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Alviero Chiorri, 'Il Marziano' che giocava con due scarpe diverse

"Un mio compagno di squadra che avrebbe meritato molto di più di quello che ha avuto dal calcio? Alviero Chiorri. Aveva qualità tecniche e atletiche a livello dei più grandi". 

A consacrare con queste parole l'ex giocatore romano è niente meno che Marcello Lippi, il Ct. campione del Mondo con l'Italia nel 2006, che nella sua carriera ha allenato tanti grandi campioni, da Zidane a Totti, passando per Baggio e Del Piero, non ha mai dimenticato il talento di quel ragazzone riccioluto che muoveva i primi passi nel grande calcio quando lui era il capitano della Sampdoria, e che se solo avesse avuto più testa avrebbe potuto avere una carriera ben più ricca di successi di quella che ha effettivamente avuto.

UN 'MARZIANO' A GENOVA

Nato a Roma il 2 marzo 1959, Alviero vive la sua infanzia a Valle Aurelia e cresce calcisticamente nella Pro Roma. Nel 1975, a 16 anni, è acquistato dalla Sampdoria che intravede in lui grandi potenzialità. 

"Mi aveva preso anche la Roma, - rivela in un'intervista di giugno 2020 al 'Corriere dello Sport' - c’era Perinetti allora, ma scelsi la Samp. Mi avevano fatto capire che alla Roma, in quel periodo, o eri forte forte o giocavano solo i raccomandati".

Il suo destino è a tinte blucerchiate e a Genova il giovane Chiorri trova la sua seconda casa. Il suo impatto con il grande calcio è folgorante e avviene in Coppa Italia a Marassi il 9 giugno 1976. La Sampdoria affronta in casa la Fiorentina e la partita termina 3-3. Ma più che il risultato impressiona la prestazione del diciassettenne talento romano, che fa ammattire il suo marcatore Moreno Roggi con finte, dribbling e numeri d'alta scuola.

"Ero un ragazzino inscosciente, quel giorno mi riusciva tutto. A un certo punto arriva qualcuno alle mie spalle: 'Ragazzi’ ora basta, falla finita, hai rotto i cojoni'. Era Giancarlo Antognoni...".

Il tecnico blucerchiato, Eugenio Bersellini, lo convoca per il ritiro estivo con la Prima squadra nell'estate del 1976. 

"Era una di quelle presentazioni ufficiali in cui si arriva in divisa, eleganti e precisi. Io mi presento con tre orecchini, catenona d’oro, bermuda e sandali. Venivo direttamente dalla spiaggia… Non capivo che ero un professionista. Avevo una testa diversa, volevo solo divertirmi, e lo facevo, in campo e fuori".

Inevitabile beccarsi la ramanzina dal 'Sergente di ferro'.

"Alviero, ma come cazzo ti sei vestito? Vai subito a cambiarti!", gli intima il tecnico.

Bersellini con lui è severo, ma lo prende sotto la sua ala protettiva e usando bastone e carota riesce a farlo rendere al meglio sul campo, come mezzala sinistra o ala. È quella la squadra di Marcello Lippi, Gianfranco Bedin, Domenico Arnuzzo, Carlo Bresciani e Titti Savoldi, fratello minore di Beppe. Una Samp povera e operaia, che lottava per la salvezza in Serie A.

"Alla Samp eravamo un bel gruppo, - afferma Chiorri - frequentavamo un bar dove suonavano i New Trolls, presto siamo diventati loro amici".

Per l'esordio in Serie A del giovane romano, che rappresenta la speranza blucerchiata per il futuro, bisogna aspettare soltanto qualche mese: il 3 ottobre del 1976 al Comunale contro il Torino campione d'Italia in carica di Gigi Radice. Chiorri subentra al 65' al posto di Titti Savoldi, con i liguri che perdono 3-1. 

L'annata è travagliata per la Sampdoria, che a fine stagione retrocede in Serie B, ma il talento di Chiorri è sotto gli occhi di tutti. Il primo goal in Serie A arriva il 20 marzo 1977, poco dopo aver compiuto 18 anni. Allo Stadio 'La Fiorita' di Cesena, con i romagnoli in vantaggio 1-0 nella sfida salvezza, l'estroso riccioluto raccoglie un cross non irresistibile dalla sinistra di Valente e con una spettacolare torsione di testa batte Boranga per l'1-1 finale, esplodendo poi in un'esultanza incontenibile.

