Pubblicità
Pubblicità
Antonio Benarrivo ItalyGetty Images

Antonio Benarrivo, il 'Pollicino' di Brindisi: dalla finale di USA '94 a impresario edile

Pubblicità
"La mia vita calcistica è stata un insieme di tasselli incastratisi nel modo giusto, al momento giusto" - Antonio Benarrivo ad 'agendabrindisi.it'

Giocatore generoso, di grandi capacità di corsa e resistenza, ambidestro e dotato di buona tecnica, Antonio Benarrivo nei 90 minuti andava su e giù per la fascia come un motorino inesauribile.

Piccolo di statura (un metro e 70 centimetri di altezza per 68 chilogrammi di peso forma) è stato per questo soprannominato 'Pollicino', come il protagonista della nota fiaba per bambini di Charles Perrault.

Sapeva rendersi prezioso sia in fase offensiva, fornendo cross ai compagni, sia in quella difensiva, grazie alla sua velocità che spesso gli permetteva di effettuare grandi recuperi sulle punte avversarie.

Grazie a queste qualità Benarrivo approda prima nel Parma, club con cui negli anni Novanta del secolo scorso vincerà 8 trofei, guadagnandosi negli ultimi anni l'appellativo di 'Re di Coppe', poi in Nazionale azzurra, con la quale nel 1994 sfiorerà il titolo mondiale, rivelandosi come uno dei giocatori dal rendimento più alto della squadra di Sacchi. È ancora oggi il giocatore più vincente e il recordman di presenze in Serie A del Parma.

DAL BASKET AL CALCIO

Antonio Benarrivo nasce a Brindisi, in Puglia, il 21 agosto 1968. Il suo primo approccio con lo sport avviene attraverso il basket: il futuro terzino gioca infatti come playmaker, dimostrando agilità e visione di gioco.

Nella pallacanestro ha tuttavia il grosso limite della statura e così, presto, decide di provare a sfondare nel calcio.

"Ho tirato i miei primi calci nel piccolo piazzale antistante la chiesa di San Benedetto - racconta ad 'agendabrindisi.it' -, improvvisato a campetto di calcio. Praticamente è la strada che mi ha formato".

Una serie di coincidenze che si verificano nel suo percorso lo porteranno a diventare un calciatore professionista.

"Successe che mi vide giocare Rino Turco, un uomo di sport che adesso non c’è più - ricorda -, che si è sempre dedicato al Settore giovanile e che faceva parte di una società di calcio, ossia la Polisportiva Santa Chiara. Parlò con mio padre sollecitandolo a farmi passare a quella società, il cui allenatore era mister Milocco. Il campo di allenamento si trovava dove attualmente c’è il convento".
"Successivamente mi notarono alcuni dirigenti del Casale Sport e mi vollero con loro. Lì trovai come allenatore Salvatore Rizzo. A quei tempi giocavo nel ruolo di ala, fu mister Roberto Prudentino, che notò che avevo una buona corsa e che ero molto caparbio, a trasformarmi in terzino. Mi disse che viste le mie caratteristiche, partendo dalla difesa, si potevano sfruttare meglio le mie qualità. Aggiunse che avrei difeso anche bene. Fu lui a scoprirmi difensore fluidificante".
"Dopo un anno di permanenza al Casale Sport - prosegue Antonio nel suo racconto -, grazie a Tonino Carriero passai alla Gioventù Brindisi, all’epoca seconda società di calcio della città, dove tra gli altri, venni seguito da mister Enrico Bastiani".

Il secondo tassello determinante della sua carriera calcistica arriva un anno più tardi.

"Ci fu la fusione tra Gioventù Brindisi e Brindisi Calcio - ricorda Benarrivo - e mi ritrovai, insieme a tanti altri ragazzi, a fare parte delle Giovanili della prima squadra della città".
"Nel gruppo di cui facevo parte, c’erano tanti giovani calciatori forti. Per esempio ricordo Massimo Gigliola, che era un centrocampista con i piedi fatati. Aveva dei piedi fantastici, ma si è perso. Poi Francesco Taveri, Roberto De Vitis, ottimo centrocampista, anche lui dai piedi buoni buonissimi, pure lui un talento inespresso. Per non parlare di Vincenzo Gagliano ed Eupremio Carruezzo".
"Anche se sei bravo non è sufficiente, non sempre nel calcio due più due fa quattro. Devono capitarti le giuste occasioni e tu devi essere bravo a sfruttarle. Nella mia vita, mi riconosco il grande merito di aver cavalcato le occasioni che mi sono capitate. Ognuno le chiama come vuole, io le chiamo coincidenze".

