisti più giovani in rampa di lancio, con un curriculum già forbito che contiene una Coppa Intertoto, una Coppa del Re e una Supercoppa di Spagna, oltre ad una finale di Champions League giocata da titolare e persa contro il Real Madrid. A soli 22 anni, Farinos si ritrova ad essere l'oggetto del desiderio di due delle società più blasonate d'Europa, peraltro rivali cittadine e in perenne competizione per lo scettro italiano ed europeo: sa già che la sua prossima città sarà Milano, ma non conosce con quali colori addosso potrà godersela.

Sì, poiché la trattativa per il suo trasferimento assume contorni grotteschi quando, dopo aver già effettuato le visite mediche per conto del Milan, l'Inter infila il sorpasso all'ultima curva e se lo aggiudica per 36 miliardi di lire, mica bruscolini. L'esito che non ti aspetti per un giocatore dal sicuro talento, destinato - secondo gli addetti ai lavori - a scrivere pagine di storia: la battaglia di mercato viene confermata dallo stesso Farinos nel corso della conferenza stampa di presentazione, di cui vi riportiamo uno stralcio preso direttamente dall'archivio del sito ufficiale interista.

"Avevo già fatto le visite mediche per il Milan come per altri club importanti che mi avevano cercato. Ma ho scelto l'Inter perchè è stata la squadra che ha mostrato davvero più interesse nei miei confronti. E spero di ripagare la fiducia che Moratti ha riposto in me. Posso giocare in tutti i ruoli del centrocampo: sono un lavoratore che corre ovunque e gioca con entrambi i piedi. Ma la decisione sul ruolo spetta all'allenatore".

Una scelta dettata dal pressing asfissiante di Massimo Moratti che lo regala a Marcello Lippi il quale, dopo il disastro dell'eliminazione al preliminare di Champions contro i modesti svedesi dell'Helsingborgs e l'esordio con sconfitta in campionato sul campo della Reggina, viene esonerato al culmine di una sequela di polemiche con tanto di dimissioni del tecnico viareggino, inizialmente respinte: la panchina viene affidata a Marco Tardelli che però non ritiene Farinos un titolarissimo e lo alterna nelle rotazioni di centrocampo; nella mente del classe 1978 inizia così a germogliare il dubbio della bontà della scelta estiva e, nonostante le difficoltà, riesce a togliersi la soddisfazione di siglare la sua prima rete italiana alla quinta giornata di Serie A, nel 2-2 del 'Bentegodi' contro il Verona.

A fine stagione la rivoluzione, l'ennesima, che sembra stravolgere in positivo i piani di Farinos: il nuovo allenatore dell'Inter è Hector Raul Cuper, proprio 'l'hombre vertical' che al Valencia aveva saputo valorizzare al massimo il ragazzo facendogli disputare la bellezza di 53 partite nella stagione 1999/2000, condite da 8 reti e dal primo clamoroso trionfo continentale sfiorato. Le speranze di rivalsa di Farinos verranno però subito spente dall'utilizzo a singhiozzo da parte del tecnico argentino che, a differenza dell'esperienza spagnola, in Italia gli preferisce atleti del calibro di Gigi Di Biagio, Clarence Seedorf ed Emre Belözoğlu. Insomma, la vita milanese è tutt'altro che semplice e, ironia della sorte, la pagina più bella di questa parentesi italiana sarà in tutt'altra veste che non riguarda i panni del centrocampista.

L'apice dell'avventura nerazzurra di Farinos, infatti, ha uno scenario del tutto familiare a lui: il suo 'Mestalla' è il teatro del ritorno dei quarti di finale della Coppa UEFA 2001/2002 tra Valencia e Inter, con i meneghini costretti a vincere o a pareggiare con più di un goal segnato per festeggiare l'approdo in semifinale dopo l'1-1 dell'andata a San Siro: un compito per nulla agevole, reso più arduo dal turnover operato da Cuper, preoccupato dall'imminente match Scudetto in programma a Milano contro la Roma soltanto tre giorni più tardi. La gara, comunque, si mette subito in discesa per il 'Biscione' che trova il vantaggio dopo pochi minuti con Ventola, autore di un delizioso tocco sotto ad eludere l'uscita disperata di Cañizares: da quel momento in poi parte l'assedio valenciano alla porta di Francesco Toldo che si supera con addirittura tre interventi consecutivi nello spazio di soli 60 secondi, uno dei tanti momenti che al triplice fischio gli varranno la palma di migliore in campo.

