Diego Alves Valencia 30112014Getty Images

Diego Alves, il portiere stregone che ha parato 3 rigori a Cristiano Ronaldo

Cristiano Ronaldo prende la palla tra le mani e si posiziona sul dischetto. Il suo Real Madrid sta battendo per 1-0 il Valencia e si è appena visto assegnare il calcio rigore con cui potrebbe chiudere i conti. Ma l'aria è piuttosto tesa: il portiere avversario esce dai pali e inizia a camminare verso il portoghese. Sorride, vuole dirgli qualcosa. Gli altri giocatori del Real fiutano il pericolo e si precipitano a impedire il contatto. Marcelo, che quel personaggio lo conosce piuttosto bene, lo trattiene per la maglia tentando in ogni modo di rimandarlo tra i pali. Sorride pure lui, ma in realtà è terrorizzato. Perché sa bene di trovarsi di fronte a Diego Alves. Che non è un portiere: è uno stregone.

Quando Ronaldo, dopo lunghi e interminabili minuti, prende la rincorsa e calcia, è convinto di segnare. Come spesso ha già fatto nel corso della carriera, del resto, e come ancora gli capiterà di fare. Ma la maledizione del portiere-stregone, ancora una volta, ha successo: Diego Alves si tuffa sulla propria sinistra con un attimo d'anticipo, intuisce la traiettoria, ammortizza il tiro. E poi blocca il pallone in un secondo momento. In una delle azioni successive i due si ritrovano nei pressi della porta, a palla lontana. E CR7 non può far altro che riservare un abbraccio affettuoso allo stregone. La sua nemesi.

Quel Real Madrid-Valencia, che per la cronaca finirà 2-1 per la squadra di Zidane, si gioca al Santiago Bernabeu il 29 aprile del 2017. Ed è la terza occasione su quattro tentativi in cui Diego Alves para un calcio di rigore a Cristiano Ronaldo. Come lui, nessuno mai. Il fenomeno portoghese è riuscito a segnargli soltanto una volta, nel gennaio del 2015. Era già stato ipnotizzato sei anni prima, nel 2009, alla sua prima stagione in Liga, quando il portiere brasiliano militava nell'Almeria. E lo sarà di nuovo quattro mesi dopo, nel maggio del 2015.

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Cristiano Ronaldo Diego Alves Real Madrid ValenciaGetty Images

Nemmeno un anno prima, settembre 2016, Diego Alves aveva già vissuto una giornata da eroe. Questa volta opponendosi all'argentino Szymanowski, del Leganés. Con 17 esecuzioni dal dischetto parate era diventato ufficialmente il recordman della storia della Liga, superando un mostro sacro come l'ex Barcellona Andoni Zubizarreta. Lo è ancora oggi, naturalmente: 25 solo nel campionato spagnolo. Contando anche gli esordi nell'Atlético Mineiro e poi il Flamengo, la squadra in cui gioca dal 2017, e includendo sia tempi regolamentari e supplementari che le lotterie finali, il totale arriva a 40. Nel 2016/17 ne ha parati sei in una singola stagione di Liga, superando i principali primati di Pepe Reina e Manzanedo. Impressionante.

Come pararigori scelgo lui – ha detto nel 2021 Thibaut Courtois, quando gli è stato chiesto di “costruire” il portiere perfetto in base ai vari fondamentali – Ha una media di parate altissima, quasi del 50%. Credo che in questo caso il portiere ideale sia lui”.

A chi ogni tanto gli chiede quale sia il segreto del proprio successo, Diego Alves risponde: “È tutta una guerra psicologica”. Ed è vero. Una volta, prima di una delle esecuzioni di Cristiano Ronaldo, lo stregone è andato dall'avversario e gli ha detto: “Non tirarlo alla mia destra”. Ronaldo invece lo ha calciato proprio lì. E se l'è visto respingere. Un'altra volta ci ha provato anche con Leo Messi, che aveva già fermato in precedenza: “Te ne ho già parato uno, lo sai? Te lo ricordi?”. Vero anche qui: in un Valencia-Barcellona di Coppa del Re, nel 2012. Ma l'argentino non si è emozionato e ha spezzato la maledizione.

A proposito di Messi: dieci anni fa gli avrà pure parato un rigore, ma Diego Alves è il portiere più battuto dal fenomeno argentino. 21 volte in 17 confronti, per la precisione. All'inizio del 2021, in un'azione di marketing, Leo ha fatto pervenire al brasiliano una birra per ogni rete subita: 21, appunto. Filipe Luís, compagno di squadra di Diego Alves al Flamengo, si è divertito a prenderlo in giro: "Se avessi giocato in Spagna altri due anni, avresti aperto un bar".

Poi, certo, Messi ha lo stesso valore di Jael. Perché un rigore parato è un rigore parato ovunque. Nel 2018 il centravanti brasiliano del Grêmio, incurante dei rischi e dei pericoli, si è portato sul dischetto durante una sfida contro il Flamengo. Di fronte a lui, proprio Diego Alves. Che con tutta la tranquillità del mondo è uscito dai pali, ha preso una bottiglietta d'acqua e si è messo a bere. Deconcentrando l'avversario, che naturalmente ha sbagliato l'esecuzione. Dopo la partita, lo stregone ha detto semplicemente: “Avevo sete”. Ma rideva.

