Dopo una carriera più o meno lunga a tirare calci ad un pallone, arriva per tutti, prima o poi, la svolta finale. Il movimento che porta ad appendere le scarpette al chiodo è meccanico e naturale per chiunque da giovane inizi una carriera nel professionismo. Lacci svolazzanti nel vuoto, scarpini fermi e nuova vita. Strada numero uno, si rimane nel mondo del calcio. Come allenatore, agente, presidente, dirigente. Una scelta che può dipendere da fattori quanto mai diversificati. Viale numero due, si opta per andare oltre la forma sferica, godendosi i risparmi di una vita, investendo, imparando. Mixando, mischiando, unendo, per necessità o caso. Dalla Francia alla Nigeria, da Tonga al Regno Unito. Chiedere, in quest'ultimo caso, a David Hillier.
Rosso fino al midollo, inteso come Arsenal, Hillier. Entrato nelle giovanili dei Gunners a metà anni '80, giocherà con il club londinese fino ai 26 anni, quando inizierà la sua fase calante. In campo fino ai 34 con Portsmouth, Bristol e Barnet, l'ex centrocampista tuttofare dovrà fare i conti durante la sua carriera con alcune polemiche tali da sbatterlo in prima pagina. Iconico dopo decenni l'errore del 1996, poco prima dell'addio al team Wenger (non dovuto secondo lo stesso classe 1969 a tale episodio), in cui prese per errore il bagaglio di un altro viaggiatore all'aeroporto londinese di Gatwick.
Hillier è stato un buon giocatore dell'Arsenal, ma non simbolo assoluto, causa infortuni al momento meno opportuno, che lo tennero fuori da ben tre finali: la Coppa da Lega del 1993, la FA Cup dello stesso anno e la Coppa delle Coppe di quello successivo. Non fu protagonista, ma ebbe comunque la medaglia grazie ai suoi compagni e all'apporto dato al club durante le due annate. Cinque, in totale, gli ori in bacheca: nel 1991 ha conquistato la First Division e il Community Shield, sempre difendendo i suoi amati Gunners.
Ritirarsi in maglia Barnet, nella quinta serie inglese, a inizio millennio, precisamente nel 2002, non porta Hillier a navigare nell'oro. Certo, è stato un giocatore capace di guadagnare dieci volte un operaio, ma è lontano anni luce dai milioni che i colleghi depositeranno in banca qualche anno più tardi a Londra, Milano, Madrid o Istanbul. Una volta finiti i risparmi, il calcio non sembra essere vicino di due o tre anni, bensì distante decenni. Deve cambiare marcia, cercare un nuovo lavoro. Le strade per allenare o rimanere nel calcio ad alti livelli sono sbarrate. E così, a venire in aiuto all'allora 35enne, ci pensa Zoe. Sua moglie.
GettyHillier si è stabilito a Bristol, dove ha giocato con i Rovers tra il 1999 e il 2002. Nella città del sud-ovest inglese da mezzo milione di abitanti, la società che gestisce i servizi antincendio è la Avon Fire and Rescue Service. Diverse stazioni sono posizionate nel municipio, così come nel North Somerset, nel Bath and North East Somerset e nel South Gloucestershire.
In una di queste passeggiano vicino David e la sua consorte Zoe, come Hillier dichiarerà anni dopo al Daily Telegraph:
"Dopo essere andato in pensione ho lavorato in giro per un paio d'anni vivendo dei miei risparmi, ma dopo un po' avevo bisogno di qualcosa da fare, per sbarcare il lunario. Un giorno io e la mia signora siamo passati davanti alla caserma dei pompieri e lei ha detto solo 'sai, è un po' come nel calcio: passi molto tempo insieme, lavori come una squadra'. Ho pensato: perché no?".
Si fa guidare dall'intuizione della moglie e dalla voglia di sperimentare, David. In più, l'ex Arsenal ricorda con piacere i discorsi fatti con il cognato di Ian Holloway, ex difensore di Premier League (Crystal Palace e Blackpool) e compagno di Hillier ai Rovers di Bristol, in passato. Al Sun, rivelerà quel tocco in più per dire sì, lo faccio veramente:
"Era un pompiere e quando ci eravamo incontrati avevamo parlato dei vigili del fuoco. E' uno dei capi del servizio".
Hiller si convince così che la scelta è quella giusta. Il destino gli si è stretto attorno quasi stritolandolo, utile però a portarlo verso questo nuovo capitolo della sua vita lavorativa. Diversa dal calcio in maniera netta. I parallelismi con il pallone, però, si trovano sempre. E anche i collegamenti, visti quei discorsi così convincenti da parte del cognato di Holloway. In più l'ex Arsenal, come quasi tutti i calciatori, sa cosa vuol dire cambiare squadra e trovarsi in uno spogliatoio con ragazzi più giovani di dieci o quindici anni. Un po' come il suo primo periodo in caserma:
"Quando ho iniziato è stato un po' come quelli studenti che fanno da tutor, tutti sembravano più giovani di me. Ma non ho mai avuto problemi con questo, ero consapevole di dover migliorare. I vigili del fuoco sono adatti a me perché sono su due o più stazioni, il che significa che siamo coinvolti in 8-12 e trascorriamo due giorni e due notti fuori. E' come una squadra di calcio che alloggia in un hotel prima di una partita".
