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3X3

L'Atalanta è davvero più forte del Napoli? Inter pronta al sorpasso? E Juric è arrivato al capolinea? Il 3X3 di GOAL

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L'Atalanta è davvero più forte del Napoli? Inter pronta al sorpasso? E Juric è arrivato al capolinea?

Tre domande a tre giornalisti di GOAL sul derby d'Italia: il punto di vista di Marco Trombetta, Michael Di Chiaro e Stefano Silvestri nel nostro 3X3.

  • Ademola Lookman Napoli Atalanta Serie AGetty

    L'ATALANTA È DAVVERO PIÙ FORTE DEL NAPOLI?

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  • Marco Trombetta: "L'Atalanta sa essere più forte di tutti, ma non da Scudetto"

    La storia la conosciamo bene, ormai da anni. Sappiamo di cosa è capace l'Atalanta quando esprime al massimo il suo potenziale. Sappiamo di cosa è capace quando tutti i suoi meccanismi sono oliati alla perfezione. L'apice è stato raggiunto nella finale di Europa League dello scorso anno, contro gli invincibili del Bayer Leverkusen. Non è questione di rosa o di singoli, è questione di una proposta di gioco che nel suo 'prime' non ha praticamente difetti.

    Difficilmente abbiamo visto l'Atalanta vincere giocando male. Questo aspetto può essere sì un grande pregio, ma anche un enorme difetto, specie a lungo termine, specie quando c'è da lottare per vincere un campionato. Quindi probabilmente sì, ha ragione Conte a dire che in questo momento l'Atalanta è più forte del Napoli. Anzi, io aggiungerei che in questo momento è più forte di tutti. Ma se mi chiedete se a fine stagione l'Atalanta saprà anche arrivare sopra a tutti, la risposta è no. Perché per vincere uno Scudetto bisogna saper vincere anche quando non si è perfetti. E in questo, il Napoli di Conte, è sicuramente un passo avanti.

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  • Michael Di Chiaro: "L'Atalanta ha uno status che il Napoli non ha"

    L'Atalanta, con il capolavoro del Maradona, ha dimostrato di essere ad un livello superiore che al Napoli, per ragioni di tempo, di progettualità e di uomini, non può ancora appartenere. La squadra di Conte è una creatura che ha sì mantenuto una buona ossatura della squadra che ha vinto lo Scudetto due anni fa, ma ha inserito giocatori differenti e soprattutto sta sviluppando una tipologia di calcio differente secondo i dettami del tecnico salentino.


    Dall'altro lato vediamo un'Atalanta al nono anno di gestione targata Gian Piero Gasperini, contraddistinta dall'impressionante capacità di alzare sempre e comunque l'asticella. Stiamo parlando di una squadra che solamente sei mesi fa ha vinto il secondo trofeo europeo per ordine d'importanza acquisendo ancora più consapevolezza, ma soprattutto uno status differente, che oggi il Napoli non ha.


    La Dea, ieri, ha dominato inserendo il capocannoniere del campionato solamente nell'ultimo quarto d'ora di gioco e insieme a lui dalla panchina è entrato anche Samardzic, mentre a disposizione c'era anche Zaniolo. L'Atalanta ha un'identità di gioco unica, capace di mandare in tilt qualsiasi sistema di gioco avversaio, ma ciò che non deve passare inosservato è l'impressionante numero di soluzioni che i bergamaschi hanno dalla trequarti in su. Roba da big, fatta e finita

  • Stefano Silvestri: “È più spumeggiante, non più forte”

    La sensazione è che Antonio Conte, dopo il tremendo 0-3 del Maradona, abbia voluto togliere ulteriore pressione dalle spalle dei propri ragazzi. Come del resto ha fatto spesso e volentieri nelle prime settimane della stagione, durante le quali più volte ha indossato i panni del pompiere per spegnere – o quantomeno smorzare – gli entusiasmi e gli ardori della piazza.

    Se l'Atalanta ha saputo sopperire alla partenza di Koopmeiners con un mercato in entrata eccellente, non va dimenticato che la rosa del Napoli non è solo la stessa o quasi del decimo posto della stagione scorsa: in gran parte è formata anche e soprattutto dagli elementi che un anno prima avevano vinto uno Scudetto in maniera dominante, anche se il simbolo di quell'impresa, ovvero Victor Osimhen, oggi gioca altrove.

