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Papa Waigo JuventusGetty

L'anti-Buffon Papa Waigo, tre goal ed imprese: "Buffon era arrabbiato"

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Essere ricordati solamente per una grande hit. Un film da un miliardo di incasso. Per una rete segnata.

C'è chi ha sempre abbracciato l'idea di essere simbolo e cult solamente per una saga. Echeggiante nelle casse per quell'unico tormentone. Prima domanda? La rete sì sì sì, trita e ritrita.

Almeno si ricordano di me, direbbe la figura A. Sì, ma il resto? Quella pellicola stroncata dal pubblico ma perla rara? L'album sperimentale? Risponde stizzito, infastidito all'ennesima richiesta, domanda in serie numero 1000 la figura B.
Questione soggettiva, di punti di vista. Alla fine, la figura A crede che aver dato gioia ad un pubblico più ampio sia soddisfacente, piuttosto che essere rimasto ai margini della massa. Non per tutti. Per la B è un pensiero inconcepibile e rabbioso: scoprite la mia arte, scopritela tutta.

Probabilmente Papa Waigo Ndaye sta nel mezzo. Si può arrivare fino a, Q maiuscola, quella vittoria contro la Juventus. Ma limitare quesiti e focus di carriera a 90 minuti, annoia. Sotterra creatività, scoperta, ricordi.

Grande Papa Waigo (nome), ti ricordi quel goal alla Juve? Ndaye (il cognome), cosa fai oggi? Ascoli? Maradona? Bobo Vieri? Accademia, giovani, insegnamenti? Ringrazia il tifoso che ci tiene a mostrare esterno amore per la sfida ai bianconeri. Ringrazia il tifoso che ha un quadro più ampio.

  • SENEGAL E SERIE B

    Un ragazzo che ce l'ha fatta. Un bambino come tanti in Senegal, capace di dare speranza a chi sogna in grande. Pallone dalla mattina alla sera, strade polverose, maglie larghe dei grandi club europei. Idoli.

    "È cominciato tutto giocando per strada, il pallone era l'unica cosa che avevamo per divertirci" ha raccontato Papà Waigo Ndaye a Il Posticipo. "Piano piano ci ho preso gusto. Poi sono entrato in una scuola calcio molto importante. Mia madre era casalinga e si prendeva cura della famiglia, mio padre faceva l'ingegnere e portava a casa i soldi necessari per comprare da mangiare. Lui seguiva molto il calcio, ma non ha mai giocato ad alti livelli".

    Gli alti profili visti dalle piccole TV di Saint-Louis (un tempo meschina prima tappa delle navi schiaviste verso il terribile Nuovo Mondo di morte) sono quelli del campionato italiano, fine '80, '90:

    "Sì, guardavamo la Serie A con Diego Armando Maradona, il mio mito viola era Gabriel Omar Batistuta. Poi gli italiani Paolo Maldini e Alessandro Del Piero, prima ancora Roberto Baggio: tutti grandi giocatori".

    Non solo rapido, ma anche dotato di una buona tecnica. Un mix essenziale per sfondare, evitando di rimanere tra gli scartati per la sola, abbondante, velocità di coetanei e connazionali.

    Papa Waigo ha forza fisica, estro, talento. Quello necessario ad entrare nel settore giovanile del Centre Aldo Gentina prima e del Generation Foot di Dakar poi. Un connubio che attrae il Verona, interessato. Deciso. Ufficialmente incaricato di far conoscere l'Italia e l'Europa al ragazzo con la Primavera prima e la prima squadra poi.

    Quel Verona in lacrime per la retrocessione in B, impantanato nelle sabbie mobili della seconda serie. Trova gli appigli giusti Papa Waigo, cominciando a segnare qualche rete, ma rimanendo nella stessa situazione della sua squadra. La Serie B sarà di fatto la casa principale della sua carriera, dove giocherà la maggior parte del suo tempo italiano.

