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Pellegrini RomaGetty

Dal bisogno di cambiare alla questione contratto: perché Lorenzo Pellegrini al Napoli può avere un senso

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D'accordo, anche il Principe Giannini ci ha giocato dopo una vita alla Roma. Ma pensare a Lorenzo Pellegrini al Napoli, per tutto quel che il capitano giallorosso rappresenta per la Roma e pure per la rivalità tra le due tifoserie, non è evidentemente così semplice.

Però è proprio questo, secondo la Gazzetta dello Sport, un possibile scenario per la riapertura del mercato invernale: Pellegrini al Napoli e, chissà, Giacomo Raspadori a compiere il percorso opposto come una sorta di asso nella manica per sbloccare la possibile operazione.


Possibile, sì. Perché per il momento il tutto è ancora fermo a una fase embrionale. Se ne parlerà in maniera concreta a gennaio, eventualmente. Ma intanto i motivi che portano a pensare che Pellegrini al Napoli un senso possa avercelo non mancano.

  • IL RAPPORTO CON L'AMBIENTE

    Non è detto che tutti i romani e romanisti debbano per forza indossare la casacca giallorossa dall'inizio alla fine della propria carriera. Francesco Totti lo ha fatto, Daniele De Rossi... quasi (la carriera l'ha conclusa al Boca Juniors), così come Giannini che chiuse tra Austria, Napoli e Lecce. Non ha avuto lo stesso privilegio Alessandro Florenzi, invece.

    Pellegrini, lasciando da parte il fatto che la Roma lo aveva già venduto una prima volta dovendoselo poi riprendere dal Sassuolo, rischia di ripercorrere le orme di quest'ultimo. Ovvero di tagliare definitivamente il cordone ombelicale con la squadra dove è nato e cresciuto, che fa parte del proprio cuore e della propria anima. E la colpa è soprattutto del deterioramento del rapporto con l'ambiente, divenuto ormai palese da qualche mese a questa parte.

    Lorenzo è stato trattato da capro espiatorio da una buona fetta della tifoseria per tutto quel che è accaduto da inizio stagione, esonero di De Rossi in primis. Non è Totti e non può esserlo, semplicemente perché nessuno può farlo, ma ha finito per divenire vittima del classico detto nemo propheta in patria.

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  • BISOGNO DI ARIA NUOVA

    Le prestazioni in campo in questo primo scorcio di 2024/2025 hanno riflettuto in maniera piuttosto fedele questo stato di tensione. Provocandone delle altre, come l'altrettanto classico cane che si morde la coda.

    Pellegrini ha giocato poco, spesso non bene, altrettanto spesso senza incidere in termini di goal o assist. Si è sbloccato col Braga in Europa League, è corso ad abbracciare Ranieri, ma nelle ultime quattro partite di campionato è rimasto in panchina tre volte dall'inizio alla fine e nella quarta, a Como, è entrato in campo solo a mezz'ora dalla fine.

    Ecco perché la strada della separazione sembra ormai l'unica per far ripartire la carriera di Pellegrini. Che intanto ha perso anche la Nazionale dopo l'espulsione nella gara contro il Belgio di ottobre - giocata all'Olimpico, ironia della sorte - venendo escluso dalle convocazioni di Spalletti del mese successivo.

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  • IL RUOLO

    Si dirà: ma se Pellegrini non gioca nella Roma, perché mai dovrebbe farlo al Napoli? Ed è una domanda che ha senso, effettivamente. Così come ha senso anche la risposta, anche se più dal punto di vista del Napoli, probabilmente, che del calciatore.

    Pellegrini entrerebbe a far parte della rosa azzurra come alternativa a una delle due mezzali titolari: Anguissa di qua, McTominay di là. Consentendo a Conte una maggiore rotazione da weekend a weekend, fin qui praticamente inesistente considerando come il Napoli non giochi le coppe, nonché una possibilità superiore di attingere alla panchina.

    Già costretto ad accettare un minutaggio ridotto alla Roma, in sostanza, Pellegrini non avrebbe il posto fisso neppure al Napoli. Dovrebbe adattarsi, fare di necessità virtù, provare a far cambiare idea a Conte. Ma intanto farebbe parte a pieno titolo di un progetto Scudetto. E non è poco.

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  • LA QUESTIONE DEL CONTRATTO

    Lasciando per un attimo il campo e concentrandoci maggiormente sull'esterno, non può passare in secondo piano nemmeno la questione contrattuale di Lorenzo Pellegrini. Il cui vincolo, bene ricordarlo, scade tra un anno e mezzo: il 30 giugno del 2026.

    Al momento tutto tace sul fronte rinnovo. E il caos delle scorse settimane, abbinato alle prestazioni sotto la media di Pellegrini, in questo senso non aiuta. La Roma, in pratica, rischia di ritrovarsi in casa un potenziale parametro zero tra pochi mesi, con il conseguente timore di perderlo senza incassare un solo euro. Un'eventualità da spegnere sul nascere.

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  • E RASPADORI?

    Lato Giacomo Raspadori, è indubbio come un trasferimento alla Roma beneficerebbe anche lui, non solo Pellegrini. Guardando al suo minutaggio stagionale si capisce perché: 254 minuti complessivi in campionato rappresentano un bottino risibile per un nazionale.

    Raspadori non ha spazio nell'undici titolare di Conte. E sicuramente non ne ha in attacco, dove Kvaratskhelia, Lukaku e Politano sono intoccabili e Neres la loro prima alternativa. In un assetto tattico che non prevede la presenza di una vera e propria seconda punta, poi, uno come lui rischia di rappresentare un equivoco. Un ragionamento, in effetti, in questa prima parte di stagione ha avuto riscontri (negativi) in campo.

    L'ex Sassuolo, per dire, è stato schierato da Conte in una (quasi) inedita posizione di mezzala in Coppa Italia contro la Lazio. E non ha fatto bene, anche se un po' come tutta la squadra. A Roma potrebbe piazzarsi alle spalle di un centravanti come Dovbyk in coppia con Dybala, fetta di campo più congeniale alle proprie caratteristiche. Compiendo il primo, piccolo passo per ricostruire una carriera divenuta un po' stagnante.

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