Pubblicità
Pubblicità
Birsa MilanGetty

Il goal ai Mondiali e l'illusione Milan: la parabola di Valter Birsa

Pubblicità

In molti ambienti esiste la convinzione che la Slovenia sia ‘l’Uruguay d’Europa’: com’è possibile che nazioni così piccole e con pochi milioni di abitanti (poco più di due milioni nel caso dello stato europeo), riescano a sfornare talenti in vari ambiti, tenendo testa a colossi più forniti in termini di rappresentanza numerica?

Sono diversi gli atleti sloveni che eccellono nei rispettivi sport: nel ciclismo spicca Tadej Pogačar, uno dei più completi di sempre e capace di primeggiare in due Tour de France, mentre nel calcio basta fare i nomi di Samir Handanovic, Josip Ilicic e Jan Oblak per rendere l’idea dell’eccezionale cultura sportiva vigente in uno stato sorto soltanto nel 1991 in seguito all’indipendenza dalla Jugoslavia e grande poco più del Lazio.

A quei nomi citati si sarebbe potuto aggiungere anche Valter Birsa, uno dei talenti più in vista nei primi anni ‘10 che però non è mai andato oltre lo status di buon giocatore, sebbene gli addetti ai lavori lo avessero a più riprese indicato come un potenziale crack del calcio europeo.

La stagione al Milan resta l’apice di una carriera chiusa in maniera un po’ prematura, quasi senza preavviso: Birsa si è ritirato nel silenzio più assoluto, lasciando poche tracce in un mondo che ha la pecca di dimenticare presto alcuni dei suoi protagonisti.

  • Birsa Slovenia 2010Getty

    LA ‘10’ DELLA SLOVENIA E LA GIOIA MONDIALE

    Quando, a giugno 2002, la Slovenia prende parte al suo primo storico Mondiale in Corea del Sud e Giappone, Birsa non ha ancora compiuto 16 anni: li avrebbe festeggiati il 7 agosto, con l’amarezza di una spedizione da dimenticare per i suoi beniamini, sconfitti in tutte e tre le partite in un girone comprendente Spagna, Paraguay e Sudafrica.

    Forse è proprio questa delusione, vissuta da esterno e davanti alla tv, a forgiarne ulteriormente il carattere e a fargli porre un obiettivo ambizioso: partecipare con la Slovenia ad un altro Mondiale, stavolta da protagonista, sperando di fare una figura migliore rispetto a quella andata in scena in Asia.

    Birsa è un trequartista che vanta numeri da attaccante: nella stagione 2005/2006 i goal con la maglia del Gorica sono addirittura 19, a cui si aggiunge quello realizzato nel turno preliminare di Champions League contro gli albanesi del KF Tirana.

    In poco tempo diventa un pilastro dell’Under 21 e, nella stessa annata, inizia ad intravedere – seppur in lontananza – il frutto del suo obiettivo: il 28 febbraio 2006 è il giorno del debutto con la nazionale maggiore in occasione dell’1-0 rifilato in trasferta al Cipro, la prima di 90 presenze totali che ne fanno il terzo giocatore più rappresentativo alle spalle degli ex Chievo Bostjan Cesar e Bojan Jokic.

    La più importante è senza dubbio la 36esima, il 2-2 contro gli Stati Uniti: è il 18 giugno 2010 e si gioca a Johannesburg per la seconda giornata della fase a gironi del Mondiale sudafricano, con la Slovenia che ha la clamorosa opportunità di qualificarsi come prima con un turno di anticipo in caso di vittoria.

    All’esordio contro l’Algeria è bastata una rete di Koren per avere la meglio e, incredibilmente, le condizioni per l’impresa sembrano materializzarsi: a sbloccare le marcature è proprio Birsa, seguito da Ljubijankic che porta al riposo i suoi sul doppio vantaggio. L’Inghilterra non va oltre lo 0-0 nell’altra partita e il miracolo sembra compiuto: Donovan e Bradley riportano sulla terra i ragazzi guidati da Kek, battuti di misura dagli inglesi nell’ultimo match decisivo che qualifica anche gli USA, salvati dal solito Donovan che al 91’ beffa l’Algeria.

    Una delusione atroce per Birsa e compagni, non di certo paragonabile alla spedizione di otto anni prima, chiusa senza alcun punto: stavolta, la consapevolezza di aver lottato fino all’ultimo secondo, è tangibile.

  • Pubblicità
  • L’ARRIVO IN ITALIA E LA CHANCE SPRECATA AL MILAN

    Birsa disputa il Mondiale da giocatore dell’Auxerre, in Francia, dove è sbarcato nel 2006 grazie alla firma col Sochaux. Che, però, l’Italia sia nel suo futuro, lo si capisce semplicemente leggendo il luogo di nascita: San Pietro-Vertoiba, un comune sloveno a pochi km di distanza dal confine italiano.

