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Vidic InterGetty Images

Colonna del Manchester United, ectoplasma all'Inter: il flop italiano di Vidic

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L'Italia è la patria dei grandi difensori, del catenaccio, della pizza e del mandolino. Ok, basta con tutti questi luoghi comuni datati e superati, anche se la prima affermazione può benissimo essere un motivo di vanto al confronto con il calcio internazionale e non di certo un aspetto screditante. Grandi difensori, appunto. Tanti sono quelli passati in Serie A in oltre cento anni di storia, compreso chi grande lo era prima per poi ridursi allo status di flop: Nemanja Vidic fa parte di questa seconda categoria, troppo spesso incontrata da vicino dai tifosi dell'Inter che non hanno potuto apprezzare la versione migliore del serbo, sicuramente uno degli interpreti più forti del ruolo a livello europeo nell'ultima parte del primo decennio del ventunesimo secolo.

In nerazzurro si è visto un Vidic sbiadito, copia bruttissima del campione ammirato al Manchester United dove, con Rio Ferdinand, ha formato una delle coppie difensive più forti e rocciose di sempre. E pensare che al grande calcio Vidic è arrivato relativamente 'tardi', a 24 anni, quando i 'Red Devils' decidono di acquistarlo dallo Spartak Mosca dopo gli inizi tra giovanili e prima squadra alla Stella Rossa e l'esperienza, sempre in patria, in prestito allo Spartak Subotica.

Sullo sbarco in Inghilterra del classe 1981 c'è molto da dire, visto il coinvolgimento nella vicenda della Fiorentina che se lo vede soffiare sotto il naso a gennaio 2006 dopo aver concordato ogni dettaglio con il giocatore. Ma proprio tutto, anche la cifra da elargire allo Spartak Mosca e cioé i 7 milioni della clausola rescissoria. Peccato, però, che i viola debbano scontrarsi con la potenza di fuoco del Manchester United, arma decisiva per decretare l'incredibile dietrofront: il club allora allenato da Sir Alex Ferguson di milioni sul piatto ne mette addirittura 12, cinque in più rispetto a quanto previsto dal contratto. Vantaggiosa anche l'offerta dello stipendio: due milioni netti contro gli 800mila offerti dai viola, praticamente più del doppio.

Ferdinand Vidic Manchester UnitedGetty

Vidic, che stupido non è, abbandona la Fiorentina dopo averla sedotta per sposare la causa mancuniana, mandando su tutte le furie la dirigenza gigliata e in particolare Pantaleo Corvino: qualche anno più tardi, nel 2014, il navigato dirigente pugliese ci riderà su in un'intervista concessa a 'Sky Sport'.

"Vidic è un giocatore straodinario, ma gli dirò di riportarmi la borsa che regalai alla sua signora (ride, ndr). Se avessi depositato il contratto all'epoca, il giocatore sarebbe stato squalificato. Il Manchester United si inserì nell'affare e davanti a un ingaggio superiore il calciatore scelse i 'Red Devils'".

Sì, poiché un accordo con la Fiorentina Vidic lo aveva effettivamente firmato, dettaglio assolutamente non banale che avrebbe potuto costargli caro, soprattutto la partecipazione ai Mondiali tedeschi del 2006 con la Serbia e Montenegro. Invece la squalifica resta un miraggio e del Manchester United diventa subito una colonna: negli otto anni e mezzo trascorsi in Inghilterrà vincerà qualcosa come cinque Premier League, cinque Community Shield, tre Coppe di Lega, un Mondiale per Club e soprattutto una Champions League nel 2007/08. Nel computo anche due finali perse contro il Barcellona, la fascia da capitano al braccio e tre goal nella massima competizione europea, uno dei quali realizzato contro l'Inter nel ritorno degli ottavi ad 'Old Trafford' nel marzo 2009.

Il nerazzurro e l'Italia evidentemente sono nel destino di Vidic che, con qualche anno di ritardo, sbarca nel Belpaese a quasi 33 primavere, nell'estate del 2014: un colpo a parametro zero per i meneghini che, nonostante l'età un po' avanzata, sono convinti di aver fatto un grande affare. Le parole d'esordio del nuovo acquisto, peraltro, sono entusiastiche e sprizzanti di gioia da tutti i pori.

"Sono arrivato in club dalla grande tradizione, che ha fatto la storia vincendo trofei importanti come la Champions e tanti campionati. Ha un palmares che non tutti possono vantare. A convincermi è stato il progetto che ho fatto subito mio".

