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Allegri Filippo InzaghiGOAL

Filippo Inzaghi e il ritiro: "E' stato Allegri a chiudere la mia carriera, non mi voleva più"

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Il rapporto col calcio giocato di Filippo Inzaghi si è concluso al termine della stagione 2011/12, chiusa con ciò che sapeva fare meglio, ossia il goal: 'Superpippo' a segno nello scenario di San Siro contro il Novara, il modo migliore per congedarsi dal proprio pubblico.

Dietro a quelle lacrime di commozione c'era anche l'amarezza per non aver potuto proseguire la carriera come avrebbe preferito, la consapevolezza che da quel momento in poi nulla sarebbe stato più lo stesso.

'La Gazzetta dello Sport' ha pubblicato alcune anticipazioni del libro in uscita di Inzaghi, 'Il momento giusto', messo ai margini da Massimiliano Allegri che non lo considerava più parte integrante del gruppo milanista.

  • L'ADDIO AL CALCIO CON ALLEGRI

    Inzaghi trovò l'accordo con Galliani per proseguire ancora per una stagione con la maglia del Milan, ma l'intervento di Allegri fu decisivo per anticiparne la fine della carriera.

    "Era stato Allegri a chiudere la mia carriera da giocatore.Io e il Milan, infatti, nella primavera del 2012 avevamo trovato un accordo per prolungare di un anno il mio contratto. Io sarei stato un importante collante nello spogliatoio che nel giro di poco tempo aveva perso Maldini, Pirlo, Nesta, Gattuso, Seedorf. Elementi di spessore che avevano lasciato un vuoto profondo. Non avrei accampato alcuna pretesa... Galliani era felice di aver trovato insieme a me questa soluzione. Allegri invece la bocciò, non mi voleva più nello spogliatoio e lo disse al dirigente chiedendo che non mi fosse rinnovato il contratto. Per me fu una mazzata".

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  • IL TRAUMATICO POST-RITIRO

    L'impatto con la nuova vita, non più comprendente l'adrenalina del pallone che rimbalza,generò un profondo malessere in Inzaghi.

    "Nell’autunno del 2015 per la prima volta il pallone era sgonfio: non rimbalzava più. E non riuscii ad assorbire la lontananza dal mio mondo, dal profumo dell’erba, dalla sacralità dello spogliatoio. Mi alzavo al mattino e non sapevo come arrivare a sera. Andavo in palestra, ma senza entusiasmo, solo per far trascorrere il tempo, riempire la giornata ed evitare che la noia e lo sconforto prendessero il sopravvento. Il mio corpo mi mandava segnali inequivocabili di malessere. Mi sono spaventato. Anzi, lo dico chiaramente e senza vergogna: ho avuto paura. Ho fatto quattro gastroscopie e altre analisi poco piacevoli, viaggiavo sempre con un borsello pieno di cd con ecografie e risonanze che mostravo a vari specialisti. Ho temuto di avere qualcosa di grave, perfino la Sla".

    Con l'aiuto della famiglia, l'ex attaccante rossonero si è ripreso una vita normale.

    "Sono stati mesi di disagio e sofferenza, in cui faticavo a trovare una via d’uscita. Qualcuno lo chiama male di vivere, qualcuno in un altro modo, io ho preferito dribblare definizioni e diagnosi e affrontare la realtà. Ho capito qual era il problema e l’ho superato poco alla volta, circondandomi dell’amore della famiglia. I miei genitori sono stati eccezionali: hanno compreso ciò di cui avevo bisogno".

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