    Questa ‘previsione’ si avvera nel 2011, quando il Genoa di Preziosi lo preleva a parametro zero: Birsa ha quasi 25 anni, l’età giusta per tentare l’avventura in un campionato più probante come la Serie A. Purtroppo per lui, tra infortuni e scelte dell’allenatore, l’impiego sarà ridotto al minimo: all’esordio in campionato contro l’Atalanta viene espulso, e le uniche soddisfazioni sono le due reti in Coppa Italia a Bari e Inter, quest’ultima inutile per evitare l’eliminazione.

    Il ‘Grifone’ decide così di cederlo in prestito al Torino, dove gli sprazzi di qualità restano isolati. Nonostante l’andazzo, l’occasione della vita si profila improvvisamente: a fargli spazio al Milan è Luca Antonini, che passa al Genoa, mentre per lo sloveno può avere inizio l’avventura in rossonero.

    Quella è una stagione disgraziata per il 'Diavolo', chiusa all’ottavo posto e condizionata dal cambio in panchina con Allegri (esonerato) a lasciare il posto a Seedorf. Birsa ha quantomeno l’onore di condividere lo spogliatoio con Kaká e di disputare quattro gare nel raggruppamento di Champions League, oltre alle due gioie personali in Serie A.

    Gli unici due goal di Birsa sono peraltro decisivi e regalano sei punti al Milan: il primo nell’1-0 alla Sampdoria il 28 settembre 2013, seguito tre settimane più tardi dal secondo nel successo (col medesimo risultato) sull’Udinese, ancora una volta nello scenario di San Siro. Da dicembre in poi, le possibilità di scendere in campo finiscono con l’annullarsi a causa dei problemi fisici e con l’acuirsi del senso di incompiutezza che alimenta i rimpianti.

  • Pubblicità
    Pubblicità
  • I QUATTRO ANNI E MEZZO D’ORO AL CHIEVO E IL RITIRO NEL SILENZIO

    Per descrivere il periodo d’oro di Birsa al Chievo basta questa frase di Sergio Pellissier, pronunciata nel corso di un’intervista concessa a ‘La Gazzetta dello Sport’.

    “Birsa al Milan potrebbe giocarci ancora e bene”.

    Il contesto è l’ottobre 2017, ormai tre anni dopo l’addio al Milan e la consapevolezza di non aver sfruttato al massimo la chance a tinte rossonere. Parole non banali, che testimoniano il segno lasciato dallo sloveno in gialloblù: 18 goal in 163 apparizioni, prima del divorzio nel gennaio 2019 quando la stagione del Chievo (alla fine arriverà la retrocessione) è già ampiamente compromessa.

    Il feeling di Birsa con l’ambiente clivense si può quasi toccare con mano ed è tutto lì, nelle giocate d’alta scuola con cui delizia i suoi tifosi: non quelli dell’Inter, puniti addirittura con una doppietta il 21 agosto 2016, risultato che affossa la creatura di Frank De Boer alla prima uscita ufficiale dopo un’estate tormentata.

    Una gioia immensa, mai provata nell’ultima tappa della carriera, il Cagliari: teoricamente durata due anni e mezzo, in pratica uno e mezzo, visto che ai nastri di partenza della stagione 2020/2021 a Birsa viene comunicato di non essere più parte del progetto con Eusebio Di Francesco in panchina. Lo sloveno resta fuori rosa, fino alla risoluzione del contratto che sancisce il divorzio definitivo a novembre 2020: di squadre interessate a lui, però, nemmeno l’ombra.

    Birsa capisce che la corsa è finita, che il tempo sui campi da calcio è giunto al termine: l’annuncio del ritiro sui social è la logica conseguenza del momento.

    “È arrivato il momento di annunciare la fine della mia carriera da calciatore. Lo faccio con la serenità e l’orgoglio, che derivano da quanto mi ha dato questa meravigliosa esperienza sportiva e di vita. In qualsiasi città, con qualsiasi maglia, ho dato sempre tutto me stesso con impegno e amore. Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno accompagnato in questo lungo e bellissimo viaggio: i presidenti, gli allenatori, i dottori e fisioterapisti, magazzinieri, tutte le persone che lavorano in società e i tanti tifosi delle squadre nelle quali ho giocato. Porterò un ricordo nel cuore di tutte queste persone che mi hanno sempre voluto e sostenuto. Poi i miei compagni di squadra, persone meravigliose con le quali ho lottato, sofferto e gioito insieme. Grazie agli amici di sempre, che in ogni momento mi sono stati vicini. E il GRAZIE più grande va alla mia famiglia, per avermi sempre supportato e sostenuto. A tutti voi un grande abbraccio! E grazie per l’affetto!”.

    Un’uscita dalle scene nel silenzio più completo, nella quasi totale indifferenza di un mondo che sa essere riconoscente ma anche terribilmente spietato: ed ecco la scritta ‘the end’, a caratteri cubitali, a campeggiare sui titoli di coda della carriera di Birsa, lo sloveno dai piedi magici.

  • ENJOYED THIS STORY?

    Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0