Doudou Diaw è nato in Senegal, ma la sua vita calcistica si è svolta interamente in Italia. Non è mai stato un grande giocatore e neppur un gran difensore, ma è comunque riuscito a lasciare un segno, un'impronta, ovunque ha giocato.
Questo perché ha sempre messo al di sopra di tutto i valori e il rispetto, sia dentro che fuori dal campo. Il pallone e la religione sono da sempre i suoi due punti cardine, sin da quando è arrivato al Perugia nel lontano 1997, senza riuscire mai a giocare in prima squadra.
Doudou ha cominciato a giocare in Serie C, sbarcando in Sicilia, tra Milazzo ed Igea Virtus. Nell'estate del 2000 il grande salto all'Ancona, in Serie B, prima del trasferimento al Bari che avverrà un anno dopo e segnerà di fatto una svolta per la sua vita.
In quattro anni in Puglia troverà infatti continuità e soprattutto l'amore, sposandosi con Simona. Un matrimonio difficile, all'apparenza impossibile: lui è musulmano, lei cattolica. Il padre di Simona ha provato in tutti i modi ad opporsi ("Non per razzismo, ma per stile di vita"), ma non c'è stato modo di fermare le nozze.
"Non bevo alcolici, in caso di cin cin abbiamo una strategia collaudata: io faccio finta di brindare, lei mi toglie il bicchiere di mano. Avrò avuto 14-15 anni, vivevo ancora in Senegal. Un giorno mia madre mi guarda e mi dice: figlio mio, tu sposerai una donna bianca".
Una premonizione, un futuro già scritto per Doudou, che a Bari ha vissuto i momenti migliori della sua carriera. Idolo dei tifosi, con quelle treccine, è diventato un punto fermo della difesa dei Galletti. Nel 2005 lo ha voluto addirittura il Torino, pronto a tornare in Serie A dopo il fallimento.
La prima stagione di Doudou in granata fu davvero particolare, sicuramente indimenticabile. Dopo un buon inizio non ha più giocato, praticamente per tre mesi da marzo a giugno. Poi, all'improvviso, venne schierato titolare nella finale di ritorno dei playoff contro il Mantova. Giocò 120 minuti, contribuendo alla super rimonta che significò Serie A.
Doudou sembrava totalmente fuori dal progetto, ma rimase persino in massima serie. Il Torino si salvò, ma lui non giocò mai: solo due presenze e 105 minuti che rimasero gli unici della sua carriera in Serie A. Eppure il suo esordio fu tutt'altro che negativo a San Siro contro il Milan. Doudou venne mandato in campo per l'ultimo quarto d'ora e riuscì a fermare un certo Pippo Inzaghi. Risultato finale: 0-0, contro i rossoneri futuri campioni d'Europa.

Dopo quella stagione non riuscirà più a calcare i campi di Serie A. Un'altra occasione la poteva sicuramente avere, ma Doudou non è mai stato uno in cerca di favoritismi. SI è rimesso a lavorare, ha pensato solamente a giocare e nel 2011 ha sfiorato una clamorosa promozione in Serie B con l'Atletico Roma, che in squadra poteva vantare giocatori del calibro di Baronio, Franchescini, Mauro Esposito e un giovane Daniel Ciofani.
Il percorso di Doudou si è concluso da dove tutto era iniziato: la Puglia, Bari, casa sua. Ha firmato con l'Atletico Mola, squadra di Eccellenza con cui ha chiuso la carriera da giocatore prima di iniziare quella da allenatore, con lo stesso spirito e gli stessi valori. Oggi allena il Corato, in Eccellenza.
"Niente raccomandazioni. Con me giocheranno solo i più bravi - disse quando era al timone delle giovanili del Bari - Io ho giocato con gente che oggi allena a buoni livelli, da De Zerbi a Nicola, passando per Stellone, ma non mi sono mai sognato di chiedere aiuto. Da quando ho assunto questo incarico, ho ricevuto telefonate di amici che si sono lamentati perché non ho convocato i loro figli".
Perché Doudou è fatto così, non è mai cambiato. Tanta serietà e zero eccessi, probabilmente nel calcio attuale non esistono più giocatori così.
"Ai miei ragazzi insegno che nel calcio, come nella vita, bisogna dare il massimo per essere con la coscienza a posto. Io da calciatore non ero un fenomeno, ma con grande impegno e serietà mi sono tolto belle soddisfazioni".
