
Il 19 aprile del 1998, Fabio Capello è particolarmente arrabbiato. Anche più del solito. Ed è tutto dire, per uno che ha mantenuto un discreto grugno anche sul 4-0 in una finale di Champions League. Il suo Milan ha appena perso per 3-0 a Bologna. Un ko netto, umiliante, ma non è che una tra le tante sconfitte di quella stagione così strana e avvilente. Dopo la partita, il tecnico friulano si presenta dai giornalisti cupo in volto. E trova un colpevole per il naufragio, ma senza mai nominarlo apertamente.
Dice, Capello, che “noi abbiamo dei giovani e i giovani hanno commesso due errori imperdonabili”. E aggiunge che “uno non può far fare in area a Baggio certe cose”. Si riferisce alla prima rete bolognese, messa a segno dal Codino, che in realtà per quell'annata bolognese il codino se l'è pure tagliato. Ma “i giovani” e “uno” sono un modo gentile per puntare il dito contro la stessa persona. Si chiama Dario Smoje, è di nazionalità croata e giovane lo è per davvero, come ha sottolineato Capello: appena 19 anni. Il Milan lo ha reclutato per cominciare a costruire il dopo Franco Baresi, ritiratosi qualche settimana prima. Però il pomeriggio nefasto del Dall'Ara, in sostanza, gli chiuderà le porte del sogno rossonero. Per sempre.
Troppo grave la dormita che ha consentito a Baggio di andare in rete per la prima volta. Roby tocca per Kennet Andersson, che gli ritorna il pallone in area come può. Smoje è in netto vantaggio, ma si fa sfilare la palla sotto il naso dal grande ex di turno, che la deposita alle spalle di Seba Rossi. Scrive la 'Gazzetta dello Sport' che “Smoje nell'occasione sembra un bimbo al circo intento ad ammirare a bocca aperta i "numeri"dell'illusionista”. Non è esattamente tenero nemmeno un servizio andato in onda su Mediaset, secondo cui “il centrale rossonero viene colto da paresi”.
Non si tratta di un episodio isolato. Perché a sette minuti dalla fine Smoje si ripete. In negativo, ancora una volta. Lancio dalle retrovie bolognesi, il baby croato si fa banalmente aggirare da Fontolan e lo guarda battere Rossi con un sinistro sul primo palo. Ci sarà poi lo spazio anche per l'umiliante 3-0 di Baggio, su rigore, in pieno recupero. Ma il fallo, almeno stavolta, lo commetterà Paolo Maldini.
In un mondo che non aspetta nessuno, il Milan non ha il coraggio di aspettare Smoje. Lo manderà a farsi le ossa in Serie B, poi desisterà in maniera completa. Eppure all'inizio sembrava davvero di trovarsi di fronte a un ragazzino prodigio. Nemmeno dodici mesi prima, ai tempi degli esordi con il Rijeka, Dario lo voleva mezza Europa. E certamente mezza Italia. Poco importa che un paio d'anni prima Smoje fosse già stato scartato dalla Fiorentina. Nel 1996 si era allenato per un paio di settimane con la primavera viola, ma la società aveva deciso di non tesserarlo. Ufficialmente perché il Rijeka aveva avanzato richieste troppo alte per un prospetto poco più che maggiorenne. Ufficiosamente perché Dario era stato considerato troppo lento. Poco male, perché in seguito il suo nome non ha smesso di circolare nelle alte sfere europee. Un'amichevole tra l'Under 21 italiana e quella croata non ha fatto che confermare le recensioni positive nei suoi confronti. E l'asta si è scatenata.
Nel 1997 non c'è solo il Milan sulle tracce di Smoje. Il club che più di tutti pare aver strada libera davanti a sé è la Juventus. Domenica 6 luglio 'La Stampa' titola: “La Signora si è innamorata di un croato”. Un'intesa con il Rijeka si trova pure, con tanto di firme tra i due club. Quella del giocatore, invece, non c'è ancora. E così i rossoneri decidono di fare sul serio. Trovando alla fine l'accordo definitivo col Rijeka grazie a un gentlemen agreement con Luciano Moggi, che in corso d'opera decide di tirarsi indietro rinunciando a un acquisto quasi completato.
Quando Smoje arriva a Milano, scatta la caccia all'informazione. In anni in cui la legione straniera sta aumentando a vista d'occhio, si cerca di capire chi sia questo lungagnone destinato a rinverdire una difesa in là con gli anni. La 'Gazzetta' titola: “Smoje, il gigante buono del Milan”. Ed è così, perché è alto un metro e 92 centimetri. Si scopre che è stato il più giovane esordiente con la maglia del Rijeka, a 17 anni, un mese e 22 giorni. Che ha ereditato la passione per lo sport da papà e mamma, rispettivamente ex cestista ed ex giocatrice di pallamano di alto livello. E che possiede una maglia di Billy Costacurta, “il mio idolo insieme a Baresi”, gentilmente regalatagli dal proprio procuratore Marko Naletilic.
