Sono due i fatti del giorno, il 29 marzo del 1986: anzi, tre. Il primo è che il campionato di Serie A è fermo: c’è tempo e modo per le Nazionali che saranno impegnate ai Mondiali in Messico di lavorare a pochi mesi dalla competizione più importante delle vite dei loro giocatori. Il secondo è che tra gli stadi aperti, in Italia, c’è il San Paolo di Napoli: il terzo è doppio, ma si può racchiudere in un solo tema. Gioca il Napoli, ma lo fa contro l’Argentina.
A sua volta, quest’ultimo fatto, cela due argomenti che alimentano il dibattito: il primo riguarda Claudio Borghi, attaccante dell’Argentinos Juniors che incantò Platini che, a margine della finale di Coppa Intercontinentale di qualche mese prima (nel 1985), lo definì “il Picasso del calcio”, e che in Italia davano per fatto alla Sampdoria. Non ci andrà: anzi, poco più tardi passerà al Milan di Silvio Berlusconi per poco più di tre miliardi di lire, per essere poi girato in prestito al Como per la regola dei prestiti.
Il secondo argomento, o spunto, a Napoli è più importante di ogni altra cosa: gioca Diego. Ma non con la maglia del Napoli, no: con quella dell’Argentina. Al San Paolo si presentano in quarantamila per un’amichevole, solo per guardarlo in azione: e fanno bene, assisteranno alla storia.
Il pallone iniziale lo batte Bruno Giordano, che tocca per Daniel Bertoni. Bertoni è argentino: ha partecipato al leggendario trionfo della Seleccion di Luis Menotti, che in patria ha sollevato, nel ’78, la Coppa del Mondo, e lo fa siglando una delle tre reti che hanno deciso la finale del Monumental contro l’Olanda. C’è tanto, forse troppo in termini “mistici”, nel primo tocco della sua gara: un passaggio alla cieca di ritorno per Giordano Bruno che si trasforma in un simbolico testimone per Maradona, che riceve il primo pallone di quella sfida.
Non è un caso, di fronte ai suoi tifosi. Non è un caso, in quell’anno lì: in un periodo che aprirà la stagione del miracolo del Napoli, culminata con lo Scudetto del 1987. Dopo i Mondiali vinti in Messico, s’intende: segnano Pasculli (su assist di Diego) e Garré per l’Albiceleste. Per gli azzurri, invece, Pecci (che del Diez aveva la folta chioma, se può interessare, ma non certo il mancino). Finisce 1-2: ma figuriamoci, a chi importa?
Diego si era rivelato, anche da avversario: con la maglia bianca dell’Argentina. Non è andato a segno, questo no: non avrebbe potuto farlo. Un Dio giusto non punisce: insegna, indica la via. Anche in un pomeriggio di fine marzo, con la Serie A ferma e lo stadio pieno, di fedeli.