David Hillier, il calciatore. David Hillier, il pompiere. Scopre un mondo che da una parte sembra essere sempre stato suo: si lavora in gruppo e nessuno può farcela da solo. Si passano insieme ore e ore, ci si allena, si lavora per un obiettivo comune.
GettyLa differenza sostanziale è però netta e decisiva: il suo comportamento e quello dei suoi compagni possono fare la differenza nella vita di una o decine di persone. Non si può sbagliare:
"Com'è correre in un edificio in fiamme? La corsa è incredibile: il calcio non può essere paragonato, il fattore paura entra in gioco. Non si è in grado di vedere praticamente niente, non puoi respirare, è molto claustrofobico. Può sembrare una grande casa dall'esterno, ma dentro è solo qualcosa pieno di fumo e non hai la più pallida idea di dove stai andando. Quando affronti un grande incendio, tutto è dannatamente caldo. Sono stato in stanze dove c'erano qualcosa come 1000 gradi. È una merda piuttosto seria".
Una m seria per gli umani, ma of course anche per gli amici animali. I pompieri devono anche rispondere alle chiamate per far fronte alle loro difficoltà:
"Spostiamo mucche bloccate nel fango. Ho salvato gattini dagli alberi, o che erano rimasti incastrati. Una volta il pompiere con cui ero ha tirato fuori un cane. Pensava di avere un bambino, quindi è uscito di corsa dicendo 'Ho qualcuno, ho qualcuno'. Quando ha visto che era un cane, lo ha messo a terra ed è corso di nuovo dentro".
Le storie che potrebbe raccontare Hillier sono centinaia. Sia dei suoi anni da calciatore, sia quelli vissuti da pompiere. Giura di sentirsi ancora un membro della prima categoria, però, rispetto alla seconda. Forse perché è cresciuto calciando un pallone e non allenandosi per salvare vite, di qualsiasi tipo:
"Ma non mi manca giocare, sono molto orgoglioso di aver giocato con grandi club e calciatori, in alcuni dei migliori stadi mondiali. Ho ancora i miei contatti con il calcio: gestisco gli Oldland Abbotonians nella Western Divison One. Non male. Suppongo però che mi manchino le 80.000 sterline all'anno. Ma sai, questa è la vita. Non è un problema, amo fare quello che sto facendo. Se pagassero qualche milione in più sarebbe ancora meglio. Non credo di bramare l'eroismo perché ogni volta che ho fatto qualcosa me ne sono andato, non voglio essere riconosciuto. Penso davvero di essere più felice in fondo, solo sapendo di aver fatto un buon lavoro. Quando giocavo non sono mai stato ambizioso come avrei potuto essere, perché non ero appariscente come lo sono alcuni calciatori. Da lì ottengono il loro qualcosa in più".
Quando venne scelto per far parte delle giovanili cannoneggianti dell'Arsenal, il giovane David entrò subito a far parte dei giovani Gunners. I giovani firefighters di Bristol, però, lo hanno accettato solamente dopo diversi tentativi vani:
"Non sono stato scelto dopo il primo colloquio. Dunque sono arrivato fino al colloquio finale e ho fallito. Poi penso che la mia vena competitiva sia venuta fuori, perché non avevo intenzione di essere battuto. Sono tornato altre tre volte e ho sempre fallito, poi finalmente perseverando sono stato scelto".
Hillier ha avuto la sua scarica di adrenalina da successo quattro anni dopo aver esordito con l'Arsenal, vincendo la Premier League nella primavera del 1991. Gli occhi sgranati, come racconterà a 'The Sporting Blog', sono arrivati invece sin da subito nella sua nuova vita, al secondo giorno da vigile del fuoco:
"C'era questa casa avvolta dal fuoco e un ragazzo è uscito di casa correndo per strada, in fiamme. È stato abbastanza folle. Si è dato fuoco mentre era sul letto e poi ha deciso di scappare. Quindi abbiamo avuto un incendio in casa e un uomo in fiamme".
Lo scorso dicembre, Hillier ha compiuto 52 anni. Diciannove sono stati vissuti da calciatore, diciannove da pompiere. Le partite infuocate si sono tramutate in case avvolte dal fuoco. La metafora si è trasformata in realtà. La vita agiata è divenuta vita reale, comune. Per alcuni un passo indietro. Per altri, uno in avanti. Deciso, netto, che lascia veramente il segno.
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