    L'Atalanta non è più forte del Napoli in termini assoluti. Prendiamo i singoli: un Kvara Gasperini non ce l'ha, un Lobotka neppure. La Dea è più spumeggiante, questo sì. Più bella da vedere, più travolgente quando è in giornata o in serata. Ma deve imparare a gestirsi nel lungo periodo, senza incappare in scivoloni inattesi o in periodi neri. Cosa che gli azzurri scudettati hanno già dimostrato di saper fare.

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  • Inter VeneziaGetty Images

    INTER PRONTA AL SORPASSO?

  • Marco Trombetta: "Ora l'Inter è chiamata a fare l'Inter"

    La sconfitta nel derby e il pareggio 4-4 con la Juventus ci hanno fatto riscoprire un'Inter più umana in questa stagione dopo il dominio dello scorso anno. La vera Inter, però, certe partite non le sbaglia. Toccherà a Simone Inzaghi ritrovarla, a partire magari già dalla partita di Champions contro l'Arsenal che ci farà capire una volta di più come i nerazzurri arriveranno al primo vero scontro Scudetto del campionato contro il Napoli.

    Perché se mi fate la domanda di prima, in questo caso la risposta è più semplice. Ossia che l'Inter, sì, è più forte del Napoli. Ma adesso è chiamata a dimostrarlo. Perché dall'altra parte c'è un Conte che dopo il tonfo contro l'Atalanta avrà voglia di dimostrare che il Napoli non è lì per virtù del calendario. Ma quel primo posto in classifica, come valori assoluti, spetterebbe all'Inter. E questa partita è l'occasione, per la squadra di Inzaghi, di darne prova.

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  • Michael Di Chiaro: "Una nuova capolista alla sosta"

    Al netto di qualche tentennamento difensivo, come dimostrano i tanti goal subiti in questa parte di stagione, l'Inter imbocca la settimana che conduce allo scontro diretto con il Napoli nella miglior condizione possibile. Aver recuperato tre punti proprio a sette giorni dal faccia a faccia di San Siro può rappresentare un boost non indifferente, mentre sul versante azzurro le scorie di una sconfitta così pesante rischiano di lasciare il segno anche a Milano, nel contesto di una gara che già di per sé presenta un coefficiente di difficoltà molto alto.
    L'Inter, ad oggi, non sembra la macchina perfetta ammirata lo scorso anno, ma ha consapevolezza, uomini e un'identità di gioco che in un'ipotetica griglia di partenza la pone nettamente davanti a tutti, anche se l'impegno infrasettimanale contro l'Arsenal in Champions League potrebbe costare molto dal punto di vista delle energie e della brillantezza in vista di domenica, a dispetto di un Napoli che quest'anno ha la possibilità di gestire risorse e forze preparando un impegno alla settimana. Al Meazza, però, i campioni d'Italia in carica hanno tutti i requisiti per andare alla sosta da nuova capolista della Serie A.

  • Stefano Silvestri: “Resta la grande favorita per lo Scudetto”

    Sulla carta, l'Inter rimane la squadra più forte del campionato. E dunque la favorita numero uno per la conquista dello Scudetto. È una convinzione che non mi è mai venuta meno, neppure quando i nerazzurri scivolavano a -4 dal Napoli dopo il 4-4 con la Juventus, e che non sarebbe scomparsa nemmeno se Sverko avesse segnato con la testa e non con la mano.

    Lo dice la rosa: nessuno ne ha una simile. La squadra di Simone Inzaghi ha spesso il torto di non riuscire a chiudere partite alla portata. Come quella contro il Venezia, appunto. Ma le potenzialità che offre, sia a livello di calciatori che di gioco espresso, rimangono superiori a quelle di qualsiasi altra squadra del campionato. Anche del Napoli.

