Gregario ovvero "nel linguaggio sportivo, i corridori che nelle gare a squadre, soprattutto ciclistiche, hanno il compito di aiutare il proprio capitano durante la corsa e favorirne con tutti i mezzi leciti la vittoria". La definizione della Treccani calza a pennello per raccontare cosa è stato Beppe Furino a coloro che non lo hanno mai visto correre e lottare su un campo di calcio.
Nato a Palermo, la vita di Furino si è divisa tra la città natale e quella adottiva anche a livello calcistico. Torino lo accoglie all'età di quindici anni e cresce nella scuola calcio della Juventus, allora chiamata NAGC, prima di andare in prestito a Savona e poi tornare proprio nella 'sua' Palermo con cui gioca una stagione da terzino sinistro e segna il primo goal in Serie A. Anno che Furino ha ricordato intervistato da 'Tuttojuve'.
"Ero cresciuto nel settore giovanile della Juventus e venivo da un paio di campionati a Savona fra B e C; la società bianconera voleva prendere il rosanero Benetti ed io fui girato in prestito al Palermo, che era appena approdato in serie A. C’era un grande entusiasmo, il Palermo tornava nel massimo campionato dopo cinque anni. Le prime due giornate giocammo in trasferta: all’esordio a Cagliari e perdemmo 3-0, due goal di Riva e uno di Boninsegna; poi a Torino contro la Juventus portammo a casa un bel pareggio. Finalmente, arrivò il debutto allo stadio Favorita, ospitavamo l’Inter di Mazzola, Corso, Suarez e Jair. Lo stadio poteva tenere 40.000 spettatori ma, secondo me, non erano meno di 60.000. C’era un tale frastuono che non riuscivo a sentire nulla di quello che si diceva sul campo. Riuscimmo a fare 0-0, come la settimana precedente. La seconda emozione la provai entrando a San Siro, dove quell’anno pareggiammo sia contro l’Inter che contro il Milan. A fine campionato ritornai alla Juventus, dove sono rimasto tutta la carriera".
E che carriera. Furino in quindici stagioni vince otto Scudetti, record condiviso per anni con Giovanni Ferrari e Rosetta ma superato nel 2018 da Gigi Buffon, oltre a due Coppe Italia, una Coppa UEFA e una Coppa delle Coppe. Per uno strano scherzo del destino peraltro la prima con la Juve è proprio contro il Palermo, travolto per 4-1 in rimonta dai bianconeri ed a calare il poker è lo stesso Furino al quale basta pochissimo per conquistare tifosi, allenatori e addetti ai lavori.
Brevilineo ma muscoloso, Furino è stato un mediano infaticabile e molto duro nei contrasti tanto da meritarsi il soprannome 'Furia' poi trasformato dal giornalista e concittadino Vladimiro Caminiti in 'Furia-furin-furetto'. Lo stesso Caminiti su 'Tuttosport' di lui scriverà: "Nella sua storia leggendaria la Juve ha avuto eccelsi gregari. Ma nessuno all'altezza di questo nano portentoso, incontrista e cursore, immenso agonista, indomabile nella fatica, i piedi come uncini dolorosi in certe circostanze". Mentre per qualcun altro con Furino 'la classe operaia è andata in paradiso'.
Capace di marcare a uomo tutti i maggiori campioni della sua epoca: da Bulgarelli a Mazzola e Rivera, il tutto giocando senza parastinchi come il suo idolo Omar Sivori, anche se a folgorarlo sarà Luis Del Sol.
"L’amore vero è nato quando ho visto all’opera Luis Del Sol, rimanendo incantato dal suo modo di stare in campo: grinta, temperamento, corsa, intelligenza tattica. E la maglia numero quattro è diventata la mia".
Dopo un iniziale periodo di ambientamento Furino diventerà presto un punto fermo della Juventus prima sotto la guida di Armando Picchi e poi con Cestmir Vycpalek, che gli permette finalmente di giocare in quello che da sempre sente come il suo ruolo: mediano. A puntare forte su Furino però è soprattutto Giampiero Boniperti, del quale diventerà un pupillo e che nel 1991 lo richiama in società come responsabile del settore giovanile, ruolo ricoperto con ottimi risultati fino al 1998.