    A Verona prima, a Cesena poi. Romagna sua, Romagna dove Papa Waigo fiorisce alla seconda annata, arrivando in doppia cifra. Guadagnandosi la Serie A targata Genoa, Fiorentina e Lecce. Guadagnandosi la nomea di giocatore spauracchio della Juventus. Ciò che lo renderà famoso più di ogni altro suo pregio o difetto.

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  • PAPA JUVE WAIGO

    23 agosto 2006. L'Italia non ha ancora smesso di godere della po-po-po vittoria tedesca ai danni della Francia. Seven Nation Army impeversa, così come Calciopoli. La Juventus Campione d'Italia ha perso il titolo, sprofondando in Serie B. Partendo dalla Coppa Italia per comiciare un per niente mirabile nuovo mondo.

    La sfida contro il Cesena varrà la qualificazione e per Papa Waigo la prima grande gara della sua carriera. Solamente per qualche secondo avrà modo di incrociare l'idolo Del Piero. Alex entra al minuto 74, Ndaye esce al 75. Sarà proprio il mancino di Pinturicchio a valere il passaggio del turno, mentre il giovane collega senegalese osserverà con ammirazione la figura ammirata in tv, ora Campione del Mondo militante in B.

    Sarà la prima gara contro la Juventus. L'ultima senza goal.

    "Quando vedevo la Juve segnavo" racconterà a Radio FirenzeViola. "Buffon era arrabbiato per questo, me lo diceva sempre: gli ho segnato con tre diverse squadre".

    In realtà le squadre sono due, ma le reti, quelle sì, tre. Nel 2006/2007, l'anno della Juventus in Serie B, tutte vogliono mettersi in mostra. Catapultata nella seconda serie, Madama deve fare i conti con giovincelli desiderosi di cambiare la propria storia davanti all'opportunità di un palcoscenico mondiale come quello delle gare della Signora Vecchia, Vecchia Signora. Papa Waigo non solo ci proverà, ma si prenderà tutto.

    Papa Waigo non avrà modo di vincere contro una Juventus schiacciasassi, ma riuscirà comunque a fermarla sul pari, perdendo di misura l'altro match. Nel farlo, segnerà due reti in due gare al portiere Campione del Mondo, signor Gigi Buffon con l'oro al collo e la bandana tricolore nella notte del Circo Massimo. E con le due reti, per non farsi mancare nulla, anche un assist. Et voilà, spauracchio.

    I più grandi cannonieri del ventunesimo secolo, e in parte del ventesimo, hanno segnato a Buffon. E sono stati respinti. Ronaldo e Messi, Cristiano (Ronaldo) ed Henry. Due, tre, cinque goal. In mezzo Papa Waigo, che avrà di nuovo Gigi nella stessa zona di campo l'annata successiva, stavolta in Serie A, Prima Genova, poi Firenze. Eternità.

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  • AEROPORTI E NIENTE SPESE

    43 minuti tra l'ottava, in maglia Genoa, e la 26esima, vestito di viola. Papa Waigo gioca con due casacche diverse, praticamente con lo stesso minutaggio. Entra nel finale. Esiti opposti.

    Sconfitto contro la Juventus nel match uno, passerà alla storia della Fiorentina in gara due. Il 2 marzo 2008 le cose si mettono bene per il team Prandelli, arrivato in trasferta a Torino con la forza di chi sa cosa vuole. Approfittare di una Madama appena riunitasi al suo vecchio caro torneo, al quale la collega viola appartiene in sorpasso da più tempo.

    Gobbi - senza entrare in coincidenza di soprannomi - segna, ma la Juve è sempre la Juve. Sissoko, Camoranesi. Ribaltamento. Gli echi della rivalità risuonano, così come i tamburi della nuova era. Quella in cui la Fiorentina comincerà ad essere un problema reale per i bianconeri.

    L'iniziatore è Papa Waigo, lanciato nella mischia da Prandelli. Fuori Santana. Dentro la storia e il flipper dei giocatori bianconeri. Tocco io, tocchi tu. Tocco di Jorgensen. Stop, destro in caduta. Angolino, Buffon battuto. Ma allora lo fai apposta P.W? Direi di sì.

