"Oriundo? Non ho problemi. Mi sento italiano: il mio trisavolo veniva dalla zona di Venezia, e conosco abbastanza bene le parole dell’Inno. Ma della Nazionale parleremo al momento giusto".
E dunque parliamo di Rômulo Souza Orestes Caldeira, nato in Brasile ma con radici venete. La sua carriera da professionista si è svolta soprattutto in Italia, dopo aver lasciato Rio Grande do Sul e la sua Pelotas, città che non prende il nome dalla sfera/sfere utilizzate nel gioco del calcio, ma dalle zattere con cui venivano percorsi i fiumi secoli fa.
Romulo, invece, è stato trasportato nel mondo del calcio grazie alla tenacia nel rimanere ancorato a tale sogno, mostrando un mix tra ottima tecnica e fisicità, capacità di lasciare alle spalle gli avversari e scardinare pallone e sicurezze.
Un ragazzo esordiente nella verdeoro Serie A, con la Juventude (per la Juventus ci sarà tempo) a spalancar le porte della prima serie e l'immediata cessione nelle serie inferiori a rimandare la continuità a grandi livelli. Che siano brasiliani o italiani. Un ragazzo capace di dire no alla possibilità più importante sul pianeta calcistico: gioca un Mondiale.
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