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Viviani Roma

Federico Viviani, il mancato erede di Francesco Totti

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L'erede di Totti. Un giudizio con il quale tutti i futuri talenti usciti dal vivaio della Roma da qui all'eternità dovranno fare i conti.

E' successo inevitabilmente anche a Federico Viviani, che nelle giovanili giallorosse ci è entrato nel 2005 trovando l'esordio in Serie A sei anni più tardi.

A soli 13 anni Federico viene notato dalla squadra di osservatori di Trigoria, che da sempre ha un occhio particolare nel riconoscere l'X Factor nei ragazzi ancora acerbi.

In questo ragazzo nato a Lecco ma cresciuto a Grotte di Castro in provincia di Viterbo, gli scout intravedono le potenzialità giuste.

Personalità, una certa eleganza e un piede destro con il quale riesce spesso e volentieri a bucare le difese avversarie. Già, perché a livello giovanile Viviani giocava da attaccante centrale.

  • LA SVOLTA CON STRAMA

    Dunque la sua trafila del vivaio giallorosso inizia da numero 9, senza grosse sbavature ma senza nemmeno picchi di qualità.

    Il momento che cambia per sempre la carriera di Viviani è l'incontro con AndreaStramaccioni, ai tempi alla guida degli Allievi.

    Il tecnico romano intuisce le sue potenzialità con la palla al piede e la sua capacità di disegnare linee di passaggio e traiettorie su punizione in una maniera non convenzionale rispetto alla media dei suoi pari età.

    Viviani viene abbassato di parecchi metri. Dall'area di rigore avversaria al limite della propria. Da centravanti a mediano.

    Un cambio di ruolo propedeutico all'esaltazione delle sue qualità, che gli permette di mettersi in mostra. Astuto scopritore di talenti, Alberto De Rossi lo accoglie in Primavera e ne fa il perno del suo centrocampo.

    I risultati non tardano ad arrivare. Nella stagione 2010/2011 centra il double Scudetto e Coppa Italia di categoria insieme ad una squadra che tra gli altri vari talenti lanciati nel mondo del calcio professionistico annovera Alessandro Florenzi, Valerio Verre, Gianluca Caprari e Matteo Politano.

    Di questo gruppo di giovani di belle speranze, Viviani insieme a Florenzi è uno dei due che sembrano destinati a una carriera di primissimo livello.

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  • L'ESORDIO, LE SPERANZE, L'ADDIO

    LuisEnrique, allenatore scelto per inaugurare il primo ciclo della nuova Roma americana e consorziata, ci punta e lo convoca con i grandi insieme ad altri ragazzi di quella Primavera lì.

    L'esordio assoluto avviene ad agosto 2011 nel doppio playoff in Europa League contro lo Slovan Bratislava. Un primo approccio da dimenticare, dato che la squadra dell'allenatore spagnolo verrà buttata fuori a sorpresa inaugurando una stagione fallimentare su tutta la linea.

    Per la prima volta in Serie A c'è invece da aspettare il mese di dicembre, quando viene mandato in campo nella sfida delicatissima contro la Juventus.

    La sua prima stagione tra i grandi si conclude con 9 presenze complessive tra campionato e coppe. E con uno score tutto sommato positivo, ma che non basta alla conferma.

    Sulla panchina giallorossa Luis Enrique, prosciugato nelle energie mentali e fisiche, lascia posto a Zdenek Zeman.

    Un cambio che chiude la possibilità a Viviani di poter diventare un elemento in grado di ritagliarsi uno spazio, seppur da comprimario.

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  • LA SCOMMESSA DI BIGON

    Nel 2012 lascia Trigoria, trasferendosi in prestito al Padova in Serie B. Inizia qui il suo processo di maturazione.

    L'approccio con la Serie B è più che positivo: 22 presenze, tre goal, qualche assist e la dimostrazione che si trova sulla strada giusta.

    L'anno successivo però fa registrare la prima grande battuta d'arresto. Dal Padova finisce al Pescara, dove lo spazio è molto poco. Meglio riavvicinarsi a casa accettando l'offerta del Latina, dove lo attende una maglia da titolare.

    Sarà merito dell'aria pontina, ma i due anni in nerazzurro lo rivitalizzano. Numeri importantissimi, con la doppia cifra di reti in campionato appena sfiorata (8 sigilli) e il premio di miglior centrocampista della Serie B.

    L'affermazione tra i cadetti è ormai cosa fatta. Serve il salto di qualità verso la A. La chance gliela mette su un piatto il Verona, con l'allora DS gialloblù Riccardo Bigon che nel 2015 lo acquista a titolo definitivo dalla Roma per 4 milioni di euro.

    Dalle parti dell'Arena c'è la convinzione di aver allestito una squadra competitiva per restare nel calcio che conta, ma le cose prenderanno una piega tutt'altro che positiva.

    La prima stagione da titolare di Viviani in Serie A si conclude con uno score molto positivo e la soddisfazione di aver deciso un match importantissimo contro la Juventus. Tutto questo non basta però ad evitare ai veneti la retrocessione.

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  • viviani spalGetty Images

    LA SPAL E IL GOAL DELL'EX

    Tornare in B a questo punto non se ne parla. Viviani accetta l'offerta del Bologna, dove nel frattempo è arrivato Bigon come direttore sportivo. Ma all'ombra delle due torri Viviani non riesce a ripetere quanto di buono fatto vedere nei suoi primi anni da professionista.

    I rossoblù se ne liberano dopo un solo anno. Lo prende la SPAL, appena promossa e desiderosa di restare in A dopo esserci tornata a distanza di quarantanove anni.

    Una serie di infortuni, tra cui il più grave al polpaccio, lo tiene lontano dai campi per diverso tempo, facendolo rapidamente uscire dai radar e probabilmente chiudendogli le porte della consacrazione.

    Non riuscendo a imporsi nemmeno in un contesto di provincia e malgrado il riscatto da parte del club ferrarese, Viviani viene prontamente accantonato.

    Riuscirà però a togliersi almeno la 'soddisfazione' del goal dell'ex all'Olimpico, ribadendo in rete un calcio di rigore calciato con il cucchiaio ma respinto da Alisson.

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  • PEREGRINAZIONI

    Come tanti altri prima di lui, anche l'ex centrocampista giallorosso inizia la raffica di maglie cambiate dopo appena una stagione. Ma soprattutto deve tornare in Serie B per ritrovare spazio.

    Frosinone prima, Livorno poi, infine il ritorno alla SPAL. In nessuna delle esperienze però si rivede il Federico di una volta, quello in grado di entusiasmare gli allenatori e i dirigenti di squadre di un certo calibro.

    Ora un nuovo capitolo della sua carriera, a Brescia, dove vive una stagione difficile sia sul piano personale sia per quanto riguarda la squadra.

    La mancanza di continuità nel rendimento è stata probabilmente il suo limite più grande e quello che gli ha impedito di spiccare il salto definitivo verso la qualità.

    Il testimone di erede di Totti è nel frattempo passato di mano, ma non ha ancora trovato il candidato giusto.

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