Alviero Chiorri Sampdoria Serie AWikipedia

Inizia la leggenda del 'Marziano', soprannome che gli viene affibiato da un tifoso della Gradinata Sud per la sua straordinarietà in campo e fuori. Se per i genovesi la stagione è negativa, la carriera del talento romano potrebbe già spiccare il volo. Prima di andare a segno a Cesena e di ripetersi 2 settimane dopo a Verona, aveva trascinato la Primavera alla vittoria nel Torneo di Viareggio, che resta l'unico conquistato dai liguri ad oggi, e a sorpresa gli arriva la chiamata della Nazionale Juniores, che deve disputare i primi Mondiali Under 20 della storia in Tunisia. Per il diciottenne mancino potrebbero spalancarsi le porte della Nazionale azzurra, ma lui ha altri programmi.

"Era una squadra forte, che aveva appena vinto il Torneo di Montecarlo. A Coverciano mi dissero che ero convocato per i Mondiali in Tunisia. E io: 'Voi siete matti, io ho già prenotato le vacanze al mare con i miei amici, non vengo! C’era Italo Allodi. Mi cacciò da Coverciano facendomi portar via dai carabinieri. L’ho sicuramente pagata. Da allora m’hanno segato dal giro azzurro e qualche anno dopo quando fui in ballo per la Nazionale di Bearzot mi fermò la pubalgia".

La Sampdoria va in B e con lei anche Chiorri, che anche nella categoria inferiore, nonostante 'le bizze' del suo carattere, mette in mostra il suo repertorio di fughe palla al piede, dribbling, tunnel, colpi di tacco e deliziosi calci di punizione. E i numeri dicono che il ragazzo è in crescita: dopo 2 goal in 8 presenze in A, segna 11 reti nei successivi due campionati di B. E gli assist non mancano mai. L'interesse su di lui è molto forte è così Bersellini nell'estate 1978 lo vorrebbe con sé nell'Inter. 

Ma Paolo Mantovani aveva preso l'impegno di rilevare la proprietà del club l'anno seguente, a patto di tenere il talento romano. Così non se ne fa nulla.

"Ero già dell’Inter. Voluto da Bersellini, ma Mantovani non volle che fossi venduto. Loro prendono Beccalossi al posto mio e un anno dopo vincono lo Scudetto. Io rimango a Genova. Alla gente di Marassi piacevo da impazzire, ma sentivo di essere caduto in un gioco più grande di me. Oggi i ragazzi che fanno il loro esordio in A molto presto, sono mentalmente più preparati. Io invece non mi sapevo gestire".

Le ultime due stagioni in Serie B con i blucerchiati sono ancora più ricche per il giocatore romano, che segna 8 reti sia nel 1979/80, sia nel 1980/81. Nel marzo del 1981 il ragazzo che gioca sempre con i calzettoni abbassati sfugge via a Collovati e Franco Baresi, chiudendo l'azione personale con 'uno scavetto' ad Ottorino Piotti che vale la vittoria per 1-0 della Sampdoria sul Milan, retrocesso in B.

"Avevo un segreto, - rivela - le mie scarpe. La sinistra era sempre estiva, a 13 tacchetti, in gomma, la destra sempre invernale, a 6 tacchetti, in ferro. Volevo essere ben piantato sulla gamba d’appoggio, ma libero di fare giochetti e calciare con facilità con il mio piede preferito…".

Gioca anche diversi derby della Lanterna, senza però mai riuscire a incidere come vorrebbe nella stracittadina.

"Mi manca non aver mai segnato al Genoa, come gli scontri duri ma leali con il povero Gorin. Finita la gara si andava a bere insieme in un locale dove cantavano i nostri amici New Trolls".

AL BOLOGNA CON MANCINI E MACINA

Nel 1981 Mantovani lo manda in prestito al Bologna, in Serie A, nella speranza che avvenga l'esplosione definitiva. Invece sarà un anno travagliato e problematico. I felsinei retrocedono infatti per la prima volta nella loro storia in Serie B, mentre Chiorri, dopo un buon avvio con una rete al Cagliari, è messo k.o. da un infortunio e perde gran parte della stagione.

Sulla carta a sua disposizione Burgnich ha un tridente da favola composto da tre giovani talenti: 'Il Marziano', Marco Macina e Roberto Mancini. I primi due però non rispettano le attese. Chiorri colleziona appena 13 presenze e 3 goal, Macina fa ancora peggio con appena 8 apparizioni e la grande stagione dell'attuale Ct. azzurro (30 presenze e 9 reti) non eviterà la discesa in B.

"Costituivamo un trio favoloso. Tecnicamente Macina era il più era il più dotato. Quello sì era strano forte, non io. S’è perso per strada. In quegli anni si sprecavano i fenomeni. Ma la differenza tra noi la faceva Roberto, più potente, più calciatore. Ho capito con gli anni che nel calcio non è solo questione di tecnica, il campione vero è più completo sotto tutti gli aspetti. Penso a Van Basten, il più grande che ho incontrato, ma anche a uno come il 'Mancio' ".

