Pubblicità
Pubblicità
Golazo BoliviaGOAL

Golazo - Il nuovo e il vecchio: tra i goal di Miguelito Terceros e il sogno di Marcelo Moreno, la Bolivia vede i Mondiali dopo 32 anni

Pubblicità

Giocare a calcio a El Alto è praticamente impossibile per chiunque. L’aria rarefatta dell’altitudine rende un’impresa anche la rincorsa di un pallone, che di suo se ne va un po’ dove vuole e alla velocità che vuole. Serve uno spirito di adattamento non indifferente per chi ha la missione di uscire sportivamente vivo da un inferno. A meno che questo qualcuno non si chiami Bolivia, naturalmente.

Sulle Ande, dopo più di un trentennio, si è tornati a sognare davvero. Sogni alti come i 4150 metri sul livello del mare di El Alto, dove la nazionale di Oscar Villegas disputa le proprie partite casalinghe. Sogni di gloria che fanno rima con Mondiale, un evento più unico che raro da quelle parti: è capitato appena tre volte, due di queste in un’epoca calcisticamente preistorica (1930 e 1950) e l’ultima, indimenticabile, nell’edizione americana del 1994.

32 anni più tardi, la Bolivia potrebbe giocare di nuovo una fase finale della Coppa del Mondo. Ha chiuso settima il girone unico delle Qualificazioni sudamericane, qualificandosi per gli spareggi che si giocheranno a marzo, poco prima dell’inizio dell’edizione statunitense-canadese-messicana. Un evento che non si verificava da più di un trentennio, appunto, e che ha mandato fuori di testa un popolo intero.

Il simbolo è un ragazzino di 21 anni, il ct è uno che nel corso della propria carriera era sempre rimasto nell’ombra prima di oggi. E poi c'è un grande vecchio che non gioca da un bel po', ma che vorrebbe tornare in pista per dare una mano. Personaggi forse improbabili per una storia improbabile, decisamente poco pronosticabile, ma che ha preso forma in maniera sempre più concreta nel corso delle settimane e dei mesi. Fino a dare vita al grande sogno: ripercorrere le orme del Diablo Etcheverry e compagni.

  • Peru v Bolivia - FIFA World Cup 2026 QualifierGetty Images Sport

    AMICA ALTITUDINE

    L’Argentina ha chiuso al primo posto il raggruppamento di qualificazione, il sorprendente Ecuador al secondo, il Brasile al terzo ma assieme a Colombia e Uruguay, il Paraguay al sesto. Ma la sensazione vera è stata proprio la Bolivia. La squadra di Villegas si è piazzata al settimo posto finale proprio all’ultima giornata, superando clamorosamente il Venezuela che nel frattempo ne prendeva sei in casa dalla Colombia.

    Clamorosamente? Sì, clamorosamente. Perché la Verde non ha battuto un avversario qualsiasi per ottenere il pass per gli spareggi: a cadere all’Estadio Municipal di El Alto è stato il Brasile, la nazionale più titolata del continente. È finita 1-0, ha segnato su rigore agli sgoccioli del primo tempo il ventunenne Miguel Terceros, per tutti Miguelito. Verso la fine della partita, prima ancora che l’arbitro Garay fischiasse per tre volte ufficializzando l’approdo boliviano ai playoff interzona, un telecronista locale è quasi scoppiato in lacrime in diretta: "L’emozione non mi sta facendo andare avanti".

    Decisive, ancora una volta, sono state le vittorie in casa: dei 20 punti totalizzati, la Bolivia ne ha raccolti addirittura 17 nella soffocante atmosfera di El Alto. Normale, accade tutte le volte. E poi, sì, anno aiutato eccome i due posti in più concessi dalla FIFA alla CONMEBOL, da quattro a sei, più il solito a disposizione per lo spareggio intercontinentale: col sistema in atto fino all’ultima edizione dei Mondiali, i punti di distanza dei boliviani dalla quarta e quinta posizione sarebbero stati otto.

