E, alla fine, lo psicodramma è diventato realtà: nel peggiore dei modi, con un 4-1 senza appello. Il Manchester City ha semplicemente disintegrato (calcisticamente) l'Arsenal, in ogni forma e quasi ogni modo. Per capire come sarebbe andata a finire la partita dell'Etihad, decisiva per la conquista finale della Premier League, bastano i primi dieci minuti.
I Gunners sono un'altra squadra rispetto a quella che nella prima parte di stagione ha guidato il campionato inglese: teste basse, disattenzioni. Partey rischia subito di concedere un calcio di rigore ingenuo: De Bruyne dimentica la decisione dell'arbitro, Oliver, con un destro intriso di classe che poco più tardi si insacca alle spalle di Ramsdale. La partita finisce sostanzialmente lì.
Il City attacca, l'Arsenal si difende come meglio può: non è pericolosa, la squadra di Arteta che si salva, anzi, grazie al proprio portiere, unico vincitore della sua personalissima sfida contro Haaland. Alla fine del primo tempo, però, arriva il raddoppio: ci pensa Stones che con la testa porta il parziale sul 2-0, dopo un lungo check del VAR.
In apertura di ripresa ci pensa Odegaard a consegnare un pezzo di titolo ai Citizens: perde palla a metà campo, De Bruyne scambia con Haaland e, dopo averla ricevuta, piazza in rete per il 3-0. Nel finale, poi, goal di Holding: allo scadere segna anche Haaland. Non una novità.
Come la serata dei Gunners che, a questo punto, devono pregare e sperare in un errore clamoroso di un Manchester City che nel corso delle settimane ha costruito i presupposti per lo psicodramma dell'Arsenal. Per Pep il sogno "Treble" è vivo.




