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Arthur Cabral BaselGetty Images

"Sono tutti così in Europa?": gli anni di Arthur Cabral al Basilea, tra neve e goal

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Il St. Jakob-Park è lì che lo attende. Come un luogo familiare, come un vecchio alloggio dove ogni tanto passi a fare una capatina, giusto per non dimenticare di averci trascorso momenti felici. Prima, però, c'è da giocare gara-1 al Franchi. Poco cambia: quando Arthur Cabral si ritroverà di nuovo a contatto con quelle maglie rosse e blu, i ricordi lo assaliranno come una dolce madeleine. Anche se l'avventura svizzera del centravanti della Fiorentina, in fondo, è durata appena due anni e mezzo, il tempo di arrivare, ambientarsi (velocemente), segnare e andarsene.

Se è vero che non è la quantità che conta, ma la qualità, Cabral e il Basilea, l'avversario della Fiorentina nelle semifinali di Conference League, hanno costruito un matrimonio discretamente produttivo. E pure inatteso, se si vuole, considerando anche quanto il centravantone di Campina Grande, nello stato brasiliano della Paraíba, aveva combinato negli anni precedenti della carriera. Anche per questo la Fiorentina ha deciso di puntare su di lui nel gennaio del 2022, in un momento complicato della storia recente viola, tra la decisione dolorosissima di cedere Dusan Vlahovic alla Juventus e la necessità di rimpiazzarlo con un sostituto che non ne facesse avvertire troppo la mancanza.

Cabral ha finalmente risposto presente. Ci ha messo un po', naturale, e poi si è conquistato il proprio posto al sole nella mente di Vincenzo Italiano. Il titolare doveva essere Luka Jovic, e invece è lui. Perché l'attaccante confuso e spaesato che lasciava il Brasile per la Svizzera, oggi, non c'è più. E il merito è anche dei due anni e mezzo trascorsi a Basilea, viatico per il salto in Serie A.

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    L'ILLUSTRE SCONOSCIUTO

    Il contesto, intanto. Cabral, quando nell'estate del 2019 a Basilea decidono di imbastire un'operazione col Palmeiras, la squadra in cui milita, è un uomo in crisi. Non gioca, non segna, non si diverte. Giusto per puntualizzare: quell'anno ha giocato appena cinque volte tra campionato nazionale, Paulistão e coppe. Senza mai rimanendo in campo dal primo all'ultimo minuto. E segnando appena una volta, in un 1-1 contro il Novorizontino di marzo.

    L'allenatore è