"Sarei potuto arrivare in Italia già qualche anno fa e ora finalmente è comparsa l'occasione. Non penso che la Serie A sia un passo indietro per me, anzi credo che sia adatta alle mie caratteristiche. Vengo da un club blasonato, ma per me era giunto il momento di cambiare. Il calcio inglese è diverso, ma quello italiano resta di alto livello".

A far sperare positivamente i tifosi interisti è l'impatto avuto con la nuova realtà da Vidic, a segno nell'amichevole di inizio agosto contro la Roma: il serbo dà l'impressione di solidità e compattezza, sgretolatasi però col passare dei giorni e con l'avvicinamento all'esordio in campionato contro il Torino, indimenticabile sì ma non per le prodezze mostrate in campo. Una serata 'horribilis' iniziata con il fallo da rigore commesso su Larrondo (penalty poi parato da Handanovic) e conclusa per il rosso diretto mostrato dall'arbitro Doveri, infastidito da un applauso ironico rivolto nei suoi confronti. 

Come se non bastasse, l'inserimento di Vidic nei meccanismi nerazzurri è ostacolato anche da un altro episodio di una certa importanza: a novembre Walter Mazzarri, suo estimatore, viene esonerato e in sostituzione viene chiamato Roberto Mancini, al ritorno a Milano dopo sei anni. Non un'ottima notizia per Vidic, che col nuovo tecnico non riesce ad instaurare un buon rapporto: tra i due non scorre un buon sangue e la goccia che fa traboccare il vaso va in scena durante l'andata dei sedicesimi di Europa League, pareggiati con un pirotecnico 3-3 dall'Inter sul campo del Celtic. 

Vidic InterGetty

Nella ripresa del Celtic Park, Ranocchia si fa male al ginocchio e chiede il cambio: la sostituzione più naturale è quella con Vidic e Mancini gli chiede di accelerare il riscaldamento per anticipare i tempi dell'ingresso in campo. Una richiesta all'apparenza banale, mal recepita dal serbo che se la prende comoda, sistemandosi con estrema calma i parastinchi. Per il 'Mancio' è un affronto in piena regola e a Vidic viene riferito di sedersi in panchina, poiché il suo apporto non è più necessario. Tra i due si crea uno strappo parzialmente ricucito nel finale di stagione che però velocizza l'operazione di tesseramento dello svincolato Felipe, allenatosi per dieci giorni ad Appiano Gentile prima della chiamata vera e propria.

Per Vidic la stagione si chiude con l'Inter fuori dall'Europa e con il goal segnato al Genoa nelle 28 presenze totali, che rimarranno le uniche in maglia nerazzurra. Nonostante la permanenza del 'nemico' Mancini, il serbo sente crescere in sé una notevole voglia di rivalsa per non lasciare un'immagine negativa agli occhi dei tifosi, prontamente stoppata dall'operazione subita alla schiena nell'agosto 2015 per rimuovere un'ernia: i tempi di recupero sono lunghi e la società, al fine di non correre inutili rischi, lo esclude dalla lista dei giocatori utilizzabili per la Serie A. I dissidi con l'allenatore sembrano però superati e, l'apertura di quest'ultimo al reintegro, lascia ben sperare Vidic come testimoniato da queste parole rilasciate ad 'Inter Channel' a fine dicembre.

"Questi sei mesi di lavoro non sono stati facili, soprattutto sotto l'aspetto mentale. Ora sto bene e mi sento pronto, sono felice di potermi allenare di nuovo con la squadra e senza dolore. L'operazione non è stata facile da affrontare, ma ora spero di potermi definire un nuovo acquisto. Voglio dare il mio contributo".

Insomma, tutto lascia presagire un ritorno in campo in tempi brevi, ma invece ecco il clamoroso colpo di scena: a gennaio Vidic rescinde il contratto con l'Inter e, a fine mese, annuncia il ritiro dal calcio giocato con una nota apparsa sul sito del Manchester United, la squadra dove probabilmente si è fatto amare di più.

"E' giunto il momento di appendere gli scarpini al chiodo. Negli ultimi anni ho subìto troppi infortuni che non mi permettono di continuare. Ringrazio tutti i compagni di squadra con cui ho avuto il piacere di giocare, i dirigenti e lo staff. Inoltre dico un grosso 'grazie' a tutti i tifosi che mi hanno sostenuto nel corso degli anni".

L'epilogo più amaro per un giocatore che avrebbe sognato un ritiro in modalità diversa, non nel silenzio più totale e senza il saluto della gente sugli spalti. Svestiti i panni del difensore, Vidic si è poi dedicato ad un'altra sua grande passione, il golf, prendendo parte a diversi tornei in giro per il mondo: dal pallone alla pallina, col solito obiettivo di ottenere il massimo. Ciò che gli è terribilmente mancato nella sua esperienza italiana.

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