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PSG-Manchester CityGoal

Bianchi e Bojinov contro Erdinc e Giuly: PSG-Manchester City prima degli sceicchi

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La finale anticipata, la sfida delle stelle, il match più atteso, le due grandi favorite l'una di fronte all'altra. Tutto questo è PSG-Manchester City, il piatto forte delle fase a gironi di Champions League: da un lato Mbappé, Neymar e Messi, dall'altro Foden, Gabriel Jesus e Mahrez. Difficilmente si può trovare di meglio su un campo di calcio a livello mondiale.

Oggi PSG e Manchester City sono probabilmente i club più ricchi e potenti del pianeta pallone, forti dei loro multimilionari (o meglio, multimiliardari) proprietari. La Qatar Investment Authority dello sceicco Al-Thani ha reso grande il PSG a partire dal 2012, mentre l'Abu Dhabi United Group del principe Mansour ha deciso nel 2008 di trasformare il brutto anatroccolo di Manchester in un cigno, dopo il precedente tentativo fallito del thailandese Thaksin Shinawatra, che ha dovuto vendere il City in fretta in furia come conseguenza di uno scandalo politico che lo aveva coinvolto in patria.

Ma com'erano PSG e Manchester City prima di diventare ciò che sono oggi? Com'erano PSG e Manchester City prima dell'arrivo di sceicchi e principi? La storia dei due club è lunga e antica, per questo motivo abbiamo deciso di analizzare soltanto quello che è stato l'ultimo anno di PSG e City prima della loro svolta epocale. Si tratta della stagione 2010-2011, per quanto riguarda il Paris, e della stagione 2007-2008, nel caso dei Citizens.

IL PSG DI NENE' ED HOARAU

PSGGoal

Siamo  nella stagione 2010-2011, il PSG è reduce da una serie di campionati disastrosi, compensati in parte dalle vittorie in Coppa di Francia e in Coppa di Lega, che gli hanno permesso almeno di guadagnarsi l'accesso in Europa League. Il PSG non vince il titolo dal 1994 ed è arrivato soltanto una volta tra le prime tre della classifica negli ultimi dieci anni.

La dimensione è quella di un club di metà classifica, a volte persino inferiore. Nel 2008 il PSG arriva 16°, salvandosi dalla retrocessione solamente all'ultima giornata. Oggi siamo abituati a vedere il Paris sborsare cifre a tre numeri per acquistare Neymar e Mbappé, ma nell'ultima stagione 'pre-sceicchi' l'acquisto più costoso è il brasiliano Nenè, prelevato dal Monaco per 5 milioni di euro. Sotto di lui Bodmer e Tiené, che in due costano appena quattro milioni.

La squadra nel complesso non è male: c'è l'esperienza di Giuly, Armand e Makelele, ma anche la freschezza di giovani talenti come Sakho, Chantome e Mevlut Erdinc. Il tecnico Kombouaré ha a disposizione una rosa con cui può tranquillamente puntare alla qualificazione in Champions, ma la partenza è tutt'altro che lanciata. Il PSG perde la Supercoppa con gli odiati rivali del Marsiglia e vince soltanto una partita nelle prime quattro giornate di campionato.

La svolta coincide con il 4-0 all'Arles-Avignone, che dà il via a un periodo positivo nel quale il PSG si arrampica fino al 2° posto al termine del girone d'andata, a -4 dal Lille capolista. I parigini passano anche il girone di Europa League con Borussia Dortmund e Siviglia da imbattuti e per un periodo sono i rivali principali del Lille per la lotta al titolo. Ma l'illusione dura poco. Il PSG piano piano si sgretola, pecca di continuità e conclude la stagione nel peggiore dei modi: fuori dall'Europa League per mano del Benfica, fuori dal podio e quindi dalla Champions, e per finire sconfitto in finale di Coppa di Francia proprio dal Lille di Rudi Garcia, Gervinho ed Hazard, che chiude un'annata fantastica con uno storico double.

Il capocannoniere stagionale del PSG è Nenè, con 14 reti complessive. Dietro di lui Hoarau con 10 ed Erdinc con 8. Solo 6, invece, i goal di Giuly. Il calciatore più utilizzato è Jallet, mentre chi vive una stagione da incubo è Mateja Kezman, che scende in campo soltanto in tre occasioni e colleziona appena 78 minuti in tutte le competizioni. In quel PSG c'è anche un 17enne Areola, che vivrà più o meno da protagonista l'evoluzione del PSG come lo conosciamo oggi, e un altro baby talento di cui si parla benissimo. Il suo nome è Bahebeck e finirà per perdersi strada facendo, passando anche dalla Serie A con la maglia del Pescara.

L'estate del 2011 è quella della rivoluzione quatariota: a Parigi arrivano Pastore, Thiago Motta, Gameiro, Matuidi, Menez, Momo Sissoko, Sirigu, Alex, Diego Lugano e Maxwell per un totale di 107 milioni di euro spesi. La panchina viene affidata a un certo Carlo Ancelotti, l'uomo che al secondo tentativo - il primo anno dell'era Al-Khelaifi, infatti, si concluderà con la clamorosa vittoria del Montpellier - riuscirà a riportare il titolo a Parigi dopo 19 anni.

IL MANCHESTER CITY DI BIANCHI E BOJINOV

Manchester CityGoal

Rispetto a quello del PSG, il cambiamento del Manchester City è ancora più eclatante. Vuoi perché i Citizens sono reduci da ben 32 anni senza l'ombra di un trofeo e vuoi perché le uniche qualificazioni europee arrivano soltanto grazie alla classifica del fair play, un ranking utilizzato dalla UEFA tra il 1994 e il 2015 per assegnare tre posti nel primo turno di qualificazione di Europa League.