I PRIMI PASSI FRA BRINDISI E PADOVA

Il debutto fra i professionisti avviene per il terzino in Serie C1 nella stagione 1986/87, all'età di 18 anni. Curiosamente il suo primo ruolo in cui viene utilizzato, nonostante Antonio sia un destro naturale, è quello di terzino sinistro.

"Calcisticamente nasco destro - spiega Benarrivo -. Prima di partire per il ritiro con il Brindisi Calcio, partecipai ad un torneo estivo che si disputava sul campetto di calcio della spiaggia di Sant’Anna. In quell’occasione ebbi una distorsione alla caviglia destra. Di conseguenza, quando andai in ritiro con il Brindisi, avevo dolore all’articolazione del piede".
"Da quel momento, per non sforzare il piede dolorante, ho cominciato ad allenarmi e ad utilizzare sempre più il piede sinistro. Strada facendo, sono sempre migliorato. Da notare che questo fatto ha influito per il resto della mia carriera, non solo per aver imparato ad utilizzare sempre più il sinistro, ma anche perché se la distorsione fosse stata più invasiva, tutto si sarebbe fermato a quel giorno e addio calcio".
"Quell'anno (il 1986/87, ndr) il presidente del Brindisi era Biagio Pascali e, non avendo più risorse economiche, decise di affidarsi al Settore giovanile, più tre over, Borsani, Ciraci e Zaccaro. Partecipammo così al campionato di C1 con la Juniores, di cui facevo parte io, con i tre over. All’inizio l’allenatore era Giuseppe Leo, in seguito la squadra venne affidata ad Ansaloni, il quale gradualmente mi diede sempre più spazio".
"L'esordio fu a Caserta. Quando giochi a calcio speri che prima o dopo accada. È il desiderio di tutti i giovani. Indipendentemente dalla categoria è bello in ogni caso esserci. Da brindisino, esordire con la maglia della tua città è molto bello e dà un sacco di emozioni".

La salvezza arriverà in extremis per i pugliesi, mentre nella stagione successiva Benarrivo, a 19 anni, diventa già un titolare della squadra della sua città.

"Nel 1986/87 ci salvammo all'ultima giornata - racconta l'ex terzino -, grazie ad un pareggio per 0-0 in casa contro la Reggina. Lo stadio era stracolmo con un’atmosfera surreale. Fu una partita indescrivibile, una continua melina delle due squadre… che avevano entrambe bisogno di un punto per raggiungere i propri obiettivi".

Nel 1987/88 Benarrivo è promosso titolare e disputa 31 gare di campionato dopo le 14 del suo primo anno, mentre per la squadra la grande occasione arriva nel campionato di C1 1988/89.

"Il presidente era Mimmo Fanuzzi - ricorda Antono ad 'agendabrindisi.it' -. Mise insieme una squadra fatta di bravi calciatori. Facemmo un campionato quasi sempre da primi posti in classifica. La partita più importante la giocammo a Francavilla a Mare, con al seguito migliaia di tifosi. Quella partita pareggiata bisognava vincerla, e invece la pareggiammo 0-0".
"Durante la gara ci arrivò una notizia errata - rivela l'ex terzino -, e cioè che l’altra nostra concorrente per la promozione (il Palermo, ndr) stava perdendo e che il pareggio sarebbe stato sufficiente. In realtà quel pareggio non ci bastò (Catania-Palermo finì 1-1, ndr). Comunque in quell’occasione giocammo male. Non all’altezza. E quel pareggio sancì la nostra esclusione dalla B".