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CHIORRI ALLA CREMONESE IN CAMBIO DI VIALLI

Chiorri l'anno seguente fa ritorno alla Sampdoria, e con lui dal Bologna arriva proprio Mancini. La convivenza fra i due in blucerchiato non è semplice e anche se Alviero è spesso impiegato da ala, gli spazi per lui si riducono drasticamente. Dopo altre 33 presenze e un goal (29 reti in 115 presenze in totale) sotto la gestione di Renzo Ulivieri, 'Il Marziano' lascia la sua amata Sampdoria nel 1984, passando alla Cremonese in cambio di Vialli e 2 miliardi e 200 milioni di lire.

Non prima di colpire comunque anche l'attuale presidente dell'Assoallenatori.

"Alviero Chiorri nelle sue giocate racchiudeva tutto, - dirà - era geniale. Anche Baggio e Mancini erano forti ma Chiorri un po' di più. Nelle sue giocate c’era il poeta, l’artista e lo scultore e anche i tifosi se ne erano accorti". 

Il presidente Mantovani si congeda da lui con una frase diventata celebre:

"Ti devo cedere Alviero, - gli disse - sei stato la più grossa delusione della mia vita".

Parole che lo segneranno non poco. Giunto in Provincia, Chiorri, benché abbia ormai perso il treno per un top club, trova la sua dimensione, diventando uno degli idoli del pubblico dello Zini. Con i tifosi grigiorossi è amore a prima vista quando, dopo l'esordio contro la sua Sampdoria, alla prima gara casalinga contro il Torino propizia il calcio di rigore poi trasformato da Bonomi e con un'altra delle sue discese la puninizione dal limite che conduce al goal vittoria di Caso. Finisce 2-1 e 'Il Marziano' è già riuscito a farsi amare dai suoi nuovi tifosi. 

Un nuovo infortunio compromette però il suo apporto e i lombardi retrocedono in Serie B. Allora del resto i difensori erano molto più duri di oggi.

"Il più cattivo era Pasquale Bruno. Io a Cremona, lui al Toro. Fischio d’inizio, palla altrove, lui mi aspetta col ginocchio alzato e mi dà una stecca micidiale. Come Tardelli su Rivera in Juventus-Milan. Uscii con un ematoma gigante. Il più forte marcatore invece era Vierchowod".

Nelle stagioni successive il rendimento di Chiorri è di alto profilo ma a un certo punto, all'improvviso, la sorte gli tende un agguato.

LA DEPRESSIONE

Un male oscuro, una brutta depressione, costringe 'Il Marziano' a fermarsi. È il 1989, una stagione molto positiva per la sua squadra, che lotta per la promozione in A.

"A Cremona ho dato il meglio da calciatore. - dice al 'Corriere dello Sport - Avevo accettato di fare questo mestiere come va fatto, non solo in partita, nei ritiri, negli allenamenti. Luzzara, il presidente, era pronto a farmi un nuovo contratto di tre anni. Qualcosa scatta nella mia testa. Il buio totale. Avevo trent’anni e pensai di chiudere con il calcio". 

"Avevo un'apatia totale, - ricorda - il rigetto di tutto, a cominciare dal calcio. Non mi allenavo, non mangiavo, e da 77 chili ero sceso a 66. Facevo pensieri strani, vedevo mostri. Inizialmente rifiutavo i medicinali, poi sono stato ricoverato in clinica e ho fatto quattro mesi di cure e preso psicofarmaci, con il cortisone che mi ha portato a pesare 90 chili".

"Non ho mai capito quale fosse la causa. Un giorno il tappo salta e vai a fondo. Non succede a quelli che hanno solo certezze. Mi mettono paura quelli. Forse il peso dell’aver sopportato tanti anni un mondo che non era il mio. Le invidie, le pressioni, il confronto con gli altri. Non mi divertivo più. Non ritrovavo più me stesso. Anche quando mi facevano i cori e venivo osannato, mi chiedevo sempre: 'perché?'.

Chiorri vince però la sua battaglia con la depressione e si riprende la sua vita. Il mister Bruno Mazzia lo lancia in campo al 69' dello spareggio promozione di Pescara contro la Reggina il 25 giugno.

"Si va ai rigori. Quando tocca a me prendo la rincorsa, ma mi tornano in mente la depressione, la clinica e tutto il resto. Il tiro è sbilenco, fuori. Mi cade il mondo addosso. Ma Rampulla, il portiere, mi fa in un orecchio: 'Non ti preoccupare Alviero, adesso ci penso io'. Va in porta: tiro, parata; tiro, parata. La Cremonese sale in serie A, io sono rinato in quello stesso momento".