    Fuori casa, la Bolivia ha conquistato l’intera posta in palio una sola volta: 2-1 in Cile nel settembre del 2024. Si è trattato di un successo dal sapore storico: un colpo in trasferta mancava addirittura da 31 anni, dal 7-1 in Venezuela nel 1993 ottenuto nel percorso di qualificazione verso i Mondiali americani. Il ct Villegas, non a caso, ha definito quella notte “un punto di svolta”.

  • Pubblicità
  • "ORA SIAMO COMPETITIVI"

    A proposito dello spareggio: da quest’anno, come già accennato, si deve parlare al plurale. Il playoff tra una sudamericana e un’oceanica appartiene già al passato: a marzo saranno sei le nazionali che si giocheranno due posti per i Mondiali. Una è proprio la Bolivia, un’altra l’inedita Nuova Caledonia. E poi altre due dalla CONCACAF - in quanto continente ospitante della fase finale -, una dall’Asia e l’altra dall’Africa.

    "È sempre dura, i playoff saranno difficili - ha detto a metà settembre il ct Villegas - ma chi vuole arrivarci, come diciamo nel calcio, chi vuole diventare campione deve battere chiunque si trovi davanti a lui, per cui tutto ciò che dobbiamo fare è vincere perché vogliamo andare ai Mondiali. Non ci sentiamo inferiori o superiori a nessuno, ma improvvisamente questa squadra ha dimostrato di poter essere competitiva. Questi giovani giocatori sono sempre più maturi e sempre più convinti delle loro capacità. Penso che ci arriveremo in buona forma".

  • Pubblicità
    Pubblicità
  • Miguelito Terceros Bolivia BrasileGetty Images

    IL GIOVANE MIGUELITO

    L’età media dei convocati della Bolivia, effettivamente, è piuttosto giovane. Non molti superano la trentina, anche se a spiccare è la presenza di un’istituzione come il trentottenne portiere Carlos Lampe, ancora in campo e titolare pure contro il Brasile. La stella vera, però, ha tutto un altro tipo di background calcistico: si chiama Miguel Angel Terceros, ma tutti in Bolivia e in Sudamerica lo conoscono come Miguelito. 177 centimetri di pura tecnica, ha 21 anni e di professione fa l’esterno offensivo col piede invertito, mancino che parte da destra, come calcio moderno comanda.

    Giusto per capire il contesto: Miguelito gioca nella… Serie B brasiliana, nell’America di Minas Gerais. Anche se in prestito, visto che il suo cartellino appartiene al Santos di Neymar. Nel 2024 ha giocato praticamente solo nella formazione Under 20 del Peixe, collezionando appena qualche presenza in prima squadra. Il tutto mentre Villegas già cominciava a convocarlo con frequenza in Nazionale, intravedendo in lui il possibile trascinatore in un girone iniziato malissimo (tre ko di fila) e raddrizzato grazie alle vittorie in casa e allo storico colpaccio in Cile del settembre di un anno fa.

    Del resto di Miguelito si parla da diverso tempo. Da quando il Santos, nel 2018 e appena quattordicenne, ha lo prelevato dalla Bolivia attraverso un progetto di interscambio col paese andino inserendolo nelle proprie giovanili. O da quando è diventato il calciatore straniero più giovane di sempre a fare il proprio debutto nel Brasileirão, nel 2022, a 18 anni, 5 mesi e 16 giorni, superando il precedente record stabilito nel 2011 da Manuel Lanzini (Fluminense, poi anche al West Ham). Poi ci sono anche i fatti meno positivi: a maggio Miguelito è stato squalificato per cinque giornate per aver rivolto un’offesa razzista ad Allano, attaccante dell’Operario, in una partita della B brasiliana.

    In tutto questo, la giovane promessa ha fatto il fenomeno nelle Qualificazioni. Se Leo Messi ha chiuso davanti a tutti nella classifica marcatori con otto reti, al secondo posto c’è proprio lui, anche se in coabitazione con Luis Diaz del Bayern: sette centri, l’ultimo proprio contro il Brasile, quello che ha portato la Bolivia agli spareggi. Sul dischetto si è portato lui, giusto per capire il livello di personalità: sinistro aperto a battere un monumento come Alisson, 1-0, El Alto in fiamme.