Il Valencia di un giovane Rafa Benitez trova il goal del pari con Rufete, ma la bandierina alta dell'assistente spezza la gioia irrefrenabile della panchina; l'incantesimo sembra però spezzarsi a ridosso del 90' quando, già ammonito, Toldo riceve il secondo cartellino giallo dall'arbitro Colombo che lo punisce per perdita di tempo. Un problema grande come una casa per Cuper che ha già sfruttato i tre cambi a disposizione: in porta deve così andare un giocatore di movimento, nella fattispecie un centrocampista, individuato in Farinos che si sfila la casacca nerazzurra per indossare quella grigia e di due taglie più grande di Toldo, compresi gli enormi guantoni. All'improvviso quei 173 cm si perdono in quegli abiti così larghi da cui dipende il destino europeo dell'Inter.

Sono cinque ed interminabili i minuti di recupero da affrontare per uscire indenni dal catino infernale di Valencia e il fiato resta sospeso quando Farinos battezza il suo 'nuovo ruolo' con una parata: Fabio Aurelio sa bene che la porta avversaria non ha più un guardiano para-tutto a difenderla e calcia da fuori area nella speranza di un errore di Farinos, che non si lascia tradire dalle emozioni del momento e respinge, seppur goffamente, non solo la sfera ma anche l'eventualità che il match si allunghi ai tempi supplementari. Il coraggio non gli manca e, al minuto 95, si produce in un'uscita bassa sui piedi di Angulo, facendo valere un ottimo tempismo e mettendo il lucchetto al successo e alla qualificazione. Proprio lui, proprio il ragazzo nato e cresciuto nella cantera, interrompe il cammino europeo del Valencia che, a fine stagione, si ritroverà in bacheca la quinta Liga della sua storia.

PS Farinos ToldoGoal

Farinos è l'eroe che non ti aspetti, osannato dai compagni in zona mista che sfoggiano un sorriso a trentadue denti per commentare la prestazione del 'nuovo' portiere: da Toldo al match-winner Ventola, passando per Conceiçao, le battute si sprecano.

"Farinos aveva i guanti talmenti grandi che gli stavano due volte".

"Bene, è stato bravo, penso che sia il portiere più piccolo di tutta l'Europa, però è stato bravo".

"Doveva andare uno dei centrocampisti, o Di Biagio o Farinos. Farinos se l'è sentita e ha parato pure lui. E' andato tutto bene".

Tutti quei sorrisi lasceranno spazio alla delusione per il nefasto esito di un'annata conclusasi con l'eliminazione in semifinale di Coppa UEFA per mano dei futuri vincitori del Feyenoord e con il sorpasso subìto da Juventus e Roma in quel famoso 5 maggio. Farinos rimarrà a Milano fino a gennaio 2003 e al prestito tra le fila del Villarreal, prima del ritorno per un'ultima stagione (2003/2004) chiusa con un goal all'attivo, arrivato in occasione della goleada (6-0) rifilata dall'Inter alla Reggina.

Il suo nome tornerà in auge nel 2010 con la promozione in Liga conquistata dall'Hercules, dove riscoprirà la sua vena realizzativa (22 reti in cinque anni) e l'affetto del pubblico spagnolo che lo saluterà definitivamente nel 2014, quando a 36 anni decide di appendere gli scarpini al chiodo. E pure i guantoni, a giudicare da quella serata così speciale rivelatasi una delle più emozionanti della sua vita.

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