Pubblicità
Pubblicità
Drenthe Real MadridGetty

"Tutti abbiamo un lato oscuro": Royston Drenthe, il talento senza punti di riferimento

Pubblicità

“Penso che tutti abbiano due facce: tutti hanno un lato oscuro”. Dal punto di vista puramente estetico, la copertina del suo primo singolo da solista, “Paranoia”, è un’accozzaglia di elementi disposti neanche troppo armonicamente qua e là. Più un primo piano, a metà tra la sofferenza e la fierezza d’animo e di spirito: quattro braccia volte a strangolarlo, più le sue. Un molo e l’Erasmusbrug di Rotterdam, la sua città. Il resto lo lasciamo a voi (critica musicale compresa): Roya2Faces, in brevissimo, è questo qui. Un rapper che presta il suo nome a un canale di duemila iscritti su YouTube che nel 2017 si pensava potesse esplodere anche solo grazie alla carriera del suo fondatore. Roy(a) come Royston. Rickie Drenthe, il resto del nome.

Una ricerca spinta da una curiosità a sua volta generata dal clima primaverile restituisce ai nostri sensi l’immagine di uno dei rimpianti più grandi passati da Madrid. Andiamo all’origine del processo di immaginazione: il ritorno di Marcelo in Brasile, al Fluminense, ci fa sorgere la domanda sull’eredità di Roberto Carlos al Real, prima degli anni Dieci del Duemila, ma una piccola “pulce”, messa all’orecchio da pensieri provenienti direttamente dai pomeriggi trascorsi con il Joypad in mano, ci dice che no, non c’è stato alcun passaggio di consegne diretto tra i brasiliani in Spagna. No: c’è stato qualcuno, in mezzo. C’è stato sì, ma chi?

Un anno dopo la vittoria dei Mondiali dell’Italia, in ambito internazionale, e in Olanda, vengono disputati gli Europei Under 21. Vi invitiamo a leggere le formazioni delle Nazionali partecipanti, ma vi risparmiamo la fatica relativa agli Azzurrini che, grazie a uno spareggio vinto contro il Portogallo ai rigori, si qualificheranno per le Olimpiadi di Pechino. A segnare, dal dischetto, Pellè (sì, quella volta segnò), Montolivo, Criscito e Palladino. Di quella squadra facevano parte anche Chiellini (capitano), Acquilani, Nocerino, “Pepito” Rossi e Pazzini. Una vita fa.

A vincere sono proprio gli olandesi, battendo in finale la Serbia per 4-1: il giocatore del torneo è Royston. Il nostro Royston. Vent’anni: eccolo, l’ostacolo nella diretta discendenza tra Roberto Carlos e Marcelo al Real Madrid. La parentesi d’Olanda dei Blancos.

  • SOGNO DI UN'ESTATE OLANDESE

    Roy è nato ad aprile, in quello che solitamente (e tradizionalmente) coincide con il periodo pasquale. La sua è una famiglia incredibile: suo zio è Edgar Davids. I suoi cugini, invece, sono Georginio e Giliano Wijnaldum: non riusciamo, pur sforzandoci, a immaginare un pranzo senza alcun tipo di spunti sul calcio. Non ne abbiamo bisogno, in effetti.

    È nato a cresciuto a Rotterdam, in giro lo conoscono come “Roya” o “Roykey”: è differente, però, dagli altri ragazzi. Ha velocità e forza fisica sin da quando Erwin Koeman lo aggrega alla prima squadra del Feyenoord: una promessa, insomma, che non passa inosservata.

    A Madrid, nel 2007, Fabio Capello ha conquistato il trentesimo titolo della storia delle Merengues, nel periodo “di transizione” dell’era Ramon Calderon. Quella successiva al tentativo di Florentino Perez di vincere la “Decima” grazie al Galacticos, per intenderci: e, infatti, vanno via in tanti. Ronaldo è già passato al Milan a gennaio, Beckham e Roberto Carlos lasciano in estate. Arrivano tre olandesi: oltre a Royston Drenthe, Arjen Robben e Wesley Sneijder. Tant’è che il nostro Roy viene presentato al Santiago Bernabeu insieme a quello che sarà l’anima del Triplete dell’Inter, pochi anni dopo.

    Dalla sua, Drenthe ha la duttilità necessaria per giocare in più zone del campo: è un terzino sinistro, che però può essere schierato largo a centrocampo. La sua capacità di inserirsi in velocità, comunque, gli permette di far bene anche in mezzo.

