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patrice-evra(C)Getty Images

Com'è la vita del procuratore e i retroscena di Pastorello: "Evra rapito per firmare il rinnovo, i Ferragosto con Lotito, l'appuntamento Conte-Chelsea e il contratto Milito-Genoa lanciato"

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Trattative, viaggi, telefonate, contratti, ma anche assicurazioni, traslochi e addirittura divorzi. Federico Pastorello, figlio d’arte e agente con quasi 30 anni di carriera nel settore del management sportivo, ha svelato alcuni segreti della vita di un procuratore.

In un’intervista rilasciata a Fanpage, Pastorello ha raccontato alcuni retroscena della sua esperienza lunga quasi tre decenni nel mondo del calcio. 

Dall’episodio di Evra col rapimento per la firma al rapporto con Lukaku fino ai Ferragosto passati a Cortina con Lotito e la trattativa per portare ‘Big Rom’ dall’Inter al Chelsea.

“Sono attivo da 29, quindi 58 sessioni di calciomercato. Oltre 800 contratti fatti fra rinnovi e trasferimenti”.

L’agente ha parlato di tutto ciò che coinvolge questa figura tra vita privata e professionale, facendo un quadro dettagliato di quella che è la quotidianità. 

  • COSA FA UN PROCURATORE?

    “Seguiamo i nostri ragazzi in tutto, non solo per quello che riguarda la carriera che è il main business. Ci occupiamo di tantissime altre cose, dal trovare gli appartamenti, alla logistica, tutto quello che riguarda gli aspetti fiscali, legali, i traslochi, le acquisizioni delle macchine. Ho fatto anche un paio di divorzi per loro”.

    E sulla giornata tipo:

    “Strapiena perché ci sono spostamenti da fare. Sono una persona che crede molto nel rapporto interpersonale, quindi quando posso vado sempre di persona. Conosco molto bene gli aeroporti. Ultimamente ho preso più di 130 aerei all'anno. Prima era prevalentemente Europa, ora c'è il Brasile, un mercato che stiamo seguendo tantissimo, poi l'Arabia Saudita. La mattina ci svegliamo molto presto e si va a dormire molto tardi, 4-5 ore di sonno al giorno. La media giornaliera del telefono è 14-15 ore di attività fra WhatsApp, email e tutto quello che serve. Poi riunioni, spostamenti, appuntamenti e trattative. C'è tanto stress perché, nonostante io abbia dei validissimi collaboratori, cerco sempre di fare personalmente il 90-95% delle trattative. I ragazzi scelgono noi anche per il fatto che sanno di essere seguiti da da me direttamente”.

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  • I PROCURATORI SONO IL MALE DEL CALCIO?

    “Siamo un po' la parte cattiva, no? Il tifoso vuole l'interesse della propria squadra. Noi però ci occupiamo della carriera dei nostri ragazzi, quindi se per un calciatore riteniamo che sia meglio cambiare club, è ovvio che noi dobbiamo farlo indipendentemente da simpatie o antipatie. L'aspetto economico è prioritario perché alla fine per loro è un lavoro. Ed è un lavoro che dura molto poco. Quindi l'ideale è cercare di ottimizzare questo tempo”.

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  • UNA CARRIERA INIZIATA CON COUTO AL PARMA

    “Io ho avuto la fortuna di essere figlio d'arte. Papà (Giambattista Pastorello, ndr) ha fatto una bellissima carriera da dirigente sportivo in Italia. Quando avevo 18 anni, dopo aver iniziato l'università, l'ho seguito in alcune trattative: Dino Baggio, Hristo Stoichkov. Però ce n'è una in particolare alla quale ho davvero partecipato, che è quella che portò Fernando Couto dal Porto al Parma. Papà allora era direttore sportivo e mi portò con con sé. Fernando era un ragazzo molto giovane e quando arrivò il suo agente mi disse: "Dammi una mano, già che sei lì su Parma". E l'ho aiutato a trovare l'appartamento. Poi fece un piccolo incidente con la macchina e quindi mi dovetti occupare un po' del discorso con la Stradale, con l'assicurazione. Pensai: "Mamma, che bello". Lì ho capito che quello era il mio lavoro dei sogni”.

  • FIORE-LAZIO IL BIVIO

    “Sicuramente la trattativa che ha portato Stefano Fiore dal Parma alla Lazio nel 2001. All'epoca era la Lazio di Cragnotti, fu un trasferimento monstre: 75 miliardi di vecchie lire per acquisire Giannichedda e Fiore. Non sapevo quanto chiedere e pensai: "Proviamo a sparare una cifra molto alta". Alla fine accettarono e divenne il mio primo contratto importante, 5 miliardi di vecchie lire. Il ragazzo fu contentissimo, non gli dissi nemmeno quanto avrei voluto chiedere. Lui si aspettava decisamente meno. Mi regalò un bell'orologio, che ho ancora conservato!.