    Di Miguelito Terceros si sta iniziando a parlare anche fuori dal Sudamerica, sempre più spesso e con sempre maggiore convinzione. Il padre del giocatore ha rivelato qualche settimana fa che "il Real Madrid sta provando a prenderlo e ha chiesto concretamente informazioni", puntualizzando comunque che "la questione è nelle mani degli agenti". La clausola rescissoria fissata dal Santos è altissima, ancorché di facciata: 100 milioni di euro.

  • ENJOYED THIS STORY?

    Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

  • MORENO TRA SOGNO E BOUTADE

    Chi non fa parte della rosa attuale della Bolivia è Marcelo Moreno Martins. Che sì, sarà anche il marcatore più prolifico della storia della Verde con 31 reti in 107 presenze, ma oggi non è nemmeno più un calciatore: classe 1987, ha lasciato la Nazionale nel 2023 e il calcio giocato nell’aprile del 2024, dopo essere stato rimesso sotto contratto dal Cruzeiro appena per rimanere in forma in vista di una partita d’addio organizzata appositamente per lui.

    Solo che a Moreno, che la Nazionale l’ha sempre portata nel cuore, è venuta una certa voglia di rimettersi in gioco. Dopo aver visto gli ex compagni si sono portati a pochi passi dai Mondiali, l’ex centravanti ha affermato pubblicamente di volersi mettere in gioco in vista degli spareggi di marzo. Anche se attualmente non scende in campo seriamente da quasi due anni, da quando cioè ha lasciato l’Independiente Del Valle alla fine del 2023.

    “Avevo bisogno di ritirarmi, avevo bisogno di una pausa nella mia carriera. Ma oggi questa felicità che ci stanno dando i ragazzi della nazionale mi motiva a fare tante cose. Vedremo cosa succederà. Se Dio vorrà e lo permetterà, così sia. Sarei contento di tornare. Intanto mi sto godendo nel migliore dei modi questo momento, analizzando attentamente la situazione. Questa è la risposta migliore che posso dare in questo momento”.

    Nessuna boutade, l’idolo nazionale Moreno si è proposto seriamente. Ma il ct Villegas non ha voluto aprirgli nemmeno uno spiraglio, definendolo senza troppi giri di parole “un ex giocatore” e spegnendo il pittoresco sogno di chi sperava nel clamoroso ritorno.

    "Non posso prenderlo sul serio. È stato un grande giocatore, ma non gioca da un anno e passa e dovrebbe prima trovare un club. Non c'è motivo di prendere in considerazione un ex giocatore. Devo basare il mio pensiero sulla realtà, non posso fare supposizioni. La realtà è che Marcelo non ha un club, non gioca, e io convoco solo giocatori in attività. Una nazionale richiede giocatori che militino per un club: in caso contrario non posso selezionarli. Ho bisogno di vederli in partita per valutare il loro livello. Se Marcelo o qualsiasi altro giocatore vuole essere convocato in nazionale, deve essere sotto contratto con un club, deve essere in attività e giocare a un buon livello per essere convocabile".

  • Pubblicità
    Pubblicità
  • IL CT RITIRATOSI A 29 ANNI

    Il commissario tecnico è il già citato Oscar Villegas. Nativo di Cochabamba, 54 anni, da calciatore si è ritirato a soli 29. Faceva l’attaccante, ha giocato anche nel Bolivar, prima che un grave infortunio a una caviglia lo costringesse ad appendere precocemente le scarpe al chiodo.

