Potevo esserci anch'io. Quante volte lo pensiamo? Non dev'essere semplice guardarsi alle spalle e avere il rimpianto di non aver essere riusciti a far parte di qualcosa di entusiasmante. Elano Blumer, che per tutti è Elano e basta e proprio oggi compie 41 anni, vive un sentimento simile quando ripensa alle stagioni trascorse al Manchester City. Che a quei tempi non è ancora il Manchester City come lo conosciamo oggi, ma una sorta di ibrido, sospeso in un limbo tra un passato di sofferenze e un promettente futuro.
Nell'ultimo City “normale”, prima che il club schizzi verso l'alto con l'arrivo dello sceicco Mansour e di Pep Guardiola in panchina, c'è anche lui. Vi fa parte solo per un paio di stagioni, dal 2007 al 2009, sufficienti però per farlo entrare nel cuore dei tifosi. Perché si sa che, in quella che può apparire una sorta di nostalgia al contrario, a volte nei tempi di gloria si tende a ricordare quelli meno belli con tenerezza. Vai a capire perché.
No, non è un gran Manchester City quello di cui fa parte Elano. Tutt'altro. Nel 2007/08 la squadra allenata da Mark Hughes chiude al nono posto in Premier League con 55 punti, 32 in meno dello United campione. L'anno dopo va addirittura peggio: decimo posto con 50 punti e un distacco abissale di 40 lunghezze dal Fergie team. In mezzo, nell'estate del 2008, c'è anche il cambio di proprietà destinato a rivoltare le sorti del calcio inglese: dal controverso Thaksin Shinawatra, l'ex Primo Ministro della Thailandia che aveva rilevato il club 12 mesi prima, allo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan.
Preso per 8 milioni di sterline dallo Shakhtar, secondo brasiliano della storia del club dopo il trequartista Geovanni, Elano gioca spesso in quel Manchester City un po' sgangherato – nonostante l'arrivo di un pezzo grosso come Robinho sia il primo segnale che qualcosa sta per cambiare – e senza ambizioni di titolo. E ha un rendimento non indifferente: 34 presenze la prima stagione, con 8 reti e altrettanti assist, e 28 la seconda (6+3). Numeri che, accoppiati a una tecnica di prim'ordine, a un impegno inesauribile e a un destro potente dalla distanza (guardare per credere il suo primo goal inglese, su punizione contro il Newcastle United), lo collocano in un pezzetto di storia del club e gli valgono l'affetto del tifo. Ricambiato.
“Avrei potuto giocare nel Manchester City per più tempo, costruire magari una storia migliore, ma sono estremamente grato nei confronti del club – ha detto qualche tempo fa al sito ufficiale dei Blues – In due anni abbiamo vinto altrettanti derby contro lo United e per me è stata una cosa magnifica. Amo il City. Mia figlia Maria Teresa lo ripete continuamente: la sua squadra europea è il Manchester City”.
Se poi qualcuno gli fa notare di essere stato l'uomo giusto al posto sbagliato, ovvero di aver giocato nel Manchester City prima dell'avvento della nuova era, Elano ne fa una questione di orgoglio.
“Oggi tutti guardano il City con rispetto, per tutto quello che ha vinto in Inghilterra e perché gioca ogni anno in Champions League. Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se noi non avessimo aperto la strada. Ai miei tempi abbiamo portato il club in Coppa UEFA, dopo un lungo periodo di assenza dall'Europa. Abbiamo vinto il derby contro il Manchester United, che era una grande squadra, sia in casa che all'Old Trafford. Abbiamo creato una struttura di base che ha avuto un'influenza sui successi odierni. Ed è una cosa che mi rende felice”.
Celeberrimi, durante l'avventura inglese di Elano, sono i dissapori con Craig Bellamy, con tanto di rissa sfiorata nello spogliatoio dopo una sconfitta contro il Portsmouth. Una testa calda, il gallese, che nella propria autobiografia ha attaccato pesantemente i brasiliani del City dell'epoca, tra cui anche la meteora Glauber, accusati di scarso impegno (eufemismo) con frasi come “se in allenamento entravi in scivolata su di loro, sembrava avessi commesso un crimine”.
“Bellamy non è nemmeno pazzo: è malato – gli ha risposto Elano qualche anno più tardi come riportato da 'Yellow and Green Football' e 'UOL Esporte' – Al City tutti gli inglesi avrebbero voluto picchiarlo. La convivenza con gli inglesi era ottima, cenavamo insieme quasi tutte le settimane, quando a un certo punto arrivò lui. Dopo la gara col Portsmouth iniziò a offendere Robinho nello spogliatoio, dicendogli che gli importava solo della Seleção. E noi lo minacciammo: 'Ora le prendi'. Poi ecco che scrive il libro, perché così sa che si parlerà di lui. È facile scrivere male di qualcuno, ma sa benissimo che da noi le avrebbe prese”.