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  • CONTE AL CHELSEA, L’IDEA E IL COLLOQUIO

    “Ho dei rapporti privilegiati con i "decision maker", le persone che prendono le decisioni all'interno dei club. Ho avuto almeno un giocatore in tutti i grandi club del mondo e a volte agenti, magari più giovani, ci propongono i loro giocatori per provare ad ad aprire un ventaglio di opzioni più grande. Nel caso specifico il Chelsea era orientato sull'Italia. Mi fecero un paio di nomi e dissi loro: "Se dovete prendere un allenatore italiano, prendete lui perché per me è il più bravo". Mi vennero dietro e organizzammo un appuntamento. Diedi qualche piccolo suggerimento su come prepararlo e, da un incontro che doveva durare un paio d'ore, restammo nove ore a casa Abramovich”.

    Poi il contatto diretto:

    “Due anni prima organizzai un appuntamento per mister Spalletti col Chelsea e vidi cosa poteva piacere. Antonio preparò un video con tutti i suoi lavori e gli dissi: "Lo devi mostrare". Abramovich era appassionatissimo di calcio, di tattica. E il mister in questo era straordinario. Fu incredibile vedere le imagini di come, con formazioni diverse tra Juve e Nazionale, le sue giocate memorizzate portavano al tiro giocatori diversi, in momenti diversi, dalla stessa mattonella”.

  • “INZAGHI HA DECISO DOPO LA FINALE”

    “Ovviamente è nata prima, non sono trattative che si chiudono in una settimana. Ma vi posso garantire che la decisione è stata presa successivamente alla finale. Simone stesso mi disse che se avesse vinto quella partita non sarebbe andato via. Quella finale è stata talmente sbagliata, da tutti, che io non posso pensare sia successo a causa dell'allenatore che poteva essere distratto. Mister Inzaghi è un professionista e vincere una Champions fa la differenza nella carriera di qualsiasi allenatore. Io capisco tutto, ma sono storie completamente inventate: lui è rimasto concentrato sull'Inter fino all'ultimo giorno di lavoro. Ha chiuso proprio ogni tipo di conversazione 4-5 giorni prima della finale”.

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  • IL FIGLIO DI INZAGHI NELL’AGENZIA DI PASTORELLO

    “Tommaso è un bravissimo ragazzo e il motivo per cui lavora con noi non è il papà, ma la mamma. Conosco Alessia Marcuzzi da tantissimi anni perché è stata fidanzata a lungo con Carlo Cudicini, che era mio assistito ai tempi del Chelsea. Abbiamo fatto feste e vacanze assieme. Chiamò lei per chiedermi se potevo dargli una una mano, perché Tommaso voleva fare questo mestiere. È un ragazzo con tantissimo entusiasmo e molto educato per la posizione che ha, per essere il figlio di chi è. Ha una voglia di fare clamorosa e sono convinto potrà fare una bella carriera da agente”.

  • EVRA E IL RAPIMENTO PER LA FIRMA

    “Era al Monza in Serie C e il direttore sportivo dell'epoca mi disse: "Guarda, ti regalo il cartellino, basta che me lo togli da qui perché è un disastro e non lo voglio più vedere". Io ho avuto l'intuizione di portarlo a Nizza. C'era Mister Salvioni che era un uomo di grandi valori e disciplina, secondo me era quello di cui aveva bisogno. Lui giocava esterno d'attacco, ma per emergenza giocò una partita adattato da terzino. Fece una prestazione straordinaria e da lì iniziò a giocare tutte le partite. Fu eletto miglior terzino della Ligue 2 e lo portai al Monaco di Deschamps. Poi da lì è andato al Manchester United di Ferguson e ha vinto 23 o 24 trofei. La sua storia è incredibile: da uno scartato a essere uno dei giocatori più importanti tanti che abbia mai gestito”.