    Papa Waigo pareggia portando a tre le reti nelle gare contro Buffon. Decidendo di aumentare, così per divertirsi e poter raccontare in lungo e in largo, anche il conto degli assist. E son due, dopo Cesena. E son tre le reti della Fiorentina: destro, testa di Osvaldo. Ribaltamento, 3-2, almanacchi.

    "Per un giocatore ci sono dei momenti della vita calcistica che ti rimangono impressi per sempre, sicuramente quella partita è uno di quelli" il racconto a Violanews.

    "Io e Osvaldo eravamo giovani, non sapevamo la storia che c'era tra Fiorentina e Juventus, non ci siamo resi conto subito di cosa abbiamo fatto. Solo dopo ci siamo accorti quanto fosse importante, quando abbiamo potuto vedere i tifosi. Eravamo molto concentrati per arrivare in Champions League allora, solo quando siamo tornati a Firenze ci siamo resi conti di aver fatto una cosa strepitosa".

    "Non era finito il campionato, all'aeroporto c'erano forse 15 mila persone, ci abbiamo messo due ore per arrivare al Franchi. Siamo arrivati a Peretola e pensavamo di andare a casa, invece ci hanno portato allo stadio per festeggiare. A Firenze nessuno mi faceva più pagare nulla, ristoranti, bar, taxi, tutti a ricordarmi quel gol. Auguro a tutti i giocatori di vivere un'emozione del genere".

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  • OLTRE LA JUVE

    Non è mai stato un bomber da mille e una notte, ma Papa Waigo si è spinto in tripla cifra, chiudendo in doppia in diversi campionati. Dalla Serie B agli Emirati Arabi, è riuscito a segnare anche con la maglia del Senegal. Ha scoperto il mondo correndo da una parte all'altra, venendo informato all'improvviso della rivalità con la Juve, contribuendo a renderla più equilibrata in termini di risultati. Ha spostato la storia verso la parte viola, diventando anti-Buffon e attira regali. Ringraziamenti da chi lo ricorda per quello e solo quello, Juve, Madama, Vecchia Signora. Felice sì, ma anche interessato a lasciare qualcosa di più.

    "Vivo in Senegal" ha evidenziato a Il Posticipo. "Nel 2005 ho aperto una scuola calcio qui: sapevo già di volere restare in questo mondo dopo il ritiro. Nel 2019 ho smesso di giocare, ho preso il diploma da allenatore Uefa B e sono tornato a casa per riprendere in mano la mia accademia che era in piedi a Saint-Louis, la città dove sono nato. Voglio aiutare i ragazzi, dargli l'opportunità di sfondare e andare in Europa".

    Vivere di rendita per i goal alla Juventus sarebbe facile, ma Papa Waigo è oltre quel ruolo, seppur grato ogniqualvolta un tifoso di Cesena e Fiorentina ricorda quelle reti in girata, di destro.

    Ha conosciuto Maradona, ha conquistato Bobo Vieri. Contatti nel calcio, sorrisi, umiltà e sentimenti.

    "Giocare con Vieri è stato speciale. Ero abituato a vederlo in televisione, grazie a Dio sono riuscito a diventare suo compagno. Una volta (contro l'Udinese, ndr) eravamo insieme in panchina, ad un tratto mi ha detto: "Papa, ora entro, faccio goal ed esulto con il tuo balletto". Non credevo che lo avrebbe fatto. Lui è un grande uomo, molto generoso. Mi piace chi resta umile e aiuta i giovani anche se ha vinto tutto. Quando l'ho visto festeggiare col balletto mi sono messo a piangere".

    Le stesse lacrime che i tifosi più accaniti ed emotivi disperdono su vestiti e stanze rivedendo il Cesena che ferma la Juventus, la Fiorentina che espugna Torino. Quelle che Papa Waigo, eroe della stessa storia e villain nella stessa (da parte bianconera) forse trattiene ogni qual volta che qualcuno lo ringrazia.

    Ai tifosi spesso non interessa avere un quadro più ampio. L'emozione di un momento vale tutto. Papa Waigo lo sa. Essere quello dei goal alla Juve non è poi così male.

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