Bellamy a parte, se Elano ha sempre parlato con tanto trasporto e affetto del Manchester City il motivo è evidente: quel biennio rappresenta l'auge della propria carriera di club. Non in termini di conquiste, attenzione, ma di puro prestigio. Anche perché il suo palmares se l'è formato interamente da altre parti: in particolare al Santos e allo Shakhtar, il club dov'è nato e cresciuto e quello in cui ha iniziato a farsi notare anche dall'Europa che conta.
Santos FC/DivulgaçãoElano e il Santos sembrano fatti l'uno per l'altro. A partire da quegli anni di inizio millennio in cui il Peixe, in gravissime difficoltà economiche, si affida quasi interamente ai ragazzi delle giovanili per risparmiare sui costi dando il via a un'epopea: due campionati vinti e un secondo posto tra il 2002 e il 2004, più una finale di Libertadores persa contro il Boca Juniors. Gli altri meninos da Vila si chiamano Robinho, che Elano incrocerà anche al City e in Nazionale, e poi il futuro juventino Diego, il centrale Alex (poi al Chelsea e al Milan) e il capitano Renato (monumento della storia del Siviglia).
Al Santos Elano tornerà varie altre volte nel corso degli anni, a dimostrazione di un legame impossibile da spezzare. Conquistando nel 2011, questa volta con Neymar come compagno di squadra, quella Libertadores che gli era sfuggita dalle mani sette anni prima. Nel club del proprio cuore inizia pure la carriera di allenatore, anche se a interim, a dimostrazione di un legame impossibile da spezzare.
Impossibile è anche non associare Elano allo Shakhtar Donetsk. Lo Shakhtar dei brasiliani che con lui trionfa per due volte di fila in campionato, nel 2005 e nel 2006. E che senza di lui, tre anni dopo, alza la storica Coppa UEFA di Istanbul contro i tedeschi del Werder Brema, ultima edizione con la vecchia denominazione prima dell'avvento della moderna Europa League.
Imago ImagesIn quegli anni Elano è costantemente nel giro della Seleção, con cui nel 2007 partecipa alla spedizione vincente in Venezuela: c'è anche lui tra gli undici titolari, quasi tutti seconde scelte, che a Maracaibo fanno un sol boccone dell'Argentina, travolta con un netto 3-0. Il ct Dunga lo porta con sé ai Mondiali sudafricani, dove Elano realizza due reti nel girone ma si perde per infortunio a una caviglia il quarto di finale contro l'Olanda, non senza alzare la voce contro il povero Tioté, autore del fallo, e il comportamento troppo permissivo degli arbitri.
“Si parla sempre di goal in fuorigioco, di goal fantasma, ma mai degli arbitri che ai Mondiali non puniscono il gioco violento. La Costa d'Avorio è stata eliminata, io sono ancora qui ma rischio di aver concluso il mio Mondiale. Ho rischiato che mi rompessero una gamba, sono uscito in lacrime ma il mio avversario non è stato nemmeno ammonito. Dovremmo mandare a casa anche gli arbitri che sbagliano”.
Il rapporto con la Seleção si interrompe con la Copa America del 2011, quando la squadra di Mano Menezes viene eliminata dal Paraguay ai rigori. Elano calcia il suo e lo spedisce alle stelle. Farà peggio dieci giorni più tardi in un Santos-Flamengo 4-5, gara unanimemente considerata tra le più belle nella storia del Brasileirão: si presenta sul dischetto, tenta un irriverente cucchiaio ma il portiere Felipe rimane immobile e blocca senza patemi, irridendo poi l'avversario con una serie di palleggi.
In ogni caso, non si tratta certo del momento peggiore della sua carriera. Quello riguarda l'extracampo, la vita privata, compresa una breve relazione con l'attrice Nivea Stelmann, di cui non ha mai voluto parlare. Molto religioso come gran parte dei brasiliani, Elano si è ritrovato. Portando avanti un'onesta carriera, proseguita al Galatasaray dopo il Manchester City e chiusa tra Brasile e India. Oggi fa l'allenatore ed è svincolato dal marzo scorso, quando fu esonerato dalla Ferroviaria, piccolo club paulista, dopo le avventure ad interim sulla panchina del Santos nel 2017 e alla guida di Internacional de Limeira e Figueirense. Qualche tempo fa ha effettuato uno stage da Guardiola. Con il sogno, un giorno, di prenderne il posto. Sarebbe la chiusura di un cerchio.
