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Dong FangzhuoGetty

Dal sogno Manchester United alla chirurgia facciale in tv: la parabola Fangzhuo

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1.433.783.686 abitanti. Circa. Fuoriclasse, almeno conosciuti e professionisti, zero. Fenomeni, zero. Campioni, o almeno tendenti alla definizione stessa? Qualcuno. La Cina e il calcio si sono scoperti a vicenda nell'ultimo decennio con l'arrivo di milionari europei e sudamericani provenienti per provare da una parte a dare più lustro al torneo, dall'altro, diciamocela tutta, per gudagnare fior di soldoni. Oscurando però, ancor più, i calciatori locali, che ancora non riescono ad emergere, ancorati ad una cultura dello sport singolo, in cui la squadra viene spazzata via. Qualcuno ha provato ad emergere, sponsorizzato dai grandi club, a metà tra investimento commerciale e sincero ottimismo sulle sue qualità. Come Dong Fangzhuo.

In una città di sei milioni di abitanti, Dong Fangzhuo viene al mondo insieme ad altri migliaia di persone nel 1985, a Dalian, città non proprio celeberrima fuori dai propri confini, divenuta in parte famosa tra gli amanti del calcio tre decenni dopo, con l'arrivo nella massima serie della squadra locale Dalian Renzhiye Zuqiu Julebu e gli acquisti di due volti nomi d'Europa come Marek Hamsik, vecchio Marechiaro di Napoli, e Salomon Rondon, una vita da idolo tra Premier, Liga e torneo russo. Altra storia.

Dong è nato negli anni '80 come entrambi i giocatori più famosi della sua città, ma rispetto al loro il suo nome dice molto poco. Poco se non si scava nel passato del Manchester United, della Nazionale cinese, delle stelle divenute stalle, costrette a scappare per evitare di esplodere nell'eternità dello spazio calcistico e celeberrimo, con metodi incredibilmente tristi. Ci arriveremo.

Piazzato fisicamente, 185 cm per 81 kg, Dong, 17enne, diviene Fangzhuo, nome che gli osservatori europei cominciano ad osservare con attenzione e curiosità dopo una di quelle medie che non può passare insservata. Certo, sia chiaro, parliamo della seconda serie cinese e non della Champions League, ma dal calderone, dal miscuglio, gli ingredienti si mixano alla perfezione per gli interessati, convinti che sì, può essere la volta buona.

Sì, perché Fangzhuo segna 20 reti in sole 14 gare, non è nemmeno maggiorenne, sembra un'entità arrivata dal passato e dalle vecchie dinastie per insegnare calcio ai propri connazionali, pronti ad imparare da qualcuno che sì, può finalmente portare alta la bandiera cinese, più degli altri connazionali acquistati a mo' di marketing senza una vera speranza. Ha le qualità, ha le doti, ha la gloria di essere scelto dal Manchester United.

E' il Manchester United di Sir Alex Fersugon che recluta sotto l'attento sguardo al futuro, un ragazzo di nome Cristiano Ronaldo, muovendo le sue pedine alla ricerca dei migliori di ogni paese. Dal Portogallo, CR7, dalla Cina, Dong Fangzhuo. I due divideranno lo spogliatoio per qualche tempo, dopo un'iniziale prestito in cui il DF, possiamo eventualmente chiamarlo anche così, dimostra sì, di essere il cinese eccezionale, quello fuori dal comune.

Dong Fangzhuo_Manchester United,董方卓

Non potendo essere tesserato dal club di Premier League nell'immediato, parliamo di 2004, dopo le esperienze con il Dalian Saidelong (quello delle 14 gare e 20 reti) e il Dalian Shide (allora squadra più titolata del paese), il Manchester United spedisce il ragazzo ad Anversa, club affiliato. La speranza è quello di renderlo una macchina da goal anche in Europa prima di poterlo tesserare, con un passaporto valido: Dong non può infatti avere il permesso di soggiorno per il Regno Unito non essendo maggiorenne. Ma con un biennio in Belgio, tutto può essere scavalcato. Passaporto belga e approdo a Manchester, tutto scritto.

E sì, tra l'idea della commercialata per attirare capitali cinesi e l'esperimento semi-sociale, Dong Fangzhuo esplode veramente, ed immediatamente in Belgio. Sembra la prima vera brillante esperienza di un cinese in Europa, visto e considerando che tra i 19 e i 21 anni, il ragazzo segna 34 reti nel campionato belga, non tra i primi cinque del Vecchio Continente, ma comunque, senza dubbio, tra i primi dieci. L'ulteriore salto mostrerà il suo vero talento, ma intanto lì, prima del bombardamento di campioni provenienti da tal torneo, dimostra di non essere solo un nome e un cognome attira soldi, ma anche un ragazzo attira palloni, trasformati in goal.

"Era un grande giocatore. Molto forte, abbastanza alto, molto veloce e quando tirava in porta sembrava una bomba, potentissimo. Ha fatto tutto quello che gli abbiamo chiesto, in più ha svolto un allenamento personale extra sul suo corpo. Sembrava felice. Sir Alex Ferguson e Maurice Watkins visitarono Anversa regolarmente. Tutto andava bene".