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L'ADDIO AL CALCIO A 32 ANNI

Chiorri gioca con la Cremonese per 8 stagioni, conquistando anche un'altra promozione in Serie A nel 1990/91. Si diverte accanto a compagni del calibro di Attilio Lombardo, Felice Garzilli, Juary, Gustavo Abel Dezotti, la meteora paraguayana Gustavo Neffa e lo svedese Andreas Limpar.

"Con Mancini e Macina è stato il compagno più forte con cui ho giocato. - afferma - Fece un anno con noi alla Cremonese e poi vinse il campionato inglese con l'Arsenal. Il goal più bello l'ho segnato al Messina. Ero in panchina, ultimi secondi di gioco, punizione dal limite per noi. L’accompagnatore si butta ai miei piedi e mi strappa la tuta, mentre il mister mi butta in campo senza riscaldamento. Mi ritrovo in campo senza accorgemene, sistemo il pallone e pum: palla oltre la barriera e goal!".

Ma il legame più forte è probabilmente quello con Michelangelo Rampulla.

"Nel 1992 gli ho reso il favore di qualche anno prima. Su mio assist (da calcio di punizione, ndr) ha segnato una rete all’ultimo minuto diventando il primo portiere a segnare in Serie A su azione".

Al termine del campionato di Serie A 1991/92 arriva la decisione di appendere le scarpette al chiodo a soli 32 anni dopo 21 reti in 176 presenze in grigiorosso. E lo fa nel modo più cinematografico possibile, giocando la sua ultima gara al Ferraris davanti ai suoi vecchi tifosi che per lui rispolverano il vecchio coro: "Alviero falle una pera".

"La Gradinata Sud mi fece una festa appena mi vide entrare in campo, avevo il cuore che mi andava a mille. - ricorda - Non potevo più reggere emozioni così, dovevo smettere subito, all'istante. Senza compromessi".

LA NUOVA VITA A CUBA, LE DONNE, I TRE FIGLI

Dopo il ritiro, Alviero Chiorri nel 1994 si trasferisce a Cuba e nell'Isola centroamericana vive una seconda vita.

"Non ho mai fatto nessun lavoro, solo ozio. Fu come tornare alle origini. - sostiene - Non mi conosceva nessuno, le persone mi frequentavano per quello che sono, non perché ero un calciatore. La prima volta, non sapevo neanche dove fosse Cuba. M’innamorai dal primo giorno. Un mondo a parte, spiegarlo è difficile, lo devi vivere. Non c’hanno una lira e tutti che ballano, cantano. Gli italiani andavano lì per le donne, ma era l’ultima cosa che m’interessava. Ne avevo più in Italia".

Sposatosi a 21 anni con Mara, da cui ha un figlio maschio, Simone, che gestisce un negozio di frutta e verdura a Genova, ha poi avuto anche altri 2 figli nati da due relazioni con 2 donne cubane.

"Avevo 21 anni, tutti dicevano che a quell’età ci si doveva sposare: l’ho fatto, senza pensarci troppo. Ho sbagliato, certo. Abbiamo avuto un figlio, Simone, un ragazzo d'oro con una mamma spettacolare. Appena posso vado a trovarlo. Vedete: il mio unico rimpianto è non averlo visto crescere. Sono stato egoista, nella mia vita ho pensato solo a me. Ora mi accorgo di avere un gran bel figlio: già grande, maturo, costruito. Con la testa sulle spalle. Potevo aiutarlo: ma c’è ancora tempo. Gli voglio bene, e io sono per lui ancora un idolo. Eppure non dovrei esserlo".

"In fatto di donne lì a Cuba era una caciara. - ammette - Dalla cintola in giù non ero male e dalla cintola in su che ho fatto danni. Prima ne cambiavo una ogni sera: anche se non ho mai fatto orge o festini di quel tipo, devo dire che la mia media è molto alta. Al Floridita, il bar più famoso dell’Avana, mi conoscono bene, per il mio passato. Oggi per me le donne sono un tema di fantasia. Non faccio più la vita di un tempo, vivo solo da 10 anni, le mie due ex cubane le ho portate in Italia e vivono nello stesso palazzo di mia madre. Non potevo lasciare i miei figli a Cuba, ma ognuno fa la sua vita".

E anche se 'Il Marziano' ama dire: "Se avessi avuto la testa di Totti e Del Piero non sarei stato Alviero Chiorri", sotto sotto qualche rimpianto non manca.

"Giocavo solo per il pubblico. Godevo quando riuscivo a far divertire la gente, a stupire i tifosi con la giocata più difficile, quasi impossibile. Se ho fatto qualche cazzata? Tutta la mia carriera è stata una cazzata".

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