Se il Brindisi manca l'appuntamento con la Serie B, ecco che a Benarrivo, che ha un rendimento elevato e viene convocato nella Lega Nazionale Serie C Under 21, dopo 76 presenze e 2 goal in Serie C1 (31 gare e 2 goal nel 1988/89) con la squadra della sua città capita una nuova coincidenza fortunata che ne favorisce l'ascesa calcistica.

"Dopo il terzo campionato di serie C1 a Brindisi, con diverse convocazioni nella Nazionale under 21 di categoria, entri in un’altra ottica. Oramai ero entrato in un certo giro. Anche in quelle occasioni ci vogliono le congiunture. Si interessò a me il Direttore sportivo Piero Aggradi, scopritore di talenti quali Del Piero, Albertini e Di Livio il quale, quell’anno, avrebbe dovuto lavorare per il Perugia e voleva portare anche me. Il Perugia giocava in C1, quindi per me sarebbe cambiato poco. Invece Aggradi non trovò l’accordo con il Perugia e si trasferì a Padova in serie B e mi portò con lui".

In due anni con i biancoscudati Benarrivo si conferma un grande talento: 33 presenze e 3 reti il primo anno, più una gara in Coppa Italia, 36 partite e 4 centri personali il secondo, per un totale di 70 apparizioni e 7 goal. Ma inizialmente le cose sembravano mettersi male per lui.

"All'inizio lo stacco è micidiale e ho sofferto molto - sottolinea -. Lo stacco dagli affetti famigliari, dagli amici, dalla città, è stato devastante. La squadra era praticamente già fatta ed io ero il terrone della situazione che arrivava da Brindisi. Nonostante mi allenassi con grande impegno, venivo sempre messo in disparte dall’allora allenatore Ferrari. Nelle amichevoli facevo la mia partitina e finiva la".

Ancora una volta, però, ecco la buona sorte che consente ad Antonio di dimostrare il suo valore e diventare un punto fermo dell'undici titolare.

"In quella rosa, l’unico terzino sinistro di ruolo ero io. Prima che arrivassi a Padova, mister Ferrari aveva segnalato e fatto richiesta alla società, di prendere il centrocampista Piacentini, che arrivò in prestito dalla Roma. Quindi, dovendo giustificare l’acquisto, lo faceva giocare fuori posizione, come terzino sinistro".
"Ma ecco un altro tassello andare al posto giusto: si fecero male contemporaneamente due centrocampisti. Alle 13.30 del giorno dopo c’era la partita Padova-Cosenza. Mister Ferrari decise di spostare Piacentini nel suo ruolo originale, a centrocampo, poi venne da me e mi chiese se me la sentivo di giocare. Gli risposi esattamente in questo modo e con queste parole: 'Prego? Se me la sento di giocare? Mo' ti mangio pure a te'. Fu la mia occasione che finì con una prestazione eccellente, con la nostra vittoria (3-1), e con il terzo goal segnato da me".
"Da quel giorno - ricorda Benarrivo - entrai nelle grazie dei tifosi, dei giornalisti e della società. Solo in quell’occasione mister Ferrari capì che l’unico terzino della rosa ero io. Da allora utilizzò Piacentini nel suo ruolo a centrocampo e me in difesa a sinistra".

Il giocatore brindisino si impone con quelle che saranno sempre le sue grandi qualità, nonostante fisicamente pagasse dazio.

"Avevo le caratteristiche tipiche del terzino moderno - spiega -. Il terzino è colui che partecipa alle tre fasi di gioco. Difesa, centrocampo e attacco. Praticamente deve fare l'uomo in più nei tre reparti. Il famoso fluidificante. Ero bravissimo ad anticipare chi partiva. Quindi anticipavo e ripartivo (e negli anni seguenti lo avrebbe detto pure Sacchi). È l'unica arma con cui prendi in contropiede l’avversario. Hai più possibilità di fargli male. Per cui avevo queste caratteristiche di velocità, palla lunga e pedalare, fare veloci uno-due per poi fare un cross o arrivare in porta".
"Per fare il difensore - aggiunge - si dovrebbe essere alto e forte fisicamente, ma il fisico è relativo se non hai altre cose. Non ero alto, però 'prendevo' il pallone di testa ai famosi Casiraghi e Ravanelli. È fondamentale la scelta di tempo. Non è una cosa che hanno tutti, è una cosa innata. Avevo una grande elevazione, che mi sono e mi hanno sempre riconosciuto. Prendevo il pallone nella parte più alta della sua caduta".

