Pubblicità
Pubblicità
carboneroGetty Images

Dal paragone con “Che Guevara” al ritiro anticipato: la storia di Carlos Carbonero

Pubblicità

Volle, sempre volle, fortissimamente volle. Invano. Potrebbe essere questa, in estrema sintesi, la carriera di Carlos Carbonero.

Colombiano classe 1990, il centrocampista sembrava destinato a un avvenire brillante con la nazionale e con il club che avesse avuto la fortuna di tesserarlo. Ma fu proprio la buona sorte a mancare a Carbonero e a costringerlo a un percorso lontano dai riflettori.

Partito nelle giovanili dell’Academia - club della periferia di Bogotà oggi scomparso - il centrocampista inizia a farsi notare in alcuni club del suo Paese come l’Atletico Huila e l’Once Caldas. 

Quest’ultima squadra sembra inviargli dei segnali su quella che sarà la sua carriera. L’Once ha infatti nello stemma il tricolore italiano e come colori sociali l’azzurro e il bianco che da sempre caratterizzano le maglie della nostra nazionale.

L’Italia nel destino di Carbonero? Sì, ma con un esito ben diverso da quello che avrebbe immaginato.

A 19 anni arriva il primo ostacolo. Il menisco laterale del ginocchio destro cede, costringendolo all’operazione e a un lungo periodo di stop.

Il primo trampolino verso una carriera degna di nota glielo tende nel 2011 l’Estudiantes, club che ha lanciato diversi grandi giocatori passati anche per il nostro campionato come Juan Sebastian Veron e Diego Pablo Simeone.

La strada per sbarcare in Serie A è ancora lunga, non bastano certo buoni spunti mostrati con formazioni di basso calibro in un campionato di seconda fascia.

Lo scotto con una realtà più grande si fa sentire: in Argentina Carbonero accumula poche presenze e non convince pienamente i biancorossi, che lo cedono a gennaio all’Arsenal de Sarandì.

Qui il colombiano vive il suo migliore anno e mezzo. Con il Viaducto arrivano due trofei - Clausura e Supercoppa argentina - ma soprattutto sembra arrivare quella consacrazione al quale sembra destinato fin da ragazzo.

A riconoscere il suo valore è innanzitutto il tecnico dell’Arsenal, che lo paragona a un moderno Che Guevara per la sua capacità di “rivoluzionare la storia del club”, a secco di trofei fino al suo arrivo in rosa. 

Un altro endorsement gli arriva dal ct della Colombia, José Pekerman, che lo porta ai Mondiali brasiliani del 2014. 

Inserito in una squadra fortissima e trainata dallo stato di grazia di James Rodriguez, Carbonero si ritaglia uno spazio piccolo ma significativo nel secondo tempo della sfida vinta dai Cafeteros nel girone contro il Giappone.

Carbonero non sfugge alla vista di un vecchio cacciatore di calcio sudamericano come Walter Sabatini. Il ds lo porta in Italia per rinforzare la Roma in prestito biennale con riscatto di poco superiore ai 500mila euro.

I giallorossi non possono però tesserare ulteriori extracomunitari, il che porta Carbonero ad accettare il prestito al Cesena in attesa del trasferimento ufficiale a Trigoria.

Ma in Emilia Romagna inizia il climax discendente del colombiano. L’adattamento con una nuova realtà è difficile, soprattutto nelle fila di una squadra destinata alla retrocessione e che cambia allenatore in corso d’opera.

Un rendimento non sufficiente nemmeno per la Roma, che lo rispedisce in Sudamerica accettando l’offerta degli uruguaiani del Fenix.

Le vie del mercato però sono infinite, e proprio sulla campanella del gong che sancisce la fine delle trattative, Carbonero viene acquistato dalla Sampdoria.

L’aria di Genova sembra spazzare via le prime nubi che si addensano sulla testa del colombiano, accolto benissimo in blucerchiato.

Con la Samp, Carbonero trova continuità di gioco e condizione e sembra finalmente sulla strada giusta.

Sembra, perché a mandarlo fuori pista sono ancora una volta quei pochi centimetri di cartilagine che servono a stabilizzare le ginocchia.

Il menisco già operato a 19 anni cede ancora, mandandolo nuovamente sotto i ferri. Da quell’operazione in poi, Carbonero non sarà più lo stesso.

La riabilitazione è più difficile del previsto e lo costringe a saltare l’intero arco della stagione 2016/2017. La Sampdoria capisce di non poter puntare sul centrocampista e non esercita il riscatto stabilito a inizio prestito con il Fenix.

Da questo momento in poi sulla carriera di Carbonero cala il sipario. A nemmeno trent’anni è costretto a ridimensionare pesantemente le sue aspettative e inizia una peregrinazione fatta di serie minori sudamericane.

Oggi Carbonero è svincolato e con un po’ di rimpianto guarda a quello che sarebbe potuto essere il suo percorso nel calcio.

Un trentenne atipico, introvabile sui social e poco propenso a rilasciare dichiarazioni sulla sua esperienza. Ma c'è da capirlo.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0