Poi arriva il tempo delle prove. Ovvero del precampionato. E le prime impressioni sono più che mai positive. Smoje trova spazio con Capello e nelle amichevoli estive è una delle sorprese. Qualcuno si spinge a paragonarlo a Fulvio Collovati e il tecnico pare apprezzare:
“Per certe caratteristiche lo ricorda: è altrettanto abile di testa e molto dotato fisicamente. Può fare quello che ha fatto lui. Fino a questo momento si è comportato bene”.
Anche Zvone Boban, che in quelle settimane lo aiuta nell'inserimento e nell'apprendimento della lingua italiana, apprezza e non poco:
“Bello, elegante e speriamo si fermi a un metro e novantadue. In caso contrario c'è sempre la Stefanel, il basket... Adesso è una promessa, ha già fatto bene e vedo che i pareri e i giudizi sono molto positivi. Sono contento perché è un ragazzo semplice e molto sicuro. Dobbiamo comunque sempre tener presente che non ha ancora 19 anni e in questa squadra può solo imparare”.
Tutto bello. Tutto molto dolce. Ma la realtà, quelle delle partite ufficiali dopo le sgambate estive, è molto più amara di quanto ci si aspetti. Nella prima parte della stagione, Smoje viene impiegato da Capello solo in un'occasione: a inizio settembre, in Coppa Italia, contro la Reggiana. Una formazione di Serie B. Che strappa lo 0-0 a San Siro, facendo aleggiare i primi fantasmi su una stagione che diventerà ben presto maledetta. È l'inizio di un incubo: schierato in una difesa a tre con Maldini e André Cruz, Smoje si fa ammonire una prima volta, poi una seconda e al 71' lascia il Milan in 10 uomini. Ironia della sorte, proprio nel giorno in cui ha ricevuto la prima convocazione con la Nazionale maggiore croata.
Con l'arrivo del '98, Capello comincia a concedergli maggior fiducia in un contesto di continue alchimie tattiche. Ma le risposte sono insufficienti. Smoje gioca la prima partita da titolare in Serie A a Vicenza, il 15 febbraio (4-1 per il Milan). Fa il terzino destro, non se la cava malaccio, anche se in occasione dell'unica rete biancorossa è lui a tenere in gioco Otero. Da lì in poi sono solo disastri. Col Parma, in cui viene sostituito dopo un tempo in piena confusione dopo aver giocato sia a sinistra che a destra. E poi a Bari, dove si fa beffare sul tempo da Masinga. La sua prestazione migliore, alla fine, è contro la Lazio nella finale d'andata di Coppa Italia: a sorpresa Capello lo schiera nuovamente dall'inizio, spostando Desailly a centrocampo, e il Milan tiene la porta chiusa (1-0). Non è che una gioia effimera, perché al ritorno i rossoneri perderanno partita (3-1) e trofeo.
Anche per Smoje è solo un'illusione. Bologna e il Dall'Ara incombono. Sono lì, minacciosi, dietro l'angolo. Come una sentenza. Arrivano la disattenzione fatale su Baggio, la mancata chiusura su Fontolan, le bacchettate nemmeno troppo morbide di Capello. Da spalancata, la porta verso la gloria si chiude inesorabilmente. Il croato rimane per un'ultima volta in panchina a guardare i compagni che si fanno travolgere anche dalla Roma (5-0), ben conscio di quel che accadrà in estate. Il foglio di via, inizialmente in prestito e poi a titolo definitivo, è già pronto. Destinazione: Serie B. Prima al Monza e poi alla Ternana. Senza rimpianti, almeno all'apparenza.
“Ho vissuto dei momenti meravigliosi a Milano – ha detto qualche anno fa a 'Sportske Novosti' – sono arrivato a 18 anni in uno spogliatoio pieno di stelle: oltre agli italiani c'erano Boban, Savicevic, Weah, Desailly, Leonardo. Non ero nemmeno consapevole di tutto quello che stava succedendo. Solo ora, quando ci penso, mi rendo conto con che tipo di giocatori condividevo lo spogliatoio. È davvero una sensazione speciale e significa molto di più per me oggi di allora. Se guardiamo i nomi con cui ero in concorrenza, penso che non sia davvero una sorpresa che non abbia giocato. Se dico Maldini, Costacurta e Desailly, mentre io ero un ragazzino, non credo di dover spiegare ulteriormente i motivi per cui il mio minutaggio non era eccellente. Avevo tante offerte e ho accettato il Milan perché era uno dei miei club preferiti. Capello mi ha concesso qualche minuto, ho giocato la finale di Coppa contro la Lazio, ho vissuto cose che prima potevo solo sognare”.
Ricordi che fanno il paio con la seconda parte della carriera di Smoje. Il Monza e la Ternana, intanto. E poi il ritorno in patria con la Dinamo Zagabria, con cui esordisce in Europa. Nel 2003 viene invitato alla partita di beneficenza tra gli Amici di Ronaldo e gli Amici di Zidane e si sorprende della chiamata: “Ma sono onorato”. È il periodo in cui anche le porte della Nazionale croata si chiudono. Quindi una lunga e piuttosto prolifica esperienza in Belgio col Gent, prima di finire nuovamente in patria. Fino al ritiro, causato anche da un infortunio al tendine d'Achille. Sempre col Milan nel cuore. Solo un sogno di una notte di mezza estate.


