Ai nastri di partenza della stagione 2014/2015, Berni si accorda con i nerazzurri che, dal canto loro, hanno bisogno di puntellare la rosa con un elemento cresciuto nelle giovanili, paletto molto comodo ai fini della presentazione delle liste UEFA per la disputa delle coppe europee.
Berni accetta con entusiasmo, calandosi alla perfezione nel ruolo - per nulla da sottovalutare - di ‘collante’ all’interno dello spogliatoio: se dal punto di vista tecnico una mano non può essere data, il classe 1983 si rivela il compagno di squadra che tutti vorrebbero avere, pronto sempre alla battuta e allo scherzo per rasserenare gli animi anche nei momenti più duri.
A Milano Berni vive tutte le fasi della rinascita del club meneghino, fatta eccezione per quella più importante del ritorno alla vittoria, con lo Scudetto conquistato nel 2021: la lunga avventura nerazzurra si è infatti conclusa l’anno precedente, al termine della stagione condizionata dall’emergenza pandemica.
Proprio in quel campionato, chiuso dalla squadra di Antonio Conte al secondo posto alle spalle della Juventus, Berni diventa oggetto di un caso più unico che raro: nonostante non veda mai il campo, riesce comunque a farsi espellere. Non una volta, ma addirittura due.
La prima il 26 gennaio 2020, dopo il triplice fischio dell’arbitro Manganiello: Inter-Cagliari è appena terminata sul punteggio di 1-1 e la tensione è palpabile, tanto che Berni si proietta verso il direttore di gara per protestare contro il suo operato, stringendogli polemicamente la mano. Cartellino rosso inevitabile e due giornate di stop come Lautaro, poiché l’infrazione è avvenuta all’interno di quel rettangolo verde mai calcato in termini agonistici. La beffa delle beffe.
La seconda espulsione arriva invece il successivo 28 giugno quando, sul risultato di 1-0 in favore del Parma (poi rimontato dalle reti di De Vrij e Bastoni), l’arbitro Maresca coglie una protesta ‘colorita’ dalla panchina, amplificata dall’assenza del pubblico sugli spalti.
“Quando giochi, resti concentrato e non noti nulla – ha raccontato nella suddetta intervista rilasciata a ‘gianlucadimarzio.com’ – da fuori, invece, vedi tutto. Accumuli adrenalina che però non puoi scaricare e quando ti ritrovi l’arbitro lì… La prima volta sbagliai e chiesi scusa a tutta la terna. La seconda, però, fu eccessiva. Non feci niente di offensivo, ma con lo stadio vuoto si sentiva tutto. Dissi solo un porca t***”.
Il codice etico dello spogliatoio dell’Inter parla chiaro: chi viene espulso, è tenuto a fare un regalo a tutti i compagni di squadra. Regola a cui anche Berni deve sottostare.
“Per questo, dopo la partita con il Parma, andai nello spogliatoio dell’arbitro con fare minaccioso (ride n.d.r.). Gli dissi: ‘Ora mi offri da bere. E fidati che, quando bevo, bevo tanto!’ Scoppiarono tutti a ridere. Ai compagni poi regalai un paio di AirPods”.
Zero presenze con l’Inter, ma zero sono anche i rimpianti per una carriera che sì, avrebbe potuto regalargli più luci della ribalta, ma che in tal caso non gli avrebbe permesso di vivere a pieno gli umori dello spogliatoio.
“A volte non mi riconoscono neanche, questa è la fortuna di non essere tanto famoso. Mi mancherà la panchina di San Siro – diceva nel 2020 - E io mancherò a lei. Non ci sarà più un matto che esulta ad ogni goal o che si faccia buttare fuori”.
Un ‘matto’ che, a suo modo, è entrato nella storia: non dalla porta principale, ma questo importa il giusto.