    Domenica sarà sorpasso, dunque? Nessuno può saperlo. Ma intanto le possibilità sono reali e concrete. L'unica certezza è che gli azzurri di certezze non ne hanno più, perse d'un colpo dopo la passeggiata atalantina al Maradona. Mentre l'Inter arriva sì con lo spavento di quanto accaduto col Venezia, ma anche e soprattutto col vento in poppa di 5 vittorie e un pareggio nelle ultime 6 giornate. Senza dimenticare il fattore casalingo, visto che si giocherà al Meazza.

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  • Ivan Juric Roma 2024-2025Getty Images

    JURIC È ARRIVATO AL CAPOLINEA?

  • Marco Trombetta: "La verità è che Juric non è mai partito"

    Altro che capolinea, qui il problema è che Juric non ha nemmeno mai lasciato la stazione di partenza. Lo si era capito sin dall'esonero di De Rossi e dopo Verona ne abbiamo avuto l'ennesima conferma. Juric, per quanto bravo, è stato messo sulla panchina della Roma con l'etichetta di 'morto che cammina'. La società sapeva bene che lo avrebbe esposto ad una gogna mediatica (e della pubblica piazza) che sarebbe esplosa al primo risultato negativo e che, allo stesso tempo, sarebbe stata impossibile da tamponare.

    La colpa, fondamentalmente, non è di Juric ma di chi ce l'ha messo. La stagione della Roma, al netto di tutto, appare già compromessa e a quel punto avrebbe davvero senso affidarsi a un uomo del popolo, al classico parafulmini, per cercare di salvare la situazione. De Rossi in tal senso era perfetto, l'abbiamo detto più volte. Adesso Ranieri, se ha voglia di tornare sui propri passi (aveva detto che il Cagliari sarebbe stato il suo ultimo club) potrebbe essere l'unica soluzione sensata.

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  • Michael Di Chiaro: "Tutto sembra ormai compromesso"

    La sensazione è che la situazione sia pressochè irrecuperabile. Con Juric al timone, da settembre inoltrato, la Roma ha già incassato quattro sconfitte, ma ha soprattutto palesato un nervosismo generale che non può che continuare a fare male alla Roma stessa.


    Al di là dei risultati, decisamente rivedibili, sul campo a pesare è anche il rapporto con i senatori del gruppo squadra - che sembra già ampiamente compromesso - e con un ambiente con il quale, evidentemente, la scintilla sembra non essere proprio scoccata.


    Restando ancorati alle questioni puramente di campo, tre sconfitte nelle ultime quattro - con nove goal al passivo - rappresentano un enorme paradosso per chi era stato chiamato a raddrizzare una situazione che invece non fa altro che peggiorare. La percezione è che, al netto della trasferta in Belgio in Europa League, è che il cambio al timone sia inevitabile.

  • Stefano Silvestri: “Esonero quasi inevitabile, ma i guai nascono da lontano”

    Che pasticcio. Una stagione nata male sembra essere destinata a proseguire peggio, se qualcuno nell'ambiente non troverà la chiave di volta per cambiarne le sorti. Sarà Ivan Juric? Difficile: ormai è un uomo accerchiato, sfiduciato già al momento del suo arrivo a Roma a causa di un curriculum che mai lo aveva visto allenare squadre di alto livello, e condannato da risultati ancor più mediocri di quelli ottenuti da De Rossi.

    La colpa principale non è nemmeno sua, probabilmente. Da Mourinho a De Rossi, da De Rossi a Juric, in pochi mesi proprietà e dirigenza sono riuscite nell'impresa di gettare al vento il patrimonio di entusiasmo e sold-out continui generato dal regno del portoghese: non era semplice. Decisioni controverse fuori dal campo che si sono riverberate in campo, tra risultati deludenti, tensioni continue e la sensazione che, sì, l'ex allenatore di Verona e Torino sia davvero giunto al capolinea. Anche lui ci ha messo del suo, tra litigi nello spogliatoio e quelle dichiarazioni buoniste che altro non hanno fatto che infastidire ancor più i tifosi.

    Il problema in caso di esonero sarà un altro: far fuori Juric per prendere un Paulo Sousa, con tutto il rispetto, vorrebbe dire passare dalla padella alla brace. Serve un nome forte, che possa placare le ire di una piazza inferocita con i Friedkin e i loro sottoposti. Esiste la volontà, la forza economica e un progetto serio in questo senso? Probabilmente no. E allora di che si parla?

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