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"Melior de Cinere Surgo": il Catania torna in Serie C

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Uno dei tanti modi per accedere al centro di Catania, ma da una zona più periferica, prevede un transito nei pressi della Porta Ferdinandea. La Porta Garibaldi: al Fortino, uno dei quartieri storici. Oltrepassata, a piedi, si apre la vista di via Garibaldi: una strada lunga che porta direttamente alla Cattedrale. C’è tanto di simbolico lungo il cammino: c’è il collegamento reale, e non metaforico, con la Piazza Duomo, la “casa” del “Liotru”, l’elefante. Il simbolo della città. C’è anche il senso della purificazione, catarsi, personale e di popolo, rafforzata dall’iscrizione in cima alla Porta: “Melior de Cinere Surgo”. Risorgo dalle ceneri, migliore. La gente lo sa. Sa che il Catania non muore mai.

Nella seconda metà del ‘600 la città ha rischiato seriamente di scomparire. Alle pendici dell’Etna, poco sopra Nicolosi, si apre una bocca ai Monti Rossi: è vicinissimo ai centri urbani (oggi parte integrante dell’hinterland). Un evento raro, rarissimo: devastante: la lava fuoriuscita dal nuovo cratere arriva fino alle mura della città, circondando persino il Castello Ursino e finendo in mare. Catania esiste ancora.

È risorta dalle ceneri e dalle lacrime. Il 10 aprile del 2022 sono tanti, tantissimi i presenti davanti ai cancelli di Torre del Grifo. Uno dei centri sportivi più importanti d’Italia, reso un cumulo di macerie ideali dalle gestioni scriteriate che, dopo la retrocessione dalla Serie A, il caso de “I Treni del Gol” del 2015 e la triste parentesi SIGI, hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita del club rossazzurro.

Piangono, i tifosi, insieme a Francesco Baldini: non più allenatore del Catania dal giorno prima. Da quando, cioè, il Tribunale di Catania ha sancito la fine dell’esercizio provvisorio della società, avviato dopo il fallimento dichiarato nel dicembre precedente, e la conseguente estromissione dal campionato di Serie C. È un uomo, circondato da ragazzi che non hanno più una squadra: si stringono attorno ai tifosi che con le bandiere accompagnano l’11700, la matricola del “primo” Catania (il Calcio Catania 1946), con un ultimo saluto.

  • DA GANGI A CANICATTI': LA RINASCITA

    “Ci finisce a giocare con il Canicattì”.

    Nel corso degli anni due sono stati i motivi ricorrenti che hanno animato il percorso dei tifosi del Catania, al seguito del club rossazzurro: il primo è stato il “mito di Ganci”. La partita che nel 1995 ha sancito il ritorno tra i professionisti del club rossazzurro, costretto a ripartire dal basso due anni prima per la lotta persa dall’allora “Presidentissimo” Angelo Massimino per un “vizio di eccesso di potere” rivelato, poi, dal TAR.

    L’altro è l’accostamento del “Canicattì” a qualsiasi forma di discorso riguardante un possibile ritorno nelle serie minori, sin dalla Serie A. Il “Ci finisce a giocare con il Canicattì” è sempre stato un modo per esorcizzare l’improbabile, uno scenario tanto distante da non poter neanche preso in considerazione, ai tempi delle vittorie contro l’Inter di José Mourinho, quella del Triplete, e i record in massima serie. È successo.

    La particolarità, però, sta nel fatto che anche le nuove generazioni, persino i ragazzi che non hanno mai vissuto la Serie A, hanno avuto la loro “Gangi”: lontano dal Massimino, ma questa volta a Caltanissetta, al neutro del “Tomaselli”. Contro il Canicattì, sì, dopo un anno di transizione in Serie D.

    Anzi, meno di un anno: perché una promozione a marzo, con una sola sconfitta rimediata a dicembre, era praticamente impossibile da pronosticare, al di là dell’ambizioso progetto del gruppo guidato da Ross Pelligra.

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  • IL CATANIA NON MUORE MAI

    Rosario, “Ross”, ha 43 anni: è australiano, ma le sue radici sono siciliane. Per metà di Floridia, per metà di Solarino. Quando interviene ai microfoni per parlare del suo Catania, aggiudicato dopo il bando pubblico, utilizza spesso diverse parole in dialetto, per rimarcare il legame con la terra dei suoi genitori e dei suoi nonni.

    “Vogliamo ricostruire questa squadra e portarla avanti per le prossime generazioni: vogliamo costruire una squadra leggendaria”.

    Quando si presenta al Palazzo degli Elefanti, di fronte al “Liotru”, la città è ancora scottata dal fallimento, ma ricomincia a sognare. Ritorna Francesco Lodi, per la quarta volta: in dirigenza arriva “Vince”, Vincenzo Grella, che insieme a Carra e Laneri mette insieme un gruppo di giocatori “fuori categoria” e lo consegna nelle mani di Giovanni Ferraro, reduce dalla Serie D vinta con il Giugliano.

    La risposta della città è meravigliosa: 11.427 abbonati allo Stadio Angelo Massimino e una media di 14mila spettatori casalinghi a gara. All’apertura della prevendita per la sfida con il Canicattì, quella per la promozione in Serie C (dopo una vittoria thriller contro il Cittanova conquistata grazie a un rigore di Lodi a 95’, in casa), i poco meno di 4mila biglietti vengono polverizzati in neanche mezza giornata.

    Saltano, i tifosi, sventolando le bandiere: saltano, mentre i giocatori rossazzurri vincono 1-4 contro il Canicattì, con una delle maglie più belle mai prodotte: rosso, azzurro, nero. E il motivo della lava: saltano, perché sanno che può essere solo l’inizio. Perché “Melior de Cinere Surgo” non è solo un motivo che regala speranza: all’ombra dell’Etna è una certezza. Il Catania non muore mai.

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