Il Manchester City che si affaccia alla stagione 2007-2008 è una squadra ancora alla ricerca della propria identità. Prima dell'arrivo degli emiri, è il thailandese Thaksin Shinawatra, proprietario della UK Sport Investments, a tentare di costruire un grande Manchester City. In panchina arriva Sven-Goran Eriksson e il mercato (almeno nelle cifre) è piuttosto importante: si pesca soprattutto in Serie A con gli arrivi di Rolando Bianchi e Valeri Bojinov, pagati rispettivamente 13 ed 8 milioni di euro. Insieme a loro arrivano anche Corluka, il talentuoso brasiliano Elano, il bulgaro Martin Petrov dall'Atletico Madrid, il centrocampista Gelson Fernandes (che ha giocato anche in Italia con Chievo e Udinese)e altri due attaccanti, Benjani e un giovanissimo Felipe Caicedo, proprio lui, quello della Lazio.

Insomma, non ci vuole molto a capire che al Manchester City c'è una leggera confusione. Tanti giocatori, troppi giocatori, e un assetto tecnico-tattico tutt'altro che chiaro. Ma nonostante questi presupposti non proprio incoraggianti, l'inizio di stagione del City è assolutamente folgorante. Nelle prime tre giornate di Premier fa percorso netto, battendo persino lo United nel derby con goal di Geovani, un altro dei tanti acquisti del mercato estivo. Sembra andare tutto alla grande, il City vince sette partite nelle prime dieci giornate e arriva alla sfida con il Chelsea di Abramovich con tutto l'entusiamo del mondo.

A Stamford Bridge, però, non c'è proprio storia: il Chelsea vince 6-0 e mette improvvisamente a nudo tutte le problematiche del City. La squadra di Eriksson chiude comunque il girone d'andata con un ottimo 5° posto, nonostante la delusione per la sconfitta nei quarti di Coppa di Lega contro il Tottenham e la rabbia dei tifosi per l'eliminazione in FA Cup per mano di una squadra di Championship (Serie B), lo Sheffield United. Ma il peggio deve ancora venire e si manifesta con un girone di ritorno disastroso, nel quale il Manchester City vince appena cinque partite, riuscendo però a bissare clamorosamente la vittoria nel derby con lo United futuro campione, 2-1 all'Old Trafford, con reti di Vassell e Benjani.

Paradossalmente, nonostante l'infinito numero di attaccanti in rosa, il vero problema del City di quell'anno è proprio la mancanza di un trascinatore offensivo. Giocano più o meno tutti, ma a segnare sono in pochi. Il capocannoniere stagionale del resto è Elano, che punta non è, con 8 reti. Lì davanti si alternano Darius Vassell - il migliore di tutti con 6 goal in 32 partiteRolando Bianchi (che si ferma a 5),Benjani, Emile Mpenza, Samaras, Caicedo e pure un 17enne Daniel Sturridge. Il più sfortunato è Bojinov, che si rompe subito il crociato e mette insieme appena 50 minuti in tutta la stagione. E anche in porta i cambi non mancano: il titolare è Hart, ma durante la stagione giocano pure l'ex Juve Isaksson e il figlio d'arte Kasper Schmeichel. Da segnalare anche la presenza di alcune vecchie conoscenze del calcio italiano come Ousmane Dabo, ceduto a gennaio alla Lazio senza aver praticamente mai giocato, e Micah Richards, a quei tempi uno dei migliori prospetti del calcio inglese.

Alla fine il City conclude il campionato al nono posto, qualificandosi in Europa League solo grazie tanto caro ranking fair play, ma l'ultima partita della stagione, che poi è anche l'ultima partita del Manchester City pre-sceicchi, coincide con un'umiliazione dalla portata storica. I Citizens vengono infatti travolti 8-1 (no, non è un errore, ne hanno presi otto!) dal Middlesborugh. Dopo questa sberla il vecchio City lascia spazio al nuovo City, quello firmato Abu Dhabi United Group, che nell'estate del 2008 dà il via al suo ambizioso progetto con l'acquisto record di Robinho e quelli di Jo, Bellamy, Nigel De Jong, Wright-Phillips, Bridge, Given, Kompany e Zabaleta per un totale di 157 milioni di euro spesi

Micah Richards e Joe Hart saranno gli unici superstiti di quel Manchester City a conquistare il titolo nel 2012 dopo 44 anni di astinenza, con Roberto Mancini in panchina. Anche in questo caso c'è voluto un tecnico italiano, come Ancelotti a Parigi, per tornare ad essere finalmente vincenti.

E adesso una chicca finale, il primo e l'unico confronto in Europa tra il PSG  e il Manchester City prima degli sceicchi. Era il 3 dicembre del 2008 e le due squadre si affrontarono nella fase a gironi di Coppa UEFA in gara secca a Manchester, come prevedeva lo strano regolamento dell'epoca. Quanto finì quella partita? Beh... 0-0.

Ecco il tabellino:

MANCHESTER CITY-PSG 0-0

MANCHESTER CITY (4-3-3): Hart; Zabaleta, Dunne, Ben Haim, Garrido; Elano (49' Benjani), Kompany, Ireland; Sturridge, Jo (65' Evans), Vassell (76' Hamann). Allenatore: Mark Hughes

PSG (4-4-2(: Landreau; Camara, Traorè, Bourillon, Sakho; Pancrate (69' Giuly), Clement, Makelele (59' Armand), Rothen; Luyindula, Kezman (69' Hoarau). Allenatore: Paul Le Guen

Arbitro: Bruno Paixao

Ammoniti: Kezman

Espulsi: nessuno

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