Marchisio, come detto, ha rilasciato poi un'intervista a 'La Stampa' spiegando i motivi che lo hanno spinto a dire basta: "Le cose non cambiano, o cambiano lentamente, perciò non bisogna mollare. Porto avanti e condivido le battaglie in cui credo anche pensando ai miei figli e ai giovani come loro: sento di avere delle responsabilità. Non mi tocca il contenuto dello striscione, ma non posso far passare che qualcuno si senta autorizzato a reagire cosi a un'opinione. Siamo in un mondo in cui bastano pochi frame per pensare di conoscere la realtà. Come succede con il var nel calcio: un colpo isolato alla caviglia ed è subito rigore ma riguardando le immagini la realtà è diversa. Mi ero preparato dovendo parlare di percentuali di tifosi, ho solo riportato ciò che avevo letto.
Mi lascia perplesso che nel mondo del calcio si possa fare tutto quello che passa per la testa, non generalizzo ovviamente. Quando si esprime un'idea si mette in conto che si possa generare un confronto anche fermo con chi non è d'accordo.Ci deve però essere un limite e quando superato la risposta non deve essere il silenzio.Lo insegno ai miei figli ed ai miei assistiti. Ben venga il coraggio di opporsi al malcostume di un calcio dove vale tutto.
La mia passione bianconera risale all'infanzia: papà e mamma mi portavano allo stadio e andavo ad allenarmi con la maglia che avevo sognato. Nessuno può far leva su una dichiarazione basata su un dato per mettere in dubbio la mia fede. Non ho mancato di rispetto i tifosi e quelli veri lo hanno capito, sono la maggioranza".