Antonio ConteGetty

Conte a DAZN: "L'Inter la scelta più difficile, in futuro mi vedo in America"

Antonio Conte si racconta come uomo in un'intervista intima e molto profonda a DAZN, nel programma 'Linea Diletta'. Un Conte come forse non lo abbiamo mai visto, più attento alla sua persona che al suo modo di allenare e di intendere il calcio.

Guarda l'intervista completa di Conte a 'Linea Diletta' su DAZN

Si parte con lo spirito che lo contraddistingue nel fare il suo lavoro, cosa che i tifosi dell'Inter hanno potuto apprezzare da vicino in questi due anni:

"Un’azienda dovrebbe scegliere me perché sono un vincente e una garanzia dal punto di vista lavorativo e umano. Il mio più grande pregio è di dare tutto me stesso per chi lavoro senza risparmiarmi: so valorizzare l’azienda.

Difetto? Chi dà sempre il massimo per il posto per cui si lavora non può avere grandi difetti. Devi avere la giusta presunzione, la giusta arroganza: forse a volte sono troppo onesto, ma non lo considero un difetto".

Troppo sincero Antonio Conte, come ha dimostrato più volte anche di fronte alle telecamere con i suoi classici sfoghi. L'Inter per lui è stata anche una situazione scomoda, come conferma lui stesso, ma anche a Milano è riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati:

"Penso di essere una persona che non si accontenta delle situazioni “comode”. Penso di aver scelto la situazione più difficile. L’obiettivo quando ho firmato per l’Inter era un progetto triennale per riportare l’Inter ad avere ambizione, a tornare a giocare per obiettivi importanti. Il fatto di esserci riuscito al secondo anno è stata una grande cosa.

Fare l’allenatore sicuramente non è semplice, soprattutto se lo vuoi fare a grandi livelli e se hai anche le capacità di farlo ad alti livelli. Perchè comunque le pressioni, le aspettative, lo stress è veramente tanto. Devi essere bravo a convivere e gestire certe situazioni sapendo che ti ritrovi sempre solo".

Tornando sullo Scudetto vinto con l'Inter, l'allenatore pugliese non ha dubbi: la svolta definitiva è stata rappresentata dal sorpasso nei confronti del Milan.

"A livello di campionato il momento decisivo è stato quando abbiamo sorpassato il Milan. In quel momento devi reggere la pressione, perchè da cacciatore diventi lepre. E devi capire che da quel momento in poi tutto dipende dal tuo risultato. Non dipendi da niente e da nessuno ma sai che vincendo metti pressione su tutti.

Poteva esserci un po’ di ansia da primo posto in classifica. Invece noi abbiamo accelerato. E credo quello sia stato il momento decisivo perchè da lì in poi, chi era dietro ha faticato perchè vedeva che chi stava davanti continuava a vincere".

All'Inter secondo lui potrebbe aprirsi un ciclio vincente perché tantissimi giocatori di questa rosa sono alla loro prima vittoria in carriera. Un trofeo che potrebbe entrare nel loro cervello per abituarli alla vittoria. Lui, come sempre, ha dato bastone e carota ai suoi giocatori, senza mai risparmiare scomode verità:

"I ragazzi sono maturati. È inevitabile che sono all’inizio. Per tantissimi è la prima volta ad aver vinto qualcosa di importante in carriera. Però come dico sempre, quando inizi a vincere poi la vittoria ti deve entrare nel cervello. Dev’essere tua. E sai che per vincere a volte devi esasperare alcune situazioni. I ragazzi sono stati veramente bravi. Tutti loro stanno iniziando un percorso da vincenti. Non solo hanno vinto un campionato italiano, ma hanno vinto un campionato che per 9-10 anni aveva avuto solo una storia. E il fatto che abbiano realizzato questa impresa è un grande merito.

Una cosa che mi riconoscono i calciatori è che è meglio una brutta verità che una bella bugia. Su una brutta verità costruisci, anche se al momento il calciatore o la persona che lavora con te ci può rimanere male. Ma alla fine apprezza perché una brutta verità porta a un ragionamento, una riflessione e poi ad un miglioramento".

Antonio Conte spiega poi com'è diventato l'allenatore di adesso, partendo dalla carriera da calciatore: tante vittorie per lui ma anche tante sconfitte, che gli hanno fatto capire di non voler mai perdere nella vita.

"Io ho avuto moltissimi infortuni durante la mia carriera. Ma mi hanno temprato molto, mi hanno dato la forza di reagire, di far si che l’evento negativo accumulasse cattiveria, ma una cattiveria di quelle giuste. Sono sempre pronto a superare le difficoltà.

Da calciatore ero uno bravo. Da calciatore ho vinto tutto quello che si poteva vincere. Nella mia carriera, sia da calciatore che da allenatore, ho vinto tanto però ho perso anche tanto. Quando perdi alcune partite, comunque dentro ti rimane una “cattiveria” che ti porta a non voler più rivivere quel momento e a fare di tutto per cercare di trasferire anche questo ai calciatori che a volte hanno difficoltà a capire da dove arriva questa “cattiveria”. Sicuramente deriva dalle cicatrici, che si sono rimarginate, ma diciamo che non ne vuoi altre, ecco".

Ma l'ex allenatore dell'Inter si racconta anche come padre e come figlio, aprendosi completamente e confessando il ruolo importante che i suoi genitori hanno avuto nel suo percorso di crescita:

"Parlare di papà mi emoziona sempre. Il mio primo presidente e allenatore. La mia famiglia è stata molto importante per me. Da ragazzino venivi buttato in strada. Mamma e papà dovevano lavorare. Prima c’era la strada che ti faceva crescere. Ma in strada ti dovevi difendere. Papà ha avuto un ruolo fondamentale assieme alla mamma nel mio percorso. Papa è sempre molto chiuso però so che è molto orgoglioso".

Nessuna certezza per il suo imminente futuro, ma tra cinque anni Antonio Conte si vede a sorpresa lontano dall'Italia, molto lontano...

"Mi piacerebbe fare delle esperienze all’estero. Mi piacerebbe andare in America".

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