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Cioffi UdineseGetty Images

Cioffi a GOAL: "Quando l'Udinese mi ha offerto la panchina ero scioccato"

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Gabriele Cioffi sta lottando con l'Udinese per centrare la salvezza, ma dietro c'è tanto altro. Da vice di Gotti a timoniere dei friulani: l'attuale tecnico dei bianconeri, a GOAL, si racconta senza filtri.

Si comincia dalla strettissima attualità, col campionato giunto nel suo momento topico.

"Sono felice, siamo felici, ma vogliamo ottenere sempre di più. Ciò dipenderà da quanto lavoreremo duro. Voglio vincere: sono rimaste 10 partite e vogliamo vincerne il più possibile, è ciò per cui veniamo pagati. A volte perdi perché il tuo avversario è più forte o perché lo dice il destino, ma l'obiettivo è vincere quante più gare possibile".

Cioffi guida l'Udinese da inizio dicembre, ossia dopo l'esonero di Gotti.

"All'inizio mi sono sentito un po' in imbarazzo, perché ho ricevuto una telefonata e il direttore sportivo mi ha chiesto di andare in sede. Durante il tragitto verso lo stadio, ho chiamato mia moglie e le ho detto: 'Senti, ci hanno licenziato. Quindi mi hanno chiesto di raggiungere una sorta di accordo fino alla fine della stagione per qualche altro incarico. E accetterò, perché non voglio stare in giro per casa ad aspettare colazione e pranzo!'. E lei ha detto: 'Hai ragione, vai a vedere cosa dicono. E tienimi aggiornata'".
"Quando apro la porta, trovo il presidente e il direttore sportivo: mi hanno offerto la panchina. Ero scioccato. Ho pensato: 'Com'è possibile? Non avevo mai parlato con nessuno'. Non ne avevo mai parlato con i giocatori né col direttore sportivo, solo con il presidente, che mi diceva al massimo 'Buongiorno'. Avevo parlato due volte col ds, ma erano solo chiacchiere informali. 'Ehi come stai? Ci vediamo alla partita', questo è tutto. Con i giocatori avevo un normale rapporto di vice allenatore, né più né meno".
"Quando mi hanno offerto l'incarico ho chiesto perché e mi hanno detto: 'Perché hai guidato la squadra in una partita contro la Lazio la scorsa stagione e hai vinto, quindi vogliamo darti questa possibilità. Ci piace il tuo modo di lavorare. Sei appassionato e pensiamo che la squadra abbia bisogno di uno come te".
"Subito dopo, la prima persona con cui ho parlato è stata ovviamente Gotti e gli ho spiegato perché avrei accettato l'offerta. Luca è un gentiluomo e ha capito la situazione. Poi sono tornato in ufficio e ho firmato il contratto. Per me è stata una grande sorpresa. Un qualcosa piovuto dal cielo".

La filosofia di Cioffi è chiara.

"Si vive di alti e bassi, ogni settimana se non vinci può essere licenziato, ecco perché il mio unico obiettivo è vincere quante più partite possibile. L'allenatore è pagato per questo, per creare mentalità e ambiente vincenti. Ogni settimana sembra la fine del mondo ma ti ci abitui, il martedì ricomincia una nuova vita".
"Per altre 3 partite o altri 30 anni, non lo so: ma so che sono pronto per fare l'allenatore, ora sto facendo ciò che voglio e voglio continuare a farlo".
"Nel mio lavoro dobbiamo imparare ogni giorno. Studiare è una parola sottovalutata nella nostra professione. Devi stare al passo con la prossima generazione e le nuove idee. Mi fermerò solo quando mi sentirò completo, ma ho ancora tanto da imparare".

Il tecnico svela il segreto del progetto Udinese.

"Gran parte del successo è dovuto allo scouting. Questa è la chiave per sopravvivere, essere innovativi e pensare fuori dagli schemi. L'altra chiave è credere che il nostro sogno possa diventare realtà. Con un solo ingrediente: il duro lavoro. Non solo da parte del dirigente o del direttore sportivo, ma di tutto il club. Tutti devono remare nella stessa direzione".

Inevitabile, con Cioffi, aprire una parentesi sulle due stelle della squadra: Gerard Deulofeu e Beto. Si parte dallo spagnolo.

"Mi piace molto lavorare con lui perché è facile farlo con calciatori così: sanno cosa vogliono e come ottenerlo, proprio come Gerard. In campo non può fare quello che vuole, ma può farlo nel ruolo che gli assegno. Sta andando molto bene. Quando gli chiedi di andare in campo alle 15 lui lo fa 10 minuti prima, lo trovi già lì. Questo atteggiamento è fantastico e facilita il mio lavoro".

