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Giuseppe Reina, l'italiano campione di Germania: dal Dortmund alla leggenda delle case di Lego

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Vincenzo Grifo e Daniel Caligiuri sono solo gli ultimi di una serie di giocatori arrivati a fare la differenza in Bundesliga da tedeschi, ma portando un cognome italiano e in molti casi avendo persino un passaporto italiano. In passato si ricorda Antonio Di Salvo, attuale allenatore della nazionale under 21 tedesca, oppure Salvatore Gambino.

Un posto speciale nel cuore di molti ce l’ha anche Giuseppe Reina, che l’Italia ce l’ha nelle origini e nel cognome, ma la cui vita si è sempre sviluppata in Germania. Tutti lo ricordano come ‘Billy’, il soprannome che come spessissimo capita gli era stato dato dalla sorella più piccola che non riusciva a pronunciare il suo nome.

Anzitutto, Reina è uno dei pochi ‘italiani di Germania’ ad aver vinto un Meisterschale, nel 2002 con il Borussia Dortmund. Ha disputato una carriera più che dignitosa segnando 34 gol in 171 partite di Bundesliga, oltre che 25 in seconda serie, in 15 anni di carriera, costruendosi un’ottima reputazione come esterno di potenza, estro, fantasia e temperamento.

Se però tutti si ricordano di lui, è per una leggenda metropolitana legata alle case. Si dice infatti che quando firmò con l’Arminia Bielefeld chiede di essere pagato, appunto, sotto forma di case, una per ogni stagione. Qualcuno racconta che il club gliele regalò… di Lego.

Ma andiamo un passo per volta.

  • Giuseppe Reina Arminia BielefeldGetty Images

    LA CARRIERA FA PROFESSIONISTA

    "Non voglio dire di aver ottenuto il massimo, ma non ho nulla da rimproverarmi. Forse ho iniziato il calcio professionistico troppo tardi”.

    Così Giuseppe Reina ha sintetizzato la sua carriera nel 2005 in un’intervista rilasciata a ‘Der Spiegel’, in cui ripercorreva le tappe del suo viaggio nel mondo del calcio. Era cominciato, come quasi sempre, da bambino a Unna, la sua città natale, nella Renania-Settentrionale Vestfalia, qualche chilometro a est di Dortmund. Il Königsborner SV è stata la prima squadra a livello dilettantistico, mentre chi prima di tutti ha creduto in lui da professionista è stata l’SGWattenscheid, oggi in quarta serie ma al tempo ‘ascensore’ tra le prime due divisioni.

    Le sue prestazioni in seconda serie spinsero l’ArminiaBielefeld a puntare forte su di lui: furono probabilmente i suoi migliori anni, due in Bundesliga e uno in Zweite. Era rimasto nonostante la retrocessione per la forza del gruppo che si era creato, l’alchimia di una squadra che è rimasta nel cuore di molti. Reina era uno dei protagonisti di quel gruppo, uno degli attori principali, e non sembra affatto casuale che dopo tre stagioni da titolarissimo, con 22 gol e 10 assist in oltre 100 presenze in una squadra di bassa classifica, arrivò a bussare alla sua porta il Borussia Dortmund.

    Era una squadra che stava vivendo dei cambiamenti, rispetto alla Champions League vinta nel 1997 aveva avviato una ristrutturazione puntando su volti nuovi, come appunto Reina. Che nelle prime due stagioni batteva le corsie cercando l’uno-contro-uno in velocità, sfruttando la sua potenza fisica e i suoi mezzi. Era nel momento migliore della sua carriera: la stagione 2000/01 con MatthiasSammer in panchina la chiusa con 10 gol e 6 assist.

    Sembrava scritto che persino nella seguente sarebbe stato tra i protagonisti, nonostante la faraonica campagna acquisti che portò in un colpo solo in giallonero Marcio Amoroso, Ewerthon e Jan Koller, senza dimenticare TomasRosicky arrivato qualche mese prima. Un attacco totalmente ristrutturato in cui Reina comunque poteva ancora trovare spazio, se non fosse che proprio in quella stagione iniziò a flirtare coi problemi fisici.

    Quell’anno il Bvb vinse il titolo trascinato da Amoroso, capocannoniere (e giocatore più costoso della storia della Bundesliga a quel tempo). Reina gli faceva da traduttore: Marcio parlava italiano e Giuseppe era uno dei pochi a padroneggiare la lingua in spogliatoio. Di fatto fu il suo unico ruolo fino all’inverno del 2004, quando lasciò i gialloneri dopo 114 presenze, un titolo di campione nazionale, tanti probemi fisici, e un faccia a faccia con Oliver Kahn che molti tifosi non hanno dimenticato, per accasarsi all’Hertha Berlino.

