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Squadra Israele calcioGetty Images

Addio agli sponsor e boicottaggi: fuga dalla federazione israeliana per la maglia della Nazionale

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Il prossimo 8 settembre l'Italia giocherà la prima delle due partite di qualificazione al Mondiale 2026 contro Israele. La rappresentativa calcistica è stata infatti inserita nel gruppo I e contenderà agli azzurri un posto nella prossima Coppa del Mondo al pari di Norvegia, Estonia e Moldavia. Mentre tifosi di tutto il mondo e non solo la federazione palestinese chiedono alla FIFA di escludere la squadra dalle competizioni in virtù del genocidio in atto a Gaza, l'organizzazione di Infantino non ha per ora cambiato idea sul permettere alle squadre di club e alla Nazionale di competere nei tornei europei e internazionali.

Israele-Italia si giocherà al Nagyerdei Stadion di Debrecen, Ungheria (il team guidato da Ben Shimon non gioca in casa le proprie sfide dal 2023), mentre il ritorno è previsto a Udine. Due sfide che faranno rima con politica, proteste e forti prese di posizione.

La Nazionale israeliana porta con sè anche la questione sulla maglia con cui scende in campo nelle partite amichevoli e ufficiali (Nations League e qualificazioni), considerando come nell'ultimo biennio gli sponsor tecnici abbiano dovuto fare i conti con boicottaggi e proteste da parte di migliaia di persone in tutto il mondo, portando gli stessi a sfilarsi dai vari accordi, annunciati ufficialmente o meno, con la federazione.

  • LA FUGA DI PUMA

    Nel dicembre 2023, a due mesi dalla massiccia occupazione militare permanente della Striscia di Gaza da parte di Israele, Puma ha annunciato di non voler più sponsorizzare la Nazionale.

    In realtà Puma, subentrata ad Adidas, era stata oggetto di boicottaggio da anni, da quando nel 2018 ben 215 squadre sportive palestinesi avevano chiesto all'azienda tedesca di porre fine alla sponsorizzazione della federazione israeliana.

    Due anni fa Puma precisò che la decisione era stata presa già da tempo e non aveva alcuna relazione con la situazione palestinese, ma la campagna di boicottaggio dei prodotti sembrava aver ampiamente limitato vendite e immagine della società.

    Secondo il Financial Times, inoltre, uno dei motivi che avrebbe spinto Puma a interrompere il contratto con l'IFA, la federazione israeliana, sarebbe il scarso appeal della maglia sul mercato globale.

    "Contrariamente al patetico tentativo del movimento di BDS (movimento a guida palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, ndr), o di qualsiasi altro movimento ostile, di trarre in inganno e affermare che l'accordo tra Puma e IFA sia terminato sotto la sua influenza, l'annuncio di Puma conferma che questa non è stata affatto una considerazione" dichiarò un rappresentante dell'IFA a The Athletic .

    "È stata l'IFA a informare Puma il 19 settembre 2023 che l'accordo tra le parti sarebbe terminato il 31 dicembre 2024, nonostante ci fosse la possibilità di estenderlo fino al 2026, in base all'accordo tra le due parti". 

    Il contratto di Puma con Israele è così scaduto il 31 dicembre 2024, anche se nelle prime partite del 2025 la casacca della rappresentativa è ancora 'firmata' dal celebre logo in attesa di un accordo effettivo con un nuovo sponsor. Sì, ma quale?

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  • L'ARRIVO DI ERREA?

    Dopo l'addio di Puma all'IFA, Israele sembrava aver trovato un accordo con Errea, azienda italiana che sponsorizza diversi club del paese. Dopo la notizia del nuovo sponsor, la campagna di boicottaggio da parte di BDS è cominciata.

    Secondo alcune fonti, l'accordo tra Errea e Israele sarebbe dovuto durare per un biennio, tra il primo gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026, ma lo sponsor ha deciso di prendere le distanze rapidamente dalla federazione.

    Nel concreto l'accordo tra Errea e IFA non è mai stato realmente ufficializzato dall'azienda italiana, nonostante Israele avesse pubblicato alcuni kit 'di prova' già nel 2024. Alla fine, però, tra boicottaggio e dietrofront, Israele ha visto un altro sponsor allontanarsi.

    Secondo l'Adnkronos il contratto tra Errea e la Federazione Calcistica Israeliana sarebbe stato siglato ufficialmente a Tel Aviv il 2 agosto del 2024, prima del caos su Instagram e Telegram: il presidente dell'azienda, sempre secondo l'Adnkronos, pur non avendo sporto formalmente denuncia contro messaggi minatori per l'accordo, avrebbe rappresentato la situazione agli organi provinciali delle forze di polizia, alle prefetture e ai carabinieri.

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  • IL RUOLO DI REEBOK

    Niente Adidas, boicottata fino al 2018 con diverse iniziative (tra cui una raccolta firme), niente Puma e niente Errea. 'In aiuto' dell'IFA è così arrivata Reebok, azienda statunitense che ha scelto di firmare un accordo con la rappresentativa israeliana nei primi mesi del 2025.

    La nuova campagna di boicottaggio contro il nuovo sponsor dell'IFA è cominciata a marzo, con Reebook eliminato in fretta e furia dal sito web della federazione calcistica israeliana per un possibile ripensamento del brand americano. A fine luglio, però, questo è ricomparso, confermando in teoria l'accordo tra il produttore di kit e la rappresentativa che affronterà l'Italia il prossimo settembre.

    In passato Reebok aveva già mostrato vicinanza a Israele, ma nel 2016 dovette ritirare dal mercato la scarpa Israel 68, creata in edizione limitata da 68 paia per celebrare il 68° anniversario della fondazione dello Stato. 

    Reebok, in teoria, avrebbe voluto lanciare sul mercato Israel 68 a una settimana dalla Nakba, giornata in cui in Palestina si ricorda la distruzione di oltre 500 villaggi durante la guerra del 1948 e la fuga e espulsione di almeno 700.000 persone. Inutile dire che il lancio venne cancellato, vista la vicinanza alla data della commemorazione palestinese.

    All'epoca Reebok Global si scusò dichiarando che la scarpa era solamente frutto dell'idea di un collezionista di Reebok.

    Reebok è quindi il nuovo sponsor della rappresentativa israeliana oppure no? Non è chiaro, con i dubbi nuovamente al centro della questione dopo il nuovo apparire del logo nel sito dell'IFA.

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