Capitolo Beto.

"Ha il potenziale per essere un top player perché vuole esserlo. Desidera migliorare e lavorare sodo. Abbiamo appena avuto un incontro e parlato a lungo su cose che può fare meglio.
È stato un confronto costruttivo tra allenatore e giocatore. Io e Beto sappiamo entrambi quanto potenziale abbia e voglio ottenere il meglio da lui. Abbiamo passato 45 minuti a parlare di cosa può migliorare".
"A un certo punto, ho detto: 'Beto, andiamo, dobbiamo andare a mangiare'. E lui ha detto: 'No, parliamo per altri due minuti!' Quindi, questo atteggiamento rende il mio lavoro più facile. Di solito devi spronare il giocatore. Ma, in questo caso, è lui che si alimenta da solo per migliorare".

L'Udinese sta pensando già al futuro, assicurandosi profili interessanti come Festy Ebosele e James Abankwah.

"Penso che il cambiamento per loro sarà difficile a causa della lingua, della cultura e dell'essere lontani dalla famiglia, perché sono ancora giovani. È una grande sfida, ma penso che entrambi abbiano un grande potenziale e possiedano esattamente ciò di cui abbiamo bisogno".
"Penso che Bosele sarà pronto un po' più in fretta perché sta giocando in Championship, dove penso che il livello fisico e tecnico sia leggermente superiore a quello dell'Irlanda. Abankwah potrebbe aver bisogno di più tempo per adattarsi al nostro campionato, ma non ho dubbi che lui abbia il potenziale per giocarci. Chissà, potremmo iniziare il precampionato e scoprire che è il nuovo Cannavaro! Incrociamo le dita, non si sa mai! E poi parlo un po' di inglese, quindi penso che più o meno mi capiranno!".

Prima dell'Udinese, Cioffi si è cimentato tra Carpi ed estero.

"Quando ho smesso di giocare, sono stato scelto da Giuntoli come vice allenatore del Carpi. Ho avuto un successo straordinario perché eravamo i primi in campionato, col miglior attacco e la migliore difesa. Ma a nove partite dalla fine, ci siamo lasciati. Lui era un giovane direttore sportivo e io un giovane allenatore. Questa è stata la mia grande opportunità, è andata e mi sono sentito un perdente ma, per fortuna, ho avuto un compagno di squadra che lavorava in Australia e mi ha detto: 'Gab, hai fatto bene, penso che tu abbia molto potenziale, devo impostare un'accademia, ho bisogno di nuove idee, vuoi venire qui e lavorare con me su un progetto?'".
"Dopo cinque o sei mesi, ho ricevuto una telefonata da un direttore sportivo che ha lanciato la mia carriera, Gianluca Nani. Lui ha convinto Roberto Baggio e Pep Guardiola a giocare nel Brescia. Era il direttore sportivo del West Ham la stagione dopo il loro fallimento, quando hanno dovuto vendere tutti e, nonostante questo, ha ottenuto il terzo miglior piazzamento nella storia del club. Lui mi ha detto: "Ascolta, Gab, sto vivendo questa esperienza all'Al Jazira, vuoi venire qui e diventare l'assistente di Henk ten Cate?".
"Ho volato dall'Australia agli Emirati Arabi Uniti e sono stato scelto da ten Cate per occuparmi della fase difensiva. È un grande allenatore e ho imparato da lui come essere un allenatore, perché ha una forte personalità e un'idea chiara del calcio. Si attiene alle sue idee. È disposto a morire per le sue idee. Ho imparato molto da lui. Io sono un personaggio forte e lui è un personaggio forte. Abbiamo avuto diversi confronti, ma sempre in modo positivo, da uomo a uomo. Quando la discussione era finita, era finita. Insieme abbiamo vinto la President's Cup e siamo tornati in Champions League asiatica dopo 12 anni di assenza".

Cioffi, poi, è volato a Birmingham.

“Grazie a Gianluca sono stato presentato a Gianfranco Zola. Lui mi ha chiamato per completare il suo staff tecnico al Birmingham. Era ovviamente uno dei migliori giocatori del mondo e stava appena iniziando come allenatore. Aveva le idee chiare sul calcio. Poi, quando Zola ha lasciato Birmingham, sono andato negli Emirati Arabi Uniti".

L'esperienza al Crawley è rimasta nel cuore del tecnico.