La lista dei personaggi illustri ipnotizzati da Diego Alves è chilometrica. Ci sono Messi e Ronaldo, i più grandi. Ma anche Antoine Griezmann e Diego Costa, Mario Mandzukic e Fernando Llorente, Carlos Bacca e Ivan Rakitic. Il primo a sperimentare su di sé il maleficio è stato Frédéric Kanouté, del Siviglia, nell'aprile del 2008. Gli andalusi, in corsa per un posto in Champions League, si sono fatti travolgere in casa per 4-1 dall'Almeria. E a fine stagione hanno mancato il quarto posto solo per gli scontri diretti sfavorevoli contro l'Atletico Madrid.

I rigori parati a Cristiano Ronaldo e Messi sono quelli che hanno avuto più ripercussioni mediatiche di tutti – ha detto Diego Alves al sito 'abc.es' – perché si tratta dei due calciatori più forti di tutti, ma per me tutti i rigori richiedono un'attenzione speciale. Poi se si vince meglio, perché parare è servito a qualcosa. Se perdiamo esco dal campo triste. Preferisco vincere una partita che parare un rigore”.

Per due volte in carriera, Diego Alves di rigori ne ha respinti due nella stessa partita. L'ultima volta lo ha fatto nel 2019, in un Vasco da Gama-Flamengo, murando prima Yago Pikachu e poi Bruno César. Tre anni prima aveva detto di no in sequenza a Gabi e a Griezmann, senza evitare che l'Atletico Madrid si imponesse per 2-0 al Mestalla.

Come faccio? Guardo gli highlights settimanali della Liga e da lì traggo le mie conclusioni – diceva ai tempi Diego Alves – anche non esistono studi, non c'è nulla di sicuro, perché all'ultimo momento l'attaccante può cambiare lato, fare un Panenka, pensare a qualcosa di diverso... Ci sono mille forme di segnare un rigore. Ho sempre detto che ogni portiere ha una caratteristica peculiare: a me riesce bene parare i rigori. La porta è molto grande e quando un giocatore calcia dal dischetto ha diverse opzioni, però ho sempre avuto fortuna, sin da piccolo. È una cosa che mi riesce naturalmente. Non sono mai andato a caccia di record”.

E pensare che Diego Alves, da piccolino, pare sia destinato a tutto fuorché a primeggiare nello sport. Durante l'infanzia a Ribeirão Preto, nello Stato di San Paolo, viene colpito da una paralisi facciale. Per guarire assume steroidi, che hanno però l'effetto collaterale di far lievitare in maniera esponenziale il suo peso.

Sono arrivato a pesare 70 chili – ha raccontato nel 2012 al portale brasiliano 'UOL' – ero obeso. Niente dieta, ho sempre fatto sport. Correvo, mi allenavo. Non ho mai smesso di giocare a calcio, mi piaceva andare in porta. E a 12 anni, con la crescita, sono dimagrito nuovamente”.

Appena si rimette è una sorta di fenomeno, il piccolo Diego. Con la maglia del Botafogo di Ribeirão Preto si mette in mostra a tal punto da farsi notare dall'Atlético Mineiro. Esordisce in prima squadra nel 2005, a 20 anni. È l'anno della retrocessione del Galo dalla Serie A nazionale alla Serie B, ma in porta giocano Danrlei e Bruno. Nel 2006, finalmente, l'ex terzo inizia a trovare spazio. Però nessuno si accorge delle sue qualità: su cinque rigori non ne para nemmeno uno. Si rifà ampiamente la stagione successiva, parando il primo penalti della carriera a Sidnei, del Tupi, e ripetendosi contro Dodô, del Botafogo.

È Felipe Melo ad aprire a Diego Alves una porta per l'Europa. Nel 2007 l'Almeria trova un accordo con l'Atlético Mineiro, ma il futuro portiere-stregone nicchia. Racconterà: “Non sapevo nulla del club”. Il connazionale, arrivato lì da poco, lo chiama e lo convince. Il matrimonio si fa. Diego Alves si prende la porta biancorossa, viene battuto dai primi due rigoristi ma poi si oppone a Kanouté. Nel febbraio del 2008 tiene la porta chiusa per 618 minuti, superando Iker Casillas: tutti allo stadio si alzano in piedi per applaudirlo. Sono gli anni migliori della storia del club, che rimane in Liga per quattro stagioni di fila. Poi, nel 2011, arriva la retrocessione. E Diego se ne va a Valencia per continuare a stupire.

Al Mestalla ci sono i rigori parati, a volte in serie. Ma anche un gravissimo infortunio a un ginocchio che, tra il 2015 e il 2016, lo ferma ai box per quasi un anno. Costringendolo peraltro a saltare la Copa América, per la quale era stato convocato. Le gioie sono altre. Le qualificazioni ai gironi di Champions League, per esempio, oppure la semifinale di Europa League del 2014. Oltre naturalmente all'hype che in quegli anni si sta creando attorno al suo nome. Per vincere qualcosa, però, Diego Alves deve tornare in patria. Anche perché il Valencia inizia col passare del tempo a ritenerlo ingombrante, un peso nello spogliatoio.

Il Flamengo lo prende nel 2017, ma è il 2019 l'anno di grazia: in 24 ore esatte a Rio piovono la Copa Libertadores, quella della doppietta di Gabigol al River Plate, e il Brasileirão. Le sue stregonerie funzionano anche a Rio de Janeiro: contro l'Emelec negli ottavi di quella Copa, ad esempio. Oppure nel già citato clássico col Vasco, quello dei due rigori parati. A 37 anni prova faticosamente a tornare in auge dopo l'addio di Paulo Sousa, che lo aveva messo da parte per far spazio al più giovane Hugo Souza. Ma gli anni migliori sono alle spalle. Forse perché una nemesi come Ronaldo, da contrastare e ipnotizzare a ripetizione, non c'è più.

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