Andrea Agnelli ha rilasciato una lunga intervista al 'Corriere dello Sport' e a 'Repubblica' in cui ha parlato del progetto Superlega e quelle che sono le intenzioni che hanno spinto inizialmente i 12 club a creare una nuova competizione, prima del dietrofront avvenuto questa notte.
Dietrofront inaspettatto da Agnelli, che nell'intervista (ovviamente registrata ieri) aveva parlato di "patto di sangue tra i club e "progetto con il cento per cento di possibilità di successo”.
Il presidente della Juventus ha parlato del ruolo dei bianconeri nella Serie A.
“Il bonus di 350 milioni l’anno è falso. Noi rimaniamo nelle competizioni domestiche, andremo a giocare in ogni stadio d’Italia, di Spagna e d’Inghilterra. Ci minacciano di escluderci? Non sarà così. Se avvenisse sarebbe un grave abuso. Quanto stanno minacciando è illegale. Se ciò avvenisse non sarebbe solo un monopolio ma una dittatura. Vogliamo rimanere vicini ai nostri tifosi”.
"La convergenza con Milan e Inter è stata naturale. Il rapporto con Marotta è sempre rimasto buono. Abbiamo vissuto assieme otto anni straordinari, l’affetto resta inalterato".
Poi ha rilanciato sulla Superlega, affermando l'apertura al dialogo con le istituzioni.
“Quella che stiamo cercando di organizzare è la competizione più bella al mondo. Sin dalla nascita Superlega, si è incoraggiato il dialogo con le istituzioni, nel nostro caso Fifa e Uefa. Quello che stiamo facendo è perfettamente legale, stiamo esercitando una libertà prevista dal trattato dell’Unione europea.
La nostra volontà è creare una competizione che possa portare benefici all’intera piramide del calcio, aumentando sostanzialmente quella che è la solidarietà distribuita agli altri club. Una competizione, lo sottolineo, che rimane aperta e prevede cinque posti a disposizione degli altri club”.
Agnelli ha motivato la scelta della Superlega partendo dalla necessità di rivolgersi ad un pubblico giovane che si sta allontanando dal calcio.
"Il calcio sta vivendo una crisi enorme di appeal che investe le nuove generazioni. Hanno inciso gli stadi chiusi da un anno. I più giovani vogliono i grandi eventi e non sono legati a elementi di campanilismo. La mia generazione lo era molto di più. Il 40 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni non prova alcun interesse per il calcio. Per chi ha figli di dieci, quindici, vent’anni la disaffezione è più che palpabile: i giovani si interessano ad altre cose. Questo triste fenomeno ha subìto un’accelerazione a causa della pandemia.
Serve una competizione in grado di contrastare quello che loro riproducono sulle piattaforme digitali, trasformando il virtuale in reale. Attraverso Fifa crei la tua competizione, quella competizione va riportata nel mondo reale. Andiamo incontro ai giovani, che ora hanno come centro dell’attenzione Call of Duty o Fortnite".
Ricorre il discorso sul bisogno di stabilità del calcio in quanto comparto industriale.
“Il calcio non è più un gioco ma un comparto industriale e serve stabilità. Anche a livello domestico. In Europa la partita che vale di più non è la finale di Champions ma i play-off della prima divisione inglese per accedere alla Premier League: ben 150 milioni. Questa non è stabilità. Servono regole economico-finanziarie ferree come quelle stabilite nella Superleague.
Io temo molto il populismo, la demagogia e che qualcuno non prenda atto dello stato di monopolio nel quale ci muoviamo. Minacce, questa la risposta che abbiamo ottenuto. Impedire a un lavoratore di svolgere il proprio lavoro è gravissimo. Ad ogni modo, non siamo assolutamente preoccupati. Il nostro è un approccio a una nuova libertà. Nuova libertà che è garantita dai trattati dell’Unione europea.
Vogliamo uscire da questa situazione di monopolio nella quale i nostri regolatori sono anche i principali competitor. Le istituzioni internazionali hanno il controllo delle manifestazioni, senza affrontare alcun rischio economico, che ricade soltanto sui club: è necessario cambiare le cose.
Non si è compreso il terribile impatto della pandemia sul mondo del calcio. La massima istituzione del calcio europeo a dicembre del 2020 pensava che la pandemia non avrebbe fatto danni, se non ci credete leggete il verbale. L’Uefa non corre alcun rischio nell’attività che regolamenta, ne trae solo benefici”.