"Il mio sogno è sempre stato quello di lavorare in Inghilterra come manager. Un giorno, mentre ero negli Emirati, ho ricevuto una telefonata dal CEO del Crawley Town, un piccolo club della quarta divisione del calcio inglese. Guadagnavo bene negli Emirati Arabi Uniti, non milioni, ma bene. Ero nella Champions League asiatica. Quindi, mi chiedevo perché mi stessero chiamando. Cosa volevano da me?".
“Ma alla fine della chiamata, ho avuto la sensazione che mi stesse lanciando una sfida. E ho solo pensato: ok, vediamo. Non abbiamo soldi, non abbiamo un campo di allenamento, il club non è stato ben gestito negli ultimi anni, dobbiamo salvare il club tenendolo in League Two. E ho detto, va bene".
“Ho accettato la sfida e ho trascorso 19 mesi fantastici lì. Sono stato molto, molto dispiaciuto quando abbiamo dovuto interrompere il nostro rapporto di lavoro. Perché nei nostri due anni lì abbiamo creato un campo di allenamento, sono stato il primo allenatore a vincere al suo debutto, abbiamo eguagliato la nostra miglior serie in Coppa di Lega – battendo per la prima volta un club di Premier League – e in FA Cup. Quindi, abbiamo fatto un sacco di cose insieme. E ho avuto un ottimo rapporto umano con tutte le persone che ci lavorano. Quando ho deciso di lasciare, per molte ragioni extra campo, ci sono rimasto davvero male. È stato difficile dire addio".

Dopo tanto girovagare, arriva l'Udinese.

"Poi, all'improvviso, per fortuna, ho ricevuto una telefonata da Luca Gotti che mi ha detto: 'Cosa ne pensi di entrare a far parte del mio staff tecnico qui all'Udinese?'. Così è iniziata la mia avventura in Serie A".
“Non credo che avrei avuto questa fortuna se fossi stato passivo. Non sarebbe successo se fossi stato felice dove mi trovavo, con quello che sapevo, e non fossi stato curioso, cercando di scavare sempre più a fondo per cercare di capire questo gioco e questa professione".
"Quindi, quando parlo di fortuna, non è qualcosa che cade dal cielo, è qualcosa che tutti possiamo creare con preparazione e opportunità".

Chiusura sulla clamorosa esclusione dell'Italia dai prossimi Mondiali.

"Alla base ci sono problemi strutturali. Non possiamo dare la colpa a Mancini e il suo staff. Il risultato finale è frutto di sfortuna. Potevamo vincere 10-0 ma abbiamo perso 1-0. Quindi, il punteggio non è dipeso dall'allenatore o dalle sue scelte. Ricordiamo che abbiamo vinto gli Europei giocando un calcio brillante. Siamo stati sfortunati in quella partita".
"Stiamo pagando per quanto fatto in passato, e non parlo degli ultimi 10 anni, ma degli ultimi 20 anni. La quantità di soldi investiti nelle strutture, nella formazione dei giocatori. Ma non parlo di Milan, Inter o Juventus, ma dei club di livello inferiore e delle serie minori, dove nascono i veri talenti. Questo risultato è frutto di scelte sbagliate e di scarsi investimenti".
“Non si tratta di qualcosa che tu o io possiamo risolvere. Guarda le figure al vertice. Sicuramente saranno motivati ​perché è una vergogna per l'Italia non partecipare a due edizioni consecutive dei Mondiali".
“L'Italia dovrebbe pensare a come vincere la Coppa del Mondo, non a come qualificarsi. Non per mancarle di rispetto, ma non dovremmo studiare come battere la Macedonia del Nord".
“Penso che dobbiamo cambiare perché c'è qualcosa che non va. Dal mio punto di vista, non dovremmo pensare a qualificarci al Mondiale 2026 ma pensare a vincere il Mondiale 2030".
“È un momento che Inghilterra, Belgio, Germania e Francia hanno vissuto 30 anni fa. Devi investire".
“Guardiamo la Spagna, che ha vissuto anni difficili ma ora è tornata al vertice. E il Barcellona, la squadra con una delle età medie più basse d'Europa. E guardiamo i nostri Under 21. La maggior parte dei giocatori è in Serie B".
“È come un cane che si morde la coda. Se non investi nei giovani, sei costretto a ingaggiare giocatori dall'estero. E poi ti mancano giocatori per la Nazionale".
“Risolvere il problema sembra facile, ma è qualcosa che necessita di una profonda introspezione, per capire cosa c'è che non va. Appena capisci cosa c'è che non va, puoi affrontare il problema. E non importa se hai bisogno di 4 anni, 8 anni o 12 anni. Una volta risolto il problema, per i prossimi 20 anni lotterai per vincere i tornei, non solo per qualificarti".
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