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Aurora Galli EvertonGetty Images

Aurora Galli a GOAL: "Ho lasciato la Juventus perché volevo vivere nuove sfide"

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AuroraGalli in estate ha deciso di fare una scelta di vita: ha deciso di lasciare la Juventus dopo 4 campionati vinti consecutivi e trasferirsi all’Everton per affrontare la sfida della Women’s Super League inglese. Una nuova avventura, a 25 anni, per crescere ancora di più. Tra campo e nazionale, ‘Yaya’ si è raccontata a GOAL.

Come mai ti chiamano ‘Yaya’?

“Quando ero piccola non riuscivo a pronunciare la ‘r’ di Aurora. Ma non mi piaceva sentirlo pronunciato ‘Auwowa’. E neanche a mia mamma. Mio zio è tedesco e lo sentivo sempre dire ‘ja, ja, ja’ (‘sì, sì, sì’ ndr). Mia mamma ha deciso che il mio nome sarebbe stato Yaya, più facile da pronunciare”.

Ti sei abituata all’accento ‘Scouse’ tipico di Liverpool?

“Assolutamente no! Non lo capisco. E poi qui nessuno parla italiano, anche se alcune mie compagne a volte ci provano”. 

Che cosa ti manca maggiormente dell’Italia?

“Dell’Italia mi manca il cibo. Qui è ok, ma in Italia è diverso. Ho scoperto diversi ristoranti italiani buoni qui a Liverpool: uno si chiama ‘Il Forno’ e ci trascino le mie compagne, ci vado almeno una volta ogni due settimane. 
Ovviamente mi mancano anche i miei amici, li sento ogni giorno, e anche la mia famiglia. A volte torno a casa, ma non per più di una settimana. Poi è abbastanza! Mia sorella e mia mamma sono venute qui al mio compleanno, ma solo per 3-4 giorni. Invece mio papà ha paura di volare, quindi penso che quest’estate arriverà qui in macchina quando ci saranno gli Europei. Sono venuti anche al Mondiale in Francia.  Sarà un viaggio molto lungo”.

Ho letto che vuoi anche portare le tue compagne di nazionale in tour a Liverpool durante gli Europei. Sai già dove portarle?

“Abbiamo la sede del ritiro a Manchester, ma ho già parlato col team manager e mi ha detto che uno o due giorni possiamo venir qui, almeno per fare un giro in città, vedere il centro e prendere un caffè… Che qui è molto buono!”
Aurora Galli Italy 2019Getty Images

Non ci sono molte giocatrici italiane all’estero, In che modo giocare lontano da casa ti ha reso migliore in campo?

“Bisogna essere pronti. Per me è una lezione di vita. Voglio imparare tutto. Quando me lo chiedono, rispondo sempre che sono venuta qui perché voglio vedere com’è la vita, cos’è il calcio, che differenza c’è. Principalmente noto una differenza fisica e atletica. In Italia si pensa molto alla tattica. Basta vedere la Juve in Champions League: tatticamente han giocato benissimo contro Chelsea e Lione, ma fisicamente hanno patito la differenza. Quando mi alleno in nazionale rispetto a qui, mi sembra di allenarmi ‘con la sigaretta’, è molto più semplice. All’inizio è stato difficile abituarmi. Qui si corre con la palla, in Italia si corre… e basta”.

Che differenze hai riscontrato tra l’Italia e l’Inghilterra a livello culturale?

“In Italia non si gioca in veri stadi, si gioca solo davanti a 300 persone, per esempio. Qui ce ne sono migliaia ogni volta. In Italia la squadra si tifa, ma si segue meno. Sugli spalti ci sono più le famiglie di noi che giochiamo che i tifosi. Qui invece il calcio è vita”.

Pensi che la tua esperienza all’estero ti permetta di portare qualcosa di nuovo alla nazionale?