    Il suo debutto va ricordato: è la finale di ritorno di Supercoppa spagnola contro il Siviglia, lui gioca mezz’ala. Riceve palla appena fuori dal cerchio mediano e salta netto, sul posto, un avversario, poi carica il mancino dai trentacinque metri e batte Palop. Il Santiago Bernabeu è in piedi: Roberto Carlos chi?

  • Pubblicità
  • UN TALENTO SPRECATO

    “Aprivamo il cancello, accendevamo l’auto a folle e la spingevamo per la discesa. Arrivati a fine via, alla rotonda, accendevamo il motore e nessuno se ne accorgeva. Poi facevamo la stessa cosa al ritorno: tornavamo a casa passando per il piano di sotto e facevamo finta di aver passato tutta la notte stando tra di noi. Nessuno si rendeva conto che eravamo usciti”.

    L’esperienza di Drenthe a Madrid, in verità, durerà solo tre anni. Con l’arrivo di José Mourinho, l’olandese viene mandato in prestito prima all’Hérclues, quindi all’Everton. In Inghilterra sembra rinascere, effettivamente, ma non viene riscattato. È uno degli esempi perfetti per capire cosa non sia andato nella sua carriera.

    Dopo una buona prima parte di stagione, al netto di un infortunio alla caviglia, Roy si presenta in ritardo all’allenamento, per l’ennesima volta, e David Moyes perde la testa. Di più: gli dice di star lontano dalla prima squadra, dopo averlo spedito a casa. Ora: la ricostruzione della vicenda è nota. Ad aprile Drenthe ha già scontato un periodo di pausa per “compassionate leave”. Un permesso straordinario. Dopo questo, arriva tardi al centro sportivo: addio in anticipo, sostanzialmente, alle possibilità di un riscatto dei Toffees.

    Ma Roy, a dir la verità, non è nuovo a episodi simili. Un anno prima, ad Alicante, si è autosospeso dopo la comunicazione dell’Hérclues (che quell’anno aveva ingaggiato anche David Trezeguet) relativa al ritardo del pagamento degli stipendi. “Capisco che la gente può pensare che si tratti di soli, ma è più qualcosa riguardante una certa mancanza di fiducia”, ha spiegato Drenthe. Che, per la cronaca, proverà in tutti i modi ad aiutare i suoi compagni a salvarsi in Liga, segnando anche due reti contro la Real Sociedad a inizio aprile. Inutili, vista la retrocessione finale.

    La carriera di Roy, però, al netto delle due esperienze in prestito, non andrà meglio: anzi. Ha provato in Russia, all’Alania, poi di nuovo in Inghilterra. In Turchia, quindi negli Emirati Arabi. Fino all’inizio della nostra storia.

    “Non mi do nessuna colpa per tutto ci che è successo, ma per diverse cose sì. Sono cresciuto adesso, sono più che un leader. Se torno, posso esserlo: posso essere un leader”, ha raccontato al Sun nel febbraio del 2018.

    Si è apparentemente ritirato dal calcio, in quel periodo: incide dischi e canta. La verità è che non ha ancora compreso, pienamente, il suo percorso: tant’è che quattro mesi dopo firma un contratto con lo Sparta Rotterdam. A luglio, nel 2023, passerà al Kozakken Boys, dopo un periodo in Spagna, culminato con la parentesi al Racing Mérida.

    Di quel Drenthe visto agli Europei Under 21 neanche l’ombra: qualcosina nel primissimo periodo a Madrid, ma solo ed esclusivamente insieme alle “bravate” che, spesso, hanno coinvolto i giocatori dei Blancos.

    “Poco dopo il mio arrivo ho sviluppato un rapporto con Robinho: aveva trasformato il suo scantinato in un mini night club”, ha raccontato a FourFourWto.

    Dichiarazioni che si aggiungono a quelle che abbiamo inserito all’inizio di questo capitolo (rilasciate a Voetbalzone): uno dei tanti della storia di Roy. Anzi: Roya2Face, che della “Paranoia” ha fatto un singolo, dopo aver vissuto diverse vite. Come quando a Madrid, nel 2009, ha chiesto di non essere schierato per diverse gare a causa della sua “ansia”, come raccontato a Cadena Ser dall’allora allenatore del Real, Juande Ramos. Un giocatore “a due facce”. Col lato oscuro sempre presente.

  • Pubblicità
    Pubblicità
  • ENJOYED THIS STORY?

    Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0