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Lo strano caso di Berni: zero presenze all'Inter e due espulsioni

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Quello del terzo portiere, anche se all’apparenza può non sembrare, è un ruolo altamente delicato: le chance di giocare qualche partita sono ridotte ad un lumicino e all’io subentra inevitabilmente il ‘noi’, il sacrificare la propria carriera per il bene collettivo della squadra, dei cui successi non si è mai protagonisti diretti.

Tommaso Berni potrebbe spiegare benissimo tutte queste dinamiche: una vita all’ombra non di uno, ma di ben due portieri, con la consapevolezza che la scena appartiene agli altri, a chi suda durante le partite e non solo negli allenamenti ad Appiano Gentile.

Il terzo portiere finisce col diventare un osservatore privilegiato dalla panchina ed è forse proprio questa possibilità a renderlo ‘diversamente attivo’, attraverso le proteste dalla panchina nei momenti più concitati: l’unico modo per testimoniare l’attaccamento alla causa e giustificare una presenza di cui spesso in molti si dimenticano.

Berni, col senno di poi, è riuscito in pieno nella sua personale impresa: lasciare un’impronta, seppur piccola, all’interno del cuore dei tifosi dell’Inter che, ancora oggi, lo ricordano con un sorriso stampato sul volto.

  • GLI INIZI ALL’INTER E LE VARIE ESPERIENZE TRA EUROPA E ITALIA

    La carriera di Berni, nato a Firenze il 6 marzo 1983, vede la luce per ovvie ragioni nel capoluogo toscano con addosso la maglia delle giovanili della Fiorentina, che nel 1998 lo cede all’Inter: a Milano resta tre anni senza mai esordire in prima squadra, per poi provare un’esperienza all’estero.

    Nel 2001 è un nuovo portiere degli inglesi del Wimbledon ma, anche a queste latitudini, la musica non cambia: in due anni accumula solo tre presenze tra FA Cup e League Cup, nonostante il biglietto da visita della titolarità nell’Italia Under 17 che lo rende una potenziale promessa. In compenso, può consolarsi con qualche partita del torneo di tennis può prestigioso della storia.

    “Però mai le partite più importanti, - ha dichiarato in un’intervista a ‘gianlucadimarzio.com’ - il biglietto costava troppo. In Italia c’era ancora la lira e il cambio con la sterlina era massacrante”.

    Il 2003 è l’anno del ritorno in Italia per giocare in Serie B con la Ternana: dopo una prima stagione da dodicesimo alle spalle di Alex Brunner, Berni viene finalmente promosso a titolare di una squadra che conquista un brillante ottavo posto, comunque insufficiente per disputare i playoff promozione.

    Non va meglio nell’annata successiva, quando a palesarsi è la retrocessione: Berni scende in campo in 37 partite di campionato, record della carriera per quanto riguarda un singolo torneo.

    Praticamente l’apice, raggiunto fin troppo presto: alla Lazio sono infatti due le apparizioni raccolte in due anni e mezzo, mentre l’ultima avventura ‘completa’ è quella di Salerno nella seconda parte della stagione 2008/2009, dove i biancocelesti lo cedono con la formula del prestito.

    Berni contribuisce al quattordicesimo posto in Serie B della Salernitana con 16 gettoni, prima di altri due anni trascorsi nella Capitale ma sempre in qualità di riserva, condizione che lo accompagnerà in maniera costante anche al Braga in Portogallo.

    La stagione 2012/2013 è di nuovo in Serie A tra le fila della neopromossa Sampdoria: il 28 ottobre, Berni è il titolare della porta blucerchiata nel match casalingo perso al ‘Ferraris’ contro il Cagliari, ultima presenza in assoluto in gare ufficiali in carriera. Sì, avete letto bene.

    Berni ha solo 29 anni, ma non sa ancora (o forse sì) che quella sarebbe stata l’ultima volta a difesa dei pali di una porta: nel 2013/2014 è il terzo nelle gerarchie del Torino, penultima squadra della carriera prima del ritorno all’Inter.