A parlare è Regi Van Acker, all'epoca tecnico dell'Anversa. Sapeva di dover dire addio a Fangzhuo nel lungo periodo, ma intanto se lo godeva, stupefatto da come un giocatore asiatico potesse essere così potente. Un goal ogni due gare è il biglietto da visita per il ritorno al Manchester United, che tuttavia non và come Dong sperava. Sempre sorridente, diventa cupo, schivo, deluso.

Fa parte della squadra che vince la Champions League nell'anno del famoso rigore di Terry in finale, ma non gioca mai, o quasi, nel biennio 2006-2008. Piccolo dettaglio, e allo stesso enorme, riesce a divenire Campione d'Europa, seppur non ascoltando mai da protagonista, ma solo brevemente da subentrante (18' contro la Roma nei gironi) la musichetta degli altoparlanti di quelle notti. Unica apparizione in Premier, contro il Chelsea, in uno scialbo 0-0 del 2006/2007. In quella successiva, un altro semplice ed unico gettone, contro il Coventry in League Cup. Poi, più nulla.

The Chinese Goal Machine, soprannome semplice quanto efficace all'arrivo in Premier dopo il botto in Belgio, che non portò al passaporto, ma al sì del Regno Unito al suo ingaggio, visto nel frattempo l'esordio internazionale con la propria Nazionale e il bottino dorato di reti ad Anversa e dintorni. L'acronimo TCGM però si spegne nel Teatro, i Sogni dell'Old Trafford. Uno strano miscuglio, stavolta negativo, dopo quello positivo di qualche tempo prima.

Perché tutti gli addetti ai lavori del Manchester United pronunceranno la stessa parola, più e più volte: timidezza. A differenza del Belgio e del suo campionato, Dong non riesce ad esprimersi verbalmente e sportivamente nel Regno Unito e in Premier League, schiacciato dalla pressione e sì, da un brutto infortunio che non lo porterà oltre la squadra delle riserve dei Red Devils, quei diavoli tentatori che lo strapparono al suo torneo cinese e al successivo e positivo sodalizio belga per qualcosa più grande di lui e della sua persona.

Così nel 2008, a 23 anni e tutta una carriera davanti, Dong Fanzghuo torna in patria, nuovamente a quel Dalian Shide che nel frattempo và verso il declino. Non lo sa, DF, ma per lui il declino è già superato: la sua carriera è già finita. In Cina non segnerà neanche un goal e nel biennio successivo, nella solita marea di prestiti che coinvolge le grandi e da cui il Manchester United non si distacca, farà altrettanti goal, intesi come zero, con la maglia polacca del Legia Varsavia prima e portoghese del Portimonense poi.

Nel peggiore degli incubi di chi ha diviso lo spogliatoio con i fuoriclasse e sognato di andare oltre l'essere semplicemente il secondo cinese in campo nella storia della Champions League, Fangzhuo, senza più sogni e con prospettive calcistiche tendenti allo zero assoluto, si trasferisce addirittura, udite udite, nel torneo armeno, al Mika.

Lì, verrebbe da dire, e ci mancherebbe altro, torna al goal, anche se solamente nel numero di quattro. Consapevole di aver toccato il punto più basso possibile di chi un tempo passava il pallone a Cristiano Ronaldo in allenamento e con tutto rispetto, fatica nel campionato di Yerevan, decide, senza indugi, di tornare a casa. Definitivamente. Con l'Hunan Billows segna sì, senza estrema gloria o superbia di dati fantascientifici, come fa al Hebei Zhongji, dove chiude la carriera, 29enne, trasformato.

Dong FangzhuoGetty Images

La trasformazione, parola chiave che nel suo caso può essere accostata alla vecchia timidezza, ora soppiantata. Perché Dong Fangzhuo diventa l'Hyde del suo solito essere Jekyll. Si tinge i capelli di biondo, qualcosa che nella cultura cinese, eufemismo, non viene presa molto bene: i media insorgono, accusandolo di aver tradito il proprio paese e gli ideali dello stesso.

Ribelle, tanto da rifilare il dito medio ai tifosi dell Beijing Institute of Technology, colpevoli di averlo schernito dopo una sostituzione. Stanco dell'essere calciatore, più attivo tra feste e discoteche che sul campo. Fuori forma, stufo di quell'attenzione gloriosa trasformatasi in scherno da parte dei propri connazionali. Che vedono in lui qualcuno da fotografare per strada e deridere per aver perso la grande opportunità europea, divenuto cattivo, malvagio, villain quasi superoistico, oltre i confini del diretto pensiero cinese, in cui la chance va sfruttata senza uscire dagli schemi, senza perdere di vista la propria strada di atleta, con taglio tradizionale.

E Dong Fangzhuo ci dà veramente un taglio, alla sua vecchia vita. In un reality show del proprio paese, si sottopone ad un intervento di chiurgia facciale per cambiare la propria fisionomia, evitando così di essere canzonato, cancellando quegli episodi in cui il bimbo indica la madre, guarda è proprio lui, quello che ha macchiato il nome del nostro paese finendo nel dimenticatoio, sovrappeso, oltre i Sogni del Teatro, di quell'Old Trafford in cui non ha mai sfondato, nè si è seduto in prima fila. Naso più largo, occhi più vispi, sopracciglia meno folte. Un cambiamento, totale. Un cambiamento, diverso da quello che dal Belgio all'Inghilterra doveva renderlo il più grande cinese di sempre in uno sport di squadra, in un modo tale da far impallidire Yao Ming. Peccato, un gran peccato. Il calcio cinese attende ancora il suo Mao.

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