Nella prima stagione i veneti raggiungono l'obiettivo della salvezza, mentre nel 1990/91 mancano per un solo punto la promozione in Serie A.

L'ARRIVO AL PARMA E I GRANDI SUCCESSI

Puntualmente, però, ecco per il terzino pugliese il nuovo tassello che fa da trampolino di lancio, per lui, verso i massimi livelli calcistici.

"Dopo due ottimi campionati a Padova - racconta - si interessò a me il Parma. Ma nonostante il passaggio da una squadra di serie B ad una di serie A, il trasferimento non l’ho vissuto con grande entusiasmo. Da terzino sinistro mi trovai nello stesso ruolo Alberto Di Chiara, che stava vivendo il momento migliore della sua carriera".
"Così pensai : 'Quest’anno sicuramente non gioco. Mi faranno fare qualche partita in Coppa Italia e mi daranno qualche contentino'. Non avevo molte speranze. L'allora allenatore Nevio Scala e mi considerava sempre un sostituto di Alberto Di Chiara. Lui era un'ala adattata a terzino. Piedi buoni, gamba buona, bravo al tiro. Praticamente impossibile togliergli il posto".

Invece ecco un altro tassello che si incastra, attraverso una bugia bianca detta al suo allenatore.

"Dovevo inventarmi qualcosa. Decisi di andare da mister Scala e visto che lui giocava con un 3-5-2, gli dissi: 'Mister, se lei dovesse avere bisogno, io sia a Brindisi che a Padova, quando veniva a mancare il terzino destro, venivo utilizzato a destra'. Era una bugia. Una bugia a fin di bene. Da quel momento nacque la coppia di terzini Benarrivo-Di Chiara".

Nel nuovo ruolo di terzino destro, Benarrivo fa il suo esordio in Serie A il 15 settembre 1991 al San Paolo di Napoli, subentrando al 67' al posto di Sandro Melli. Da allora, in pratica, giocherà sempre, diventando l'erede di Enzo Gambaro, il terzino della promozione, passato al Milan proprio nell'estate 1991.

Per la sua generosità e il cuore che mette sempre in ogni gara 'Pollicino', come viene ribattezzato per la sua statura non certo da gigante, diventa presto un beniamino dei tifosi gialloblù e uno dei giocatori più amati. E, naturalmente, uno degli elementi chiave dei grandi successi dell'era di Callisto Tanzi. Nel suo palmarès figurano infatti ben 8 trofei, e per questo il terzino

Nel 1991/92 vince subito la Coppa Italia, grazie al successo in finale sulla Juventus di Trapattoni, sconfitta 2-0 al Tardini dopo il k.o. di misura nell'andata di Torino. L'anno seguente arriva la gloria europea, con il trionfo di Wembley sull'Anversa (3-1) che regala agli emiliani la grande gioia della Coppa delle Coppe.

Sempre con Scala allenatore, Benarrivo conquista nel 1993/94 la Supercoppa europea, battendo il Milan di Capello vicecampione d'Europa (ammesso in sostituzione del Marsiglia). Anche in questa occasione, come accaduto 2 anni prima con la Juve, i ducali riescono a ribaltare il k.o. dell'andata in trasferta (1-0 per i rossoneri) imponendosi poi 2-0 nel match di ritorno al Tardini. Sfugge la seconda Coppa delle Coppe consecutiva, in virtù di una sconfitta di misura in finale contro l'Arsenal (1-0).

Ma i gialloblù si rifanno con gli interessi: nel 1994/95 arriva infatti per loro la Coppa UEFA, grazie ad un altro superando superando la Juventus di Lippi in una doppia finale molto combattuta (1-0 e 1-1 i risultati che premiano i ducali).

Gli altri titoli giungono per il Parma e per Benarrivo sotto altre gestioni tecniche.

