Il Kompany del Burnley è molto diverso da quello dell’Anderlecht. Più consapevole del ruolo che ricopre, più autorevole, sempre carismatico e deciso, come quando rimprovera i suoi giocatori per un atteggiamento distratto o perché lo contraddicono. I risultati si vedono:
Il Burnley ha infatti appena conquistato la matematica certezza di partecipare alla prossima Premier, dominando per tutta la stagione, che ancora non è terminata.
Gioca con un 4-2-3-1, un modulo che permette alla sua squadra di sfruttare al massimo il gioco sulle fasce, garantendo al contempo una solidità difensiva notevole.
Ed è proprio questa, forse, la grande eredità del Kompany giocatore: la forza, il non tirare mai indietro la gamba, puntando su grinta e ordine, bastone e carota, come nella più classica delle tradizioni.
Nella stagione in corso ha una media di più di 2 punti a partita: non male per un quasi esordiente che alle sue prime esperienze aveva un po’ faticato. Con la promozione in tasca, è il caso di dirlo: la scelta del Burnley è stata quella giusta. Ora Kompany, che ha ancora un anno di contratto, potrà concentrarsi sul futuro, sul ritorno in Premier, stavolta nelle vesti di coach. E chissà che emozione proverà quando tornerà nella città che lo ha accolto, che sia Old Trafford, lo stadio dello United, o che sia l’amato Etihad, dove ha saputo costruire partita dopo partita i successi di una squadra di fenomeni, che spesso è ricordata per la qualità degli attaccanti, ma che trova equilibrio soprattutto grazie alla difesa.
Lì incontrerà Pep Guardiola, l’allenatore cui una volta non diede ascolto.
Era il 6 maggio del 2019, meno di due settimane dall’annuncio del suo addio: la partita era quella tra il Manchester City e il Leicester. Partita chiusa, dura. Kompany arriva a 30 metri dalla linea di porta avversaria, alza la testa, guarda il pallone. Guardiola gli urla “Don’t shoot”, non tirare.
Vincent fa finta di non sentire, per un attimo dimentica di essere un difensore tutto fisico e poco piede e calcia più forte che può. La palla si insacca sotto l’angolino e regala al City la vittoria e a Kompany il goal più bello della sua carriera.
Determinazione e carattere, tratti distintivi del difensore che ora da allenatore sta stupendo il calcio inglese.