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Palestina squadraGetty Images

La Palestina torna in campo dopo aver trasferito il quartier generale in Cile: l'obiettivo è la Coppa araba 2025

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Il genocidio in atto a Gaza negli ultimi anni, un inferno in terra per migliaia di persone. Bambini, donne, uomini, anziani, giovani, esseri viventi che cercano di sopravvivere al terrore dovuto all'invasione di Israele. In mezzo alla devastazione c'è chi prova a scuotere la comunità internazionale attraverso messaggi, movimenti, manifestazioni sportive. 

Praticamente inesistente nei territori occupati, lo sport è però ancora essenziale per dare una mano alla popolazione, per cercare di resistere. Per questo la federazione palestinese ha deciso di spostare il proprio quartier generale in Cile, dove risiede la più grande comunità di origine palestinese fuori dal mondo arabo.

L'obiettivo del movimento calcistico palestinese è quello di partecipare ai maggiori tornei continentali ed internazionali, così da mostrare la propria 'esistenza', la propria bandiera. 

"Cercano di eliminare lo sport palestinese, ma noi cerchiamo di aumentare la nostra resilienza attraverso le squadre nazionali e di partecipare a tutte le competizioni per due motivi: primo, per garantire la presenza del nome e della bandiera della Palestina, e secondo, per continuare a migliorare" ha affermato il ct della Palestina Ihab Abu Jazar, che nel mese di ottobre guiderà la rappresentativa nero-bianco-verde in due amichevoli di scena in Africa e precisamente in Algeria. 

L'obiettivo, come ricordato ad 'EFE' da Abu Jazar, è quello di mostrarsi, di migliorare. E soprattutto di lavorare per ottenere il pass al prossimo grande torneo, la Coppa araba prevista il prossimo dicembre in Qatar.

  • DISTRARRE DALL'ORRORE

    "Per pochi istanti abbiamo portato gioia nel cuore della gente" ha raccontato il ct Ihab Abu Jazar alla La Gazzetta dello Sport dopo aver sfiorato il passaggio alla nuova fase di qualificazione al Mondiale 2026. "L’abbiamo 'distratta' dall’orrore".

    "La cosa che temiamo di più è il telefono. Una volta rientrati negli spogliatoi facciamo fatica a controllare le notifiche. Quell’avviso, ormai quotidianità per milioni di persone, è diventato una fonte d’ansia: potrebbe dirci che è morto un amico o un familiare”.

    Abu Jazar ha raccontato come il suo vice sia stato ucciso dall'esercito israeliano mentre consegnava aiuti. Tra i migliaia di morti a Gaza anche Suleman Obeid, noto come Pelè palestinese, morto mentre cercava cibo per la sua famiglia.

    La Palestina continua ad essere distrutta sotto suo ogni aspetto. Lo sport? Un ricordo:

    "Più di 280 infrastrutture sportive sono state danneggiate o rase al suolo. Alcuni impianti sono stati usati come centri di detenzione per interrogare i prigionieri. Il campionato è sospeso da tre anni e non ci sono competizioni giovanili”.

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  • IL TRASFERIMENTO IN CILE

    Per diversi motivi il Cile risultava da tempo essere la scelta più ovvia per il trasferimento del calcio palestinese. In Sudamerica la rappresentativa conta di lavorare per rimanere in forma, nonchè per scovare nuovi giocatori di origine araba.

    La comunità palestine da oltre 500.000 persone supporta la federazione e il movimento calcistico arrivato fino al Cile per sfuggire al genocidio e all'azzeramento totale dello sport nella speranza che attraverso lo sport qualcosa possa cambiare o migliorare.

    Il quartier generale in Cile permetterà al movimento calcistico palestinese di lavorare per scovare nuovi talenti da integrare nella rappresentativa in vista dei prossimi impegni e soprattutto verso il Mondiale 2030:

    "Sono sicuro che abbiamo giocatori molto bravi e speciali in tutto il mondo" le parole del ct palestina a EFE. "Abbiamo un gran numero di giovani fuori dalla Palestina. Vogliamo creare un database palestinesi in Cile, Libano ed Europa. Ovunque ci siano giocatori, vogliamo raggiungerli".

    L'idea del commissario tecnico, inoltre, prevede anche la creazione di un centro di allenamento per la sua nazionale in territorio cileno, con il supporto di un club locale. Verrebbe subito da pensare, in questo senso, al Palestino, club della massima serie che, come il nome tradisce, ha forti legami con lo stato arabo.

    Non è chiaro però se l'idea di Abu Jazar possa diventare realtà nel breve periodo e soprattutto grazie al Palestino.

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  • ALGERIA E LIBIA

    Non è un caso se la Palestina ha scelto di affrontare in amichevole l'Algeria nel mese di ottobre, in due amichevoli distinte. Il motivo è dato dallo stile di gioco simile a quello della Libia, avversaria a novembre 2025 per accedere alla Coppa araba prevista a dicembre.

    Per la seconda volta organizzata dalla FIFA, la Coppa Araba 2025 vede nove squadre già qualificate e altre quattordici impegnate nei playoff per raggiungere la fase finale. Tra queste anche Libia e Palestina, avversarie il 25 del prossimo mese proprio in Qatar, dove si giocherà il torneo.

    La Libia è in crescita sotto la guida del ct senegalese Aliou Cissé e in lotta per un posto al Mondiale 2026 (ma deve fare i conti con Capo Verde e Camerun), ragion per cui risulta essere la favorita per approdare alla Coppa araba.

    Nonostante quello che il suo popolo sta subendo, la Palestina ha dimostrato di saper scendere in campo isolandosi dalla situazione in patria: qualificarsi alla Coppa araba significherebbe tantissimo, soprattutto per un team che conta in squadra alcuni giocatori sotto contratto con squadre di Gaza ma oramai fermi da un biennio.

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  • VERSO IL 2030

    L'allargamento del Mondiale da 32 a 46 squadre permette a diverse realtà di sognare concretamente un posto nel torneo più importante del pianeta, in cui calcio e politica si mischiano edizione dopo edizione.

    Dire che lo sport e la politica non dovrebbero essere accumunate significa andare contro l'intera storia, compresa quella del calcio. Per questo l'approdo della Palestina al Mondiale, così come qualsiasi altro paese alle prese con guerre e tragedie, rappresenterebbe qualcosa di enorme.

    "Alcuni potrebbero pensare che sia impossibile per la Palestina raggiungere la Coppa del Mondo, ma dopo l'esperienza che abbiamo avuto, la fiducia è alta" ha raccontato il ct a EFE. Considerando ciò che accade in patria, la fiducia sembra essere l'unica via per provare, anche solo per qualche secondo, a sfuggire al terribile orrore della realtà.

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