    In Bolivia, Villegas è considerato una sorta di rifondatore. Conosce il calcio locale a menadito, diversamente dai ct stranieri che si sono succeduti prima di lui, compreso l’ex romanista Antonio Carlos Zago. Soprattutto, conosce tanti elementi della nazionale avendoli allenati nei vivai dei club o nelle Under locali (17 e 20). In panchina ha fatto un po’ di tutto: l’allenatore vero, quello a interim, l’assistente, il ct delle selezioni giovanili. Ora vuole emulare il mitico Xabier Azkargorta, lo spagnolo che per l’ultima volta ha portato la squadra ai Mondiali e recordman di presenze sulla panchina boliviana.

  • Marco EtcheverryGetty Images

    LE GESTA DEL DIABLO

    È in questo contesto e con questi scenari che i calciatori della Bolivia si sono messi in testa di emulare le gesta dei propri papà. L’ultima generazione ad approdare alla fase finale dei Mondiali fu quella del "Diablo" Marco Etcheverry, probabilmente il giocatore più iconico della storia del paese, look stravagante da indio, seconda punta mancina e ballerina che nel 1993 trascinò la Verde alla fase finale negli Stati Uniti. Determinante, allora come oggi, fu una vittoria casalinga contro il Brasile: ma per 2-0, non per 1-0. La qualificazione arrivò grazie a un 1-1 ottenuto all’ultima giornata a Guayaquil, contro l’Ecuador: chi c’era non ha mai dimenticato.

    Era una Bolivia bella tosta, quella. Anche se negli States andò male un po’ per tutti: per la squadra, capace di conquistare appena un punto in un girone completato da Germania, Spagna e Corea del Sud, ma anche per il Diablo, entrato dalla panchina contro i tedeschi solo per farsi espellere dopo quattro minuti per un calcio di reazione a Matthäus, con conseguente squalifica di due giornate e un torneo finito quasi prima di cominciare.

    Era una Bolivia bella tosta anche per quel che avrebbe fatto subito dopo, con in campo gente come i futuri ct Julio Cesar Baldivieso ed Erwin “Platini” Sanchez, quest’ultimo altro personaggio da copertina, con un soprannome che ha bisogno di poche spiegazioni. I quarti di finale nella Copa America giocata in Uruguay nel 1995, intanto. Ma soprattutto la finale dell’edizione successiva, quella del 1997 disputata in casa, un percorso netto fatto di sole vittorie. Fino alla finalissima, dominata contro un Brasile in apnea (tre pali boliviani) ma vinta dai verdeoro per 3-1, con tanto di sigillo decisivo del Fenomeno Ronaldo.

  • Pubblicità
    Pubblicità
  • IL 6-1 A MARADONA, IL VIAGRA, IL NULLA

    Da allora, si è tornati a menzionare la Bolivia solo per qualche episodio sporadico. Nel 2015 la Verde si è issata di nuovo fino ai quarti di finale della Copa America: si giocava in Cile, in campo c’era Moreno Martins, a trionfare sono stati i padroni di casa. Per la cronaca: è l’unica volta in cui gli andini hanno superato la fase a gironi della competizione. Nel 2024, per dire, sono stati la squadra peggiore dell’edizione statunitense.

    A tenere parzialmente alto il nome della Bolivia in Sudamerica, poi, sono state alcune vittorie di prestigio ottenute nel percorso di qualificazione dei Mondiali. Pur senza mai avvicinarsi agli spareggi o al pass diretto, la Verde si è ad esempio divertita a fare la festa all’Argentina. Indimenticabile in questo senso il 6-1 di La Paz del 1° aprile del 2009, con Diego Armando Maradona sulla panchina albiceleste. Ma nel mito è entrato pure il 2-0 del 28 marzo 2017, anche se in un altro senso: pare che quella volta gli argentini abbiano provato ad aiutarsi assumendo il Viagra, con l’intento di combattere gli effetti nefasti dell'altitudine consentendo una migliore ossigenazione del sangue.

    Il tutto si è sempre rivelato fine a se stesso e completamente slegato da qualsiasi traguardo finale. Fino a oggi. Fino a quando la Bolivia ha ripreso in mano un sogno ormai abbandonato da tre decenni e passa. E oggi come allora, si tratta di un sogno a stelle e strisce.

0