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  • Berni Icardi InterGetty

    IL RITORNO ALL’INTER: NESSUNA PRESENZA E DUE ESPULSIONI

    Ai nastri di partenza della stagione 2014/2015, Berni si accorda con i nerazzurri che, dal canto loro, hanno bisogno di puntellare la rosa con un elemento cresciuto nelle giovanili, paletto molto comodo ai fini della presentazione delle liste UEFA per la disputa delle coppe europee.

    Berni accetta con entusiasmo, calandosi alla perfezione nel ruolo - per nulla da sottovalutare - di ‘collante’ all’interno dello spogliatoio: se dal punto di vista tecnico una mano non può essere data, il classe 1983 si rivela il compagno di squadra che tutti vorrebbero avere, pronto sempre alla battuta e allo scherzo per rasserenare gli animi anche nei momenti più duri.

    A Milano Berni vive tutte le fasi della rinascita del club meneghino, fatta eccezione per quella più importante del ritorno alla vittoria, con lo Scudetto conquistato nel 2021: la lunga avventura nerazzurra si è infatti conclusa l’anno precedente, al termine della stagione condizionata dall’emergenza pandemica.

    Proprio in quel campionato, chiuso dalla squadra di Antonio Conte al secondo posto alle spalle della Juventus, Berni diventa oggetto di un caso più unico che raro: nonostante non veda mai il campo, riesce comunque a farsi espellere. Non una volta, ma addirittura due.

    La prima il 26 gennaio 2020, dopo il triplice fischio dell’arbitro Manganiello: Inter-Cagliari è appena terminata sul punteggio di 1-1 e la tensione è palpabile, tanto che Berni si proietta verso il direttore di gara per protestare contro il suo operato, stringendogli polemicamente la mano. Cartellino rosso inevitabile e due giornate di stop come Lautaro, poiché l’infrazione è avvenuta all’interno di quel rettangolo verde mai calcato in termini agonistici. La beffa delle beffe.

    La seconda espulsione arriva invece il successivo 28 giugno quando, sul risultato di 1-0 in favore del Parma (poi rimontato dalle reti di De Vrij e Bastoni), l’arbitro Maresca coglie una protesta ‘colorita’ dalla panchina, amplificata dall’assenza del pubblico sugli spalti.

    “Quando giochi, resti concentrato e non noti nulla – ha raccontato nella suddetta intervista rilasciata a ‘gianlucadimarzio.com’ – da fuori, invece, vedi tutto. Accumuli adrenalina che però non puoi scaricare e quando ti ritrovi l’arbitro lì… La prima volta sbagliai e chiesi scusa a tutta la terna. La seconda, però, fu eccessiva. Non feci niente di offensivo, ma con lo stadio vuoto si sentiva tutto. Dissi solo un porca t***.

    Il codice etico dello spogliatoio dell’Inter parla chiaro: chi viene espulso, è tenuto a fare un regalo a tutti i compagni di squadra. Regola a cui anche Berni deve sottostare.

    “Per questo, dopo la partita con il Parma, andai nello spogliatoio dell’arbitro con fare minaccioso (ride n.d.r.). Gli dissi: ‘Ora mi offri da bere. E fidati che, quando bevo, bevo tanto!’ Scoppiarono tutti a ridere. Ai compagni poi regalai un paio di AirPods”.

    Zero presenze con l’Inter, ma zero sono anche i rimpianti per una carriera che sì, avrebbe potuto regalargli più luci della ribalta, ma che in tal caso non gli avrebbe permesso di vivere a pieno gli umori dello spogliatoio.

    “A volte non mi riconoscono neanche, questa è la fortuna di non essere tanto famoso. Mi mancherà la panchina di San Siro – diceva nel 2020 - E io mancherò a lei. Non ci sarà più un matto che esulta ad ogni goal o che si faccia buttare fuori”.

    Un ‘matto’ che, a suo modo, è entrato nella storia: non dalla porta principale, ma questo importa il giusto.

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