Conte ha tirato fuori il massimo da un organico non attrezzato per giocarsi il titolo: questo lo sapevano tutti in estate e lo hanno pensato ancor di più a gennaio dopo la cessione di Khvicha Kvaratskhelia, che ha depotenziato un Napoli già poco prolifico e con una profondità d'organico ridotta.
Certo, è doveroso sottolineare come per assecondare gli input di mercato del tecnico la società abbia speso oltre 100 milioni, ma l'annata ha raccontato e confermato che - tolti i titolarissimi - dietro le quinte del roster la coperta è corta e la qualità latita.
Da qui nascono i messaggi lanciati a fasi alterne durante il percorso, scaturiti dal bisogno di evidenziare dove correre ai ripari per migliorare il presente e garantire al club e ai tifosi un futuro roseo e competitivo: è successo dopo il ko di Verona alla prima giornata, si è ripetuto post-Lazio in Coppa Italia ed è stato messo agli atti durante il mercato di gennaio, nonché sia alla vigilia che al triplice fischio di Monza-Napoli e nella sala stampa del 'Tardini' di Parma - stremato - ad un centimetro dal traguardo.
La voglia di rendere gli azzurri forti è la sintesi che ha portato Conte a voler "dare una mano alla famiglia De Laurentiis" e compiere i salti mortali, fronteggiando emergenze e mettendo al servizio di Partenope esperienza e curriculum da top player della panchina per regalarle un sogno. Anzi, un miracolo.