    Poi il Nizza lo rapì per il rinnovo del contratto:

    “Ricordo più che altro una storia da film. Arrivò in scadenza di contratto al Nizza, che era di Franco Sensi, ma il club venne venduto. Pensai: "Ora lo porto al Monaco". Ma la nuova dirigenza voleva far di tutto per provare a venderlo. Arrivarono praticamente a rapirlo: lo caricarono fisicamente in una macchina e lo chiusero per ore in un ristorante, quasi minacciandolo per ottenere la firma sul contratto. Noi non riuscivamo a trovarlo, non rispondeva al telefono. Alla fine firmò qualcosa, ma fortunatamente sbagliarono e non gli fecero siglare tutte le copie, come da regolamento. Quando lo liberarono, lui era in lacrime, aveva 20 anni a quel tempo. Ci disse: "Mi hanno obbligato a firmare, hanno detto che mi vendono al Barcellona". Mandai uno dei miei collaboratori a prenderlo per portarlo da me a Monte Carlo. Non mi fidavo di lasciarlo a casa sua a a Nizza”.

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  • IL RAPPORTO TRA PASTORELLO E LUKAKU

    “Il trasferimento dall’Inter al Chelsea ha sancito anche l'interruzione del nostro rapporto professionale. Poi ci siamo ritrovati a distanza di due anni. In quel contesto lì, quando ti arriva quel genere di opportunità, da professionista è sbagliato non accettare. Abbiamo pensato che potesse essere il momento giusto per capitalizzare tutto quello che aveva fatto. Dopo purtroppo sono successe una serie di cose che purtroppo han fatto sì che non si rivelasse la scelta migliore. In seguito lui fece una scelta, che io ho rispettato (interrompere il rapporto di procura, ndr). Ma il legame affettivo nei suoi confronti è rimasto intatto, tant'è vero che poi a distanza di due anni siamo tornati a lavorare assieme”.

    Ancora sul passaggio al Chelsea:

    “È stato un trasferimento lunghissimo, difficilissimo. Quando alla fine ho avuto l'ok è stata una liberazione. Ero a Folgaria, sempre nei giorni di Ferragosto. Lanciai il telefono 10 metri per aria quando Marina Granovskaia accettò le ultime condizioni richieste dall'Inter. E poi quando mi diedero il premio di miglior agente al mondo a Dubai, davanti alla mia famiglia e alle mie figlie”.

  • IL LANCIO DEL CONTRATTO DI MILITO AL GENOA

    All'epoca c'erano i box. L'anno dopo misero delle reti sopra, perché le paratie erano aperte. Poi addirittura li chiusero, spostando tutto all'interno delle stanze. A prova di lancio. L'idea nasce 24 ore prima, di notte, con Preziosi che mi chiama disperato. Gli erano saltate tutte le trattative per prendere l'attaccante ed eravamo in buoni rapporti. Gli suggerisco: "So che c'è Milito in rotta col Saragozza, vuole andar via". Lui si è infiammato e abbiamo iniziato a lavorare da subito, però c'erano di mezzo 1500 problemi. Il Saragozza doveva un sacco di soldi a Milito e non volevano darglieli. Alla fine riusciamo a trovare la quadra di tutto, ma mancavano cinque minuti alla chiusura (alle ore 19, ndr). La firma del presidente del Saragozza arriva giusto alle 19. Io do il contratto a Lorenzo, un mio collaboratore: "Corri a depositarlo". Nel frattempo avevano comunque depositato il contratto economico tra il ragazzo e il Genoa, quindi mancava l'accordo di trasferimento, che era quello di cui mi occupavo. Io contento mi avvio al box, saranno state le 19:04, e vedo Lorenzo con il contratto in mano fuori dalla porta: "Eh, ho trovato chiuso". Ero al telefono col presidente del Saragozza, prendo d'istinto il contratto e lo butto dentro, dove c'era il segretario del Genoa. Vado subito via, ma siccome c'erano tutte le telecamere quella roba lì è diventata storica. Mi chiamò addirittura il capo degli Ultras del Genoa. Divenni l'idolo del tifoso genoano per quel trasferimento, perché poi quell'anno fece 34 goal e venne venduto per 50 e rotti milioni all'Inter. A distanza di due anni poi incontrai Milito in tribuna, perché era squalificato. Noi non ci conoscevamo neanche, perché io avevo parlato col suo agente e col presidente. Ricordo che mi batté sulla coscia e disse: "È a te che devo dire grazie se è successo tutto questo?". Una bellissima storia.

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  • I FERRAGOSTO CON LOTITO

    “Le operazioni più estenuanti sono sempre state quelle col presidente Lotito. È una persona molto impegnata, fa mille cose contemporaneamente, tre telefonini: è un inferno. Forse è il motivo per cui sono divorziato (ride, ndr), ma ho dovuto fare due volte il Ferragosto a casa sua, a Cortina, per chiudere dei rinnovi. Immaginate la coda in macchina per andare a Cortina a Ferragosto”.

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