"Mi sono realizzato in una Juventus vincente, una Juventus che mi ha insegnato che, per andare avanti, bisogna darci dentro, per ottenere il risultato attraverso il gioco e la lotta".
Non solo, Furino nel 1976 diventa anche il capitano della Juventus dopo la partenza di un altro siciliano, Pietro Anastasi. Ma guai a chiamarlo bandiera: "Capitano sì, bandiera no. Non mi è mai piaciuto l'accostamento con le bandiere, che stanno alte in cima a un pennone. Io stavo rasoterra, a lottare". Manterrà quindi la fascia per i successivi sette anni contribuendo in modo decisivo all'epopea dell'epoca trapattoniana. Il carattere d'altronde non gli è mai mancato, come quella volta che cacciò un tifoso troppo critico di ritorno dal trionfo in Coppa UEFA. Episodio confermato al 'Guerin Sportivo' qualche tempo fa.
"Questo è vero. Successe all’aeroporto di Caselle, dopo aver vinto la Coppa Uefa contro l’Athletic Bilbao. Tornammo a Torino su un aereo privato della Fiat, io scesi per primo con la Coppa in mano. Misi piede a terra e vidi davanti a me un tifoso che l’anno prima era stato tra i più accaniti nelle critiche e nelle offese. Gli dissi: “Brutto bastardo, levati subito di lì sennò la Coppa te la spacco in testa”.
Mentre in campo a contraddistinguerlo è la grande correttezza nei confronti di arbitri e avversari, salvo una rarissima eccezione.
"Simulazione? Una volta sola, nella finale di ritorno della Coppa Uefa a Bilbao. Finsi di aver ricevuto una spinta. Ma lì c’era bisogno di rifiatare e di spezzare il ritmo dei baschi. L’arbitro abboccò, per fortuna".
Il più grande rammarico restano invece le due finali di Coppa dei Campioni perse oltre al capitolo Nazionale, dove Furino non riuscirà mai a conquistarsi un posto da protagonista.
Furino ha disputato solo tre partite in maglia azzurra, una delle quali durante i Mondiali del 1970 quando si è laureato vicecampione. Tornerà in Nazionale tre anni dopo ma non sarà convocato per la rassegna iridata del 1974. Una grossa delusione specie dopo le parole spese per lui dall'allora Ct Valcareggi: "Ho trovato finalmente il mediano di questa squadra".
La carriera bianconera di Furino invece termina di fatto con l'arrivo in squadra di Michel Platini, specie dopo una della classiche battute dell'Avvocato Agnelli: "È inutile avere Platini, se il gioco passa attraverso i piedi di Furino". Trapattoni si allinea e lo sostituisce con Bonini, salvo schierarlo nella stagione successiva a scudetto già acquisito nel secondo tempo della gara contro l'Avellino permettendogli così di conquistare il suo ottavo tricolore all'ultima presenza in assoluto.
Una volta appese le scarpette al chiodo, come detto, Furino è rientrato alla Juventus qualche anno più tardi restando in società fino al 1998. Nel 2021 purtroppo anche lui ha dovuto fare i conti col Covid, superando la malattia che però si è portata via l'amata moglie Irene. Un dolore che l'ex mediano bianconero non ha superato anche perché, come raccontato a 'Il Corriere della Sera', convinto di aver fatto da involontario 'untore'.
"Sono frastornato, è successo tutto troppo in fretta. Temo di aver fatto da untore, portando a casa il virus. Ci ha preso tutti in famiglia, ma mentre noi guarivamo lei iniziava ad avere problemi seri di saturazione. Dopo il ricovero non l’ho più vista, non dimenticherò mai questo dolore tremendo".
Lo scorso 22 febbraio è stato ricoverato a causa di un'emorragia cerebrale. Esattamente un mese dopo, Furino è stato dimesso dall'ospedale Santa Croce di Moncalieri e successivamente trasferito in una clinica per seguire il percorso riabilitativo.
L'ennesima partita da vincere per un guerriero abituato a non arrendersi mai. In campo e fuori.


