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Sergio Conceiçao MilanGetty Images

Sergio Conceiçao spiega perché ha lasciato il Milan: "L'ambiente attorno alla squadra non era buono"

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Poco meno di un anno fa, non proprio di questi tempi ma quasi, al Milan si consumava il ribaltone che spezzava in due un'intera stagione: Paulo Fonseca veniva esonerato dopo un 1-1 contro la Roma e al suo posto arrivava Sergio Conceiçao. Subito vincente.

Le prime due uscite dell'ex esterno di Lazio, Inter e Parma sulla panchina rossonera erano un successo. E coincidevano con il trionfo nella Supercoppa Italiana, dopo aver battuto la Juventus in semifinale e poi l'Inter in finale, grazie a due rimonte: strepitosa la seconda, quella del derby, da 0-2 a 3-2 con guizzo finale di Abraham.

Sono già tempi lontani. Oggi Conceiçao allena in Arabia Saudita, proprio il paese dove va in scena la Supercoppa. Mentre il Milan, già eliminato, si è riaffidato a Massimiliano Allegri e culla sogni di grandezza dopo un'annata complicatissima.

Cosa non ha funzionato nei pochi mesi di Conceiçao al Milan? Parecchio, secondo il portoghese. Il quale, in un'intervista alla Gazzetta dello Sport, ha parlato anche di quell'esperienza così contraddittoria conclusa peraltro con la sconfitta nella finale di Coppa Italia contro il Bologna.

  • Sergio Conceicao sigaroInstagram Tammy Abraham

    IL SIGARO

    "Veni, vidi, vici? "In effetti sì. Ricordo giorni di lavoro intensi a livello di analisi video, di motivazioni e di discorsi per entrare subito nella testa dei calciatori. Battemmo la Juve di mio figlio Cisco e poi l’Inter in rimonta. E piansi.

    Il balletto col sigaro? Una promessa. I giocatori, che avevano visto dei video, mi chiesero di fumarlo in caso di vittoria. Col Porto l’avevo fatto 11 volte, ovvero dopo aver vinto trofei. L’allenatore che ne ha vinti di più. E quindi l’ho rifatto". 

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  • "L'AMBIENTE NON ERA BUONO"

    "I sei mesi al Milan? "Positivi. Dal 2016 a oggi solo due allenatori hanno vinto trofei in rossonero: Pioli, con lo scudetto, e io. Se sommiamo i punti del nostro periodo abbiamo avuto un ritmo da Europa League, quinto posto. I risultati ci sono stati: penso ai due derby vinti e al successo con la Roma. Dispiace per la finale di Coppa Italia, ma alcune cose non mi sono piaciute.

    C’era instabilità a livello societario, attorno alla squadra l’ambiente non era buono. Per questo mi tengo stretto ciò che abbiamo fatto. Inoltre, la dirigenza non mi ha supportato. Le faccio un esempio: dopo aver vinto la Supercoppa giocammo col Cagliari. In quel periodo giravano già le voci che il club stesse seguendo altri allenatori. Io pensavo a lavorare e a vincere, col peso dei risultati. Non ho avuto tempo di lavorare a tutti i livelli.

    Se sarei rimasto? Sì, ma con alcuni cambiamenti". 

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  • "I GIOCATORI ERANO CON ME"

    "Se i giocatori mi hanno tradito? Mai, anzi, erano con me. L’ha detto anche Theo nell’intervista che avete fatto: dopo il Feyenoord, quando la gente diceva che l’avesse fatto apposta a farsi espellere, io l’ho difeso. In molti mi hanno scritto quando sono andato via. Io pretendo rigore, esigenza e poi relax quando c’è da rilassarsi. Se uno si presenta con un chilo in più, arriva in ritardo o cose simili io non posso tollerarlo. Per me, alla fine, i giocatori sono tutti uguali". 

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  • AC Milan v FC Internazionale - Serie AGetty Images Sport

    IL SALUTO CON INZAGHI

    "Ci siamo sfidati a ottobre e ha vinto lui. Ero appena arrivato. Dopo Porto-Inter, dove i suoi ebbero un bel po’ di fortuna, non lo salutai perché in fondo sono così, durante le partite vado in trance, ma è un grande allenatore. Abbiamo vinto lo scudetto nel 2000. Il rapporto è buono". 

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  • IL FIGLIO FRANCISCO

    "Cisco ha debuttato con me in Portogallo. Nel 2020, durante il lockdown, gli dissi: “Sei hai fame… allora bevi acqua”. Era un po’ cicciottello. Per fare la differenza servono sacrifici e mentalità. Se potessi gli presterei la mia fame. Non che lui non ce l’abbia, anzi, ma comunque io a 16 anni portavo i soldi a casa per mangiare, era diverso. Ma ci ho sempre creduto. E lui anche ci crede". 

  • "CONTATTI CON LA LAZIO"

    "Chi mi ha cercato? "Con la Lazio ho avuto contatti, ma non solo (ai tempi del Porto, ndr). E anche prima di firmare per l’Al-Ittihad ho avuto offerte. Qui il campionato è competitivo, le ambizioni alte, ci si allena nel pomeriggio e non la mattina. Bisogna adattarsi alle dinamiche culturali. Ma questa è una sfida, e io amo sfide così". 

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  • DA CALCIATORE

    "La soddisfazione più grande in Italia? Da calciatore, lo scudetto del 2000 con la Lazio, il più incredibile di sempre. Io, Sinisa e Stankovic ascoltavamo la radio nello spogliatoio. Era un gruppo di personalità, pieno di piccole risse ogni giorno, ma Eriksson sapeva gestirci. Ricordo anche la Supercoppa Europea del 1999, con lo United: Ferguson disse che il suo più grande rimpianto fu quella sconfitta.

    La delusione più grande è stata lo scudetto perso con l'Inter il 5 maggio 2002. Consolai Ronaldo in lacrime in panchina, ero accanto a lui. Nessuno ci poteva credere. A Milano ho avuto difficoltà: Cuper non mi dava fiducia, ma era un gruppo di campioni". 

  • "TORNEREI IN ITALIA"

    "Se tornerei in Italia? Certo, so già che lo farò".

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