"Nel 1999, con l’arrivo di Alberto Malesani in panchina, ci aggiudicammo un’altra Coppa UEFA battendo 3-0 in finale l’Olympique Marsiglia - ricorda l'ex terzino - e la seconda Coppa Italia, superando nel doppio confronto (1-1 e 2-2) la Fiorentina, grazie alle maggiori reti realizzate in trasferta. La stagione 1999-2000 si aprì con la vittoria per 2-1 nella Supercoppa Italiana contro il Milan a San Siro".
"I due anni successivi furono caratterizzati da un'alternanza continua di allenatori: Malesani, Sacchi, Renzo Ulivieri, Daniel Passarella, e infine il 'traghettatore' Pietro Carmignani. Con lui abbiamo vinto la terza Coppa Italia, superando la Juventus in finale con una sconfitta 1-2 a Torino e una vittoria a Parma per 1-0, ed io ho avuto l'onore di sollevare il trofeo da capitano".

In tutto appunto, 8 titoli, giocando tutte le finali, fatta eccezione per la Coppa UEFA 1999, che ne fanno, vista la lunga militanza nel club emiliano, il giocatore più vincente di quella provinciale di lusso che era il Parma, e colleziona un totale di 362 presenze e 6 goal in tutte le competizioni con la maglia gialloblù sulle spalle.

"Abbiamo vinto 8 trofei, a parte il campionato praticamente tutto quel che si poteva vincere. Tutto questo con una squadra di emeriti sconosciuti, almeno inizialmente".
"Limitatamente alla Serie A - sottolineerà -, sono il giocatore del Parma che, tra il 1991 e il 2004, ha giocato il maggiore numero di partite, accumulando 258 presenze e realizzando anche 5 reti".
Antonio Benarrivo Parma

Benarrivo è dunque un pezzo di storia del club gialloblù, eppure la sua carriera avrebbe potuto essere diversa: nell'estate del 1994 a cercarlo è infatti la Juventus di Lippi.

"Dopo il Mondiale di USA '94 mi voleva la Juventus - ricorderà -. Incontrai Moggi e il mio procuratore, Fedele. Quindi andai a colloquio con il presidente Tanzi. Mi disse che voleva vincere e se si fosse privato di me, che considerava uno dei migliori, non ci sarebbe riuscito. In quell’occasione, avrei potuto puntare i piedi per andare a giocare a Torino, ma non me la sono sentita per una questione di riconoscenza e correttezza. Mi alzai e a fine colloquio gli dissi: 'Mi metto nelle sue mani'. In quell'occasione mi parlò di un futuro contratto dirigenziale in gialloblù. Poi sappiamo tutti come è finita...".

Fra gli allenatori avuti in gialloblù, anche un allora giovane Carlo Ancelotti e Cesare Prandelli negli ultimi 2 anni.

"A Carlo ho salvato la panchina con un goal a Vicenza - ricorderà -. Lo realizzai all'85', pareggiammo 1-1 a Vicenza. La società gli aveva detto apertamente che se avesse perso quella partita sarebbe stato esonerato. Con quel goal credo di avergli salvato la panchina e poi la carriera".
"Quell’anno da quart’ultimi, nei primi di dicembre, arrivammo secondi a due punti dal primo posto e dal vincere lo Scudetto, poi conquistato dalla Juventus. Da quella partita in poi il Parma non si è mai più fermato. Vinse spesso, con qualche pareggio. Facemmo una risalita incredibile. Infatti da lì in poi, Ancelotti si è consacrato allenatore mondiale".

Tanti i compagni di quella bella avventura con cui ha legato: da Fabio Cannavaro, che è stato suo compagno di stanza, al giovane Gigi Buffon, passando per il colombiano Tino Asprilla, quello che, parole di Benarrivo, era "il più pazzo di tutti".

"Appena arrivato era timidissimo - racconterà a 'Il Posticipo' -, andava sotto la doccia quando tutti la avevano finita perché si vergognava. Quando è entrato nel sistema si è dimostrato ciò che era: un pazzo, ma un pazzo positivo. Ogni tanto aveva qualche disavventura con la macchina, ai calciatori sudamericani capita spesso". 

VICECAMPIONE DEL MONDO IN NAZIONALE

Le grandi prestazioni con il Parma portano presto Antonio Benarrivo a giocare nella Nazionale maggiore, dopo aver militato anche nella Lega Nazionale Serie B Under 21.