“Sì, penso di avere più esperienza. Negli allenamenti parlo di più, me ne rendo conto. Vedo movimenti differenti perché siamo abituati a fare cose diverse. A volte le mie compagne mi dicono di stare zitta…  Ma lo faccio per aiutarle! Anche fuori dal campo mi chiedono tante cose dell’Inghilterra e dell’Everton, mi piace parlarne”

Cosa racconti in particolare?

“Che all’inizio era molto difficile, raccontavo le mie emozioni… Ho anche pianto quando ho iniziato a parlarne! Mi sentivo sola perché non conoscevo nessuno, non avevo nessuno con cui parlare. Poi mia sorella mi ha aiutato soprattutto nella comprensione: prima di rispondere alle persone qui dovevo capire cosa dicevano. E racconto sempre che la mia nuova vita mi piace. Mi sento rinata. Ora vedo tante persone, ho molti amici”.

In Italia con la Juventus hai vinto molto. Oggi invece l’Everton sta avendo una stagione difficile: decimo posto su 12, 18 punti in 20 partite.

“Sono ovviamente delusa, arrivo da quattro anni di vittorie con la Juventus e non sono abituata a  non vincere ogni weekend. È stato difficile. Alla Juve ero nella mia comfort zone. Se fossi rimasta avrei vinto ancora, ma volevo migliorare ancora, volevo vivere nuove sfide. Quando ho detto alle mie amiche Lisa Boattin e Arianna Caruso, mie compagne anche in nazionale, che sarei partita, loro mi hanno detto ‘no, tu resti qui’ perché volevo rimanessimo tutte insieme. Allora io ho risposto: ‘Andiamo tutte e tre insieme’. Volevo partire davvero.
Dobbiamo cercare di finire bene la stagione e raccogliere quanto possiamo in questo finale. Cambiare due allenatori non è una buona cosa per nessuno, ovviamente. Il gruppo però è diventato più forte, anche se dobbiamo migliorare la  nostra mentalità. Siamo forti, unite e questo ci dà forza. La prossima stagione andrà meglio.
Quest’estate abbiamo cambiato 9 giocatrici, è difficile giocare insieme. Sono fortunata perché credo di saper capire e leggere le persone velocemente”.

Aurora Galli Juventus Women 2018/19Getty Images

Cosa ti aspettavi quando sei partita per l’Inghilterra?

“Di correre, correre e ancora correre. Ed è ciò che ho trovato! Avevo sfidato Arsenal e Chelsea con la Juve, avevamo difeso 90 minuti. Volevo provare a stare dall’altra parte, in una lega così competitiva. Il livello è molto alto e molto vicino tra tutti i club. Contro l’ultima in classifica in Italia, per dire, finisce sempre 7-0”.

Qual è la tua squadra del cuore?

“Sono nata a Milano e sono sempre stata tifosa dell’Inter, come papà e mio fratello. Mia mamma è juventina. Sono cresciuta con papà che mi portava a San Siro e mamma che gli diceva di portarmi anche a vedere la Juventus. Ho anche cominciato nell’Inter, poi ho giocato anche nella Juve. Mia mamma era molto felice!
Per due volte sono scesa in campo con i giocatori a San Siro. La prima volta ero con il mio idolo Javier Zanetti. Ero pietrificata. Non capivo nulla! Avevo 8 anni, mi guardavo intorno… e mi sentivo piccola.
Ho anche incontrato Zanetti cinque anni fa. Una grande persona. Volevo diventare come lui. Non gliel’ho detto però che una volta gli ho tenuto la mano…”.

Il Mondiale del 2019 è stato un grande momento per il calcio femminile italiano. Avete sentito che qualcosa stava cambiando? Quando l’avete realizzato?

“In quel periodo non capivo nulla, vivevamo in una bolla. Al nostro ritorno l’ho capito. Quando son tornata nel mio paese la piazza era piena, erano tutti lì per me. Alla piccola Yaya non l’avrei mai potuto dire: era un sogno e continuo a seguirlo”.
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