    Per i primi due due mesi le cose andarono bene, poi di nuovo la sfortuna. Rottura del legamento crociato nell'aprile 2004. E via ad altri problemi in serie, fino al punto in cui la società decise di non rinnovagli il contratto in scadenza nell’estate 2005.

    L’ultimo anno doveva trascorrerlo a Cipro con l’OmoniaNicosia (“ero già sull’aereo” aveva raccontato a ‘Der Spiegel’) con lo SportfreundeSiegen, in seconda serie, dove era arrivato per sostituire Patrick Helmes, giovane promessa del calcio tedesco, ex nazionale che ha fatto molto bene tra Colonia e Leverkusen. In Zweite per la prima volta in assoluto. Certo la sua auto di extralusso sfigurava un po’ in confronto alle utilitarie dei compagni. Viveva a Unna, la sua città natale, e andava a Siegen ogni giorno in auto sparandosi cento chilometri al giorno, ma poi "ogni volta che arrivavo dall'allenamento, il serbatoio era vuoto. E in questo momento non guadagno così tanti i soldi da potermelo permettere”.

    Non è mai riuscito ad arrivare in nazionale: in compenso nel 1999 fu convocato per una partita della Germania A2, una specie di seconda squadra, un esperimento voluto dalla federazione in seguito alle prestazioni deludenti al Mondiale del 1998. Non qualcosa di nuovo, visto che anche altre nazionali avevano il proprio corrispettivo ‘B’, ma che per la Germania durò proprio poco. Reina ne giocò una, nel settembre 1999, contro la Francia.

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    Reina è uscito dal calcio, ma non quello dilettantistico: ha scelto di trasferirsi in Austria, di allenare le squadre giovanili, ma anche di lavorare come cameriere nella stazione sciistica di Buchensteinwand, per la precisione al ristorante Buachblick, riferiva la ‘Bild’.

    "Mi piace: sono stato in vacanza qui con degli amici e avevo davvero voglia di lavorare in montagna. Vengo qui nella stagione invernale. La mia famiglia è a casa a Düsseldorf. Mia moglie ha un buon lavoro lì e mia figlia va a scuola. Li visito regolarmente nel mezzo. Mi piace la mentalità locale, qui sono solo Billy per tutti”.

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  • LA LEGGENDA DELLE CASE DI LEGO

    Il vero motivo per cui Billy Reina si è costruito una fama mondiale non riguarda per la verità qualcosa accaduto in campo o il suo essere personaggio fuori dal rettangolo verde e nemmeno per qualche rimpianto legato ai tanti problemi fisici di cui sopra. La sua notorietà è dovuta ad una specie di leggenda urbana che riguarda una particolare clausola che l’attaccante chiese di inserire nelle contrattazioni con l’Arminia Bielefeld quando, nel 1996, venne acquistato dal Wattenscheid.

    Il club aveva pochissimi soldi a disposizione in cassa perché veniva da un periodo molto difficile.Si dice che l’attaccante chiese che, per ogni anno trascorso nel club, la società gli dovesse costruire una nuova casa. Senza specificare grandezza, se monolocale o bilocale, bifamiliare, villa con giardino o qualcosa d’altro. Semplicemente: una casa. Una specie di investimento nel mattone, si potrebbe persino parlare di lungimiranza in vista del post ritiro, pur se lontano visto che al tempo aveva solo 24 anni.

    I dirigenti dell’Arminia Bielefeld accettarono la proposta di buon grado, dati anche i problemi di liquidità. Sì, era una squadra di Bundesliga, ma non navigava certo nell’oro. Di certo però al board non mancavano furbizia e arguzia. Perché si racconta che la clausola fu inserita nel contratto, ma di case per come le pensava il giocatore non se ne siano mai viste.

    Sfruttando questa mancanza di dettagli nel contratto, la leggenda narra che il club costruì sì delle case, ma di mattoncini Lego. Case giocattolo, che sarebbero state consegnate al giocatore, rimasto attonito. Si sa per certo che ci fu una disputa anche legale e alla fine Giuseppe si accontentò della liquidazione. E l’Arminia degli oltre 2 milioni di euro che mise sul piatto il Borussia Dortmund.

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