"La convocazione arrivò nel settembre 1993. Sinceramente, quando vinci tanto in Italia e in campo internazionale, niente può più sorprenderti. Oramai quasi tutti i miei tasselli erano andati al loro posto. Però per esserci arrivato, non bisogna dimenticare come. Se non fossi passato a destra, a sinistra sarei stato chiuso in Nazionale da un fuoriclasse come Paolo Maldini".
"Il debutto in Nazionale l’ho fatto a Tallin contro l’Estonia, dove vincemmo 3-0. Era un turno di qualificazione ai Mondiali degli Stati Uniti. Poi a seguire, tra qualificazioni e amichevoli, sono sceso in campo in azzurro contro Scozia, Portogallo, Francia, Germania, Finlandia, Svizzera e Costa Rica, e ci siamo qualificati".

L'esperienza dei Mondiali di USA '94 è stata per Benarrivo una delle più belle ma anche delle più amare in carriera. Promosso titolare dal C.t. Arrigo Sacchi dopo la sconfitta iniziale con l'Irlanda, si rivela uno dei giocatori dal rendimento più elevato: negli ottavi di finale contro la Nigeria propizia anche il rigore decisivo, venendo messo giù in area dopo una delle sue scorribande sulla fascia. Roberto Baggio trasforma con freddezza e il successo per 2-1 in rimonta permette all'Italia di proseguire l'avventura.

"Per la prima partita dei mondiali contro l’Irlanda, mister Sacchi decide di fare giocare la difesa del Milan: Maldini, Costacurta Baresi e Tassotti - ricorda Antonio -. Se con quella difesa fosse andato tutto bene, molto probabilmente in quel Mondiale non avrei più giocato. Perché quest’altro tassello andasse al suo posto, doveva accadere qualcosa di straordinario. L’Italia, da favorita, perse (1-0)".
"Sacchi allora ritornò sui suoi passi e qualche giorno dopo mi fece debuttare al posto di Tassotti contro la Norvegia. Faceva tanto caldo, ma preso dall’entusiasmo, dall’agonismo e dalla voglia di fare bene non l’ho sentito. Vincemmo 1-0 e da lì in poi ho sempre giocato, dando anche un mio contributo personale alla vittoria sulla Nigeria".

Utilizzato in finale da terzino sinistro, per l'assenza dello squalificato Costacurta e lo spostamento al centro della difesa di Maldini, ricorda ancora oggi la sconfitta ai rigori contro il Brasile come una beffa amara.

"Ai quarti di finale ci toccò la Spagna: vincemmo 2-1 e ci qualificammo per la semifinale con la Bulgaria. Grazie a Baggio e alla sua doppietta andammo in finale col Brasile. Il sogno di una vita era ad un passo - racconta Benarrivo -. La partita fu abbastanza equilibrata, anche se le migliori occasioni sono state a loro appannaggio. Sia i tempi regolamentari che i supplementari finirono a reti inviolate. Si andò alla lotteria dei rigori. In quell’occasione, purtroppo, tre tasselli, che non facevano parte del mio puzzle, non si incastrarono a dovere. Massaro, Baresi e Baggio fallirono i rigori e il sogno di diventare campione del mondo svanì..".
Italy USA 1994 Benarrivo BakeroGetty
"Con qualche cambio in più - ha sostenuto in diverse occasioni - probabilmente le cose sarebbero potute andare diversamente. Zola aveva giocato poco e poi era stato squalificato, Signori era sceso in campo ad intermittenza: Sacchi voleva impiegarlo come quarto centrocampista di sinistra, ma Beppe preferiva fare l'attaccante. Se Signori si fosse adattato secondo me avrebbe potuto fare ottime cose in quel ruolo. In finale Baggio ha giocato al 50%... Anche Antonio Conte aveva giocato poco".
"Se in quella finale Sacchi avesse schierato questi calciatori, che erano certamente più freschi, avremmo fatto qualcosa in più. Non erano del resto stanchi solo gli italiani, anche i brasiliani non ce la facevano più. Qualche innesto avrebbe condizionato positivamente quella partita per noi, sarebbe potuta andare in un altro modo: sono convintissimo di questa cosa".

