Tutti avrebbero voluto essere Gerard Piqué. Giovani difensori, tifosi, ragazzini, il popolo che fatica ad arrivare a fine mese. Anche in un momento sportivamente deludente, c'è chi darebbe un piede per esserlo. Certo, senza un piede non sarebbe più Piqué, ma qui entriamo nella serietà di un eventuale impossibile, a meno che non ci si trovi in un film di scambio di corpi: Freaky, Your Name, Quel pazzo venerdì, Cambio vita. Insomma, quelli. Gerard è senza alcun dubbio in un periodo in cui tutto sembra accumularsi.
L'invidia di Piqué - non l'avevamo accennato prima - aveva spesso come punto cardine l'avere una bellezza (soggettiva e/o oggettiva, fate voi) al suo fianco come Shakira. La coppia è però scoppiata, proprio come è scoppiata la carriera di Piqué.
Sembrava poter essere uno di quei baluardi infiniti ed eterni. Quelli che non si muovono neanche con le calamità fracassone come Deep Impact e the Day After Tomorrow. Tutto rimane in piedi ma quel simbolo, a fini di trama, resiste. Etereo. La statua di Gerard si è invece sgretolata con il tempo, erosa da un calcio di cui è stato ambasciatore e bacheca vivente: in una lista dei più vincenti giocatori di tutti i tempi si potrebbe iniziare con il suo nome e nessuno obietterebbe.
La crisi del Barcellona incapace di qualificarsi ai gironi di Champions, costretto a guardare il reale Madrid vincere ancora e ancora fa rima anche con la sua discesa in verticale. Dopo il ritiro del compagno d'armi Puyol, Piqué ha tirato la carretta affiancato da nuovi soldati via via alternatisi senza continuità al suo fianco. Gli anni via via aggiunti nel passaporto hanno però mostrato come senza un campionissimo al suo fianco, tutti i difetti tappati da Puyol e mai esistiti prima, o semplicemente mai venuti fuori, sono venuti a galla. Quelli che in parte, insieme ad un fisico sempre meno inossidabile, hanno portato al ritiro.