E ancora oggi il ricordo di quella sconfitta non svanisce per Benarrivo.

"Penso a quella finale ogni giorno - rivela a 'Il Posticipo' -, rosico per il fatto di averla persa ai rigori. Speravo che qualcosa col tempo sarebbe cambiato. Secondo me se una finale finisce in parità, tre giorni dopo devi giocarne un'altra: se anche la seconda finale finisce in parità allora vai ai calci di rigore. Assegnare il trofeo più importante al mondo dal dischetto è parecchio riduttivo. Giocare un'altra finale significherebbe fare incassi, incassi e ancora incassi: sarebbe una cosa positiva per tutti".
"Nel 2006 abbiamo vinto ai rigori (ride, ndr) ma io non c'ero. Rosico perché contro il Brasile avevamo giocato una partita ordinata e bellissima in difesa, senza sbavature: eravamo riusciti a fermare una squadra che aveva segnato sempre 2-3 goal agli avversari. È stato un peccato".

La partecipazione ai Mondiali gli regala grande popolarità.

"Ho avuto tantissime manifestazioni d’affetto. È stato molto bello - ammette l'ex calciatore -. In verità, le manifestazioni d’affetto continuo a riceverle ancora oggi".

Dopo i Mondiali di USA '94 Benarrivo perde gli Europei del 1996 ma resta nel giro della Nazionale, venendo richiamato dal nuovo Ct. Cesare Maldini. Con lui in panchina disputa anche la sua ultima partita con l'Italia, il 29 ottobre 1997, a 29 anni, contro la Russia a Mosca, terminata 1-1 e valida per le qualificazioni ai Mondiali di Francia '98. Chiude quindi con 23 presenze complessive.

IL RITIRO E LA NUOVA VITA DA IMPRENDITORE EDILE

A 35 anni, nel 2004, Benarrivo matura la decisione di appendere definitivamente le scarpette al chiodo dopo una carriera ricca di soddisfazioni personali e un'annata precedente conclusa con appena 10 apparizioni complessive.

"Stavo per compiere 36 anni - dirà - e mi facevano spesso male i polpacci. Ho capito che era arrivata l’ora di smettere, in concomitanza con il crack della Parmalat".

In condizioni normali, una bandiera come lui avrebbe avuto assicurato un posto dirigenziale nel club, ma così non sarà e, lasciato il calcio, Benarrivo, pur conseguendo il patentino da allenatore di Prima Categoria - UEFA Pro a Coverciano, sceglie di occuparsi d'altro, e inizia a dedicarsi a tempo pieno all'attività da impresario edile che aveva avviato nel 1999.

"Ho sempre giocato d'anticipo nella mia vita - spiegherà in un'intervista a 'Tuttomercatoweb' -. Perché non si sa mai e infatti a Parma è successo ciò che sembrava impossibile. Avevo deciso per tempo di diversificare e questa attività mi tiene impegnato ancora oggi. Già da giovane, prima di fare il calciatore, avevo lavorato in un negozio e poi mi occupavo di impianti di distribuzione carburanti. Allo stesso modo dopo il ritiro non ho perso tempo: oziare non è da me e del resto nella mia vita ho sempre lavorato. Sono una persona dinamica".
"Non ho mai avuto la testa per fare l’allenatore - spiegherà -. La testa era ed è impegnata a fare altro. Oggi faccio l’imprenditore nel settore edile. Sto lavorando a Brindisi, ma anche in altre città d’Italia. È un lavoro che mi impegna molto mentalmente. Fare due cose non mi va. Per come sono fatto io, ne devo fare una e bene".
"Il mattone mi ha sempre attratto, già a 18 anni ho comprato una casa, mettendo da parte i soldi che guadagnavo al Brindisi. Mi impegnai facendo delle cambiali per la mia casetta".

Da terzino inesauribile al settore dell'edilizia il passo per Antonio è stato rapido e definitivo. Senza rimpianti. A parte, naturalmente, quella tragica e indimenticabile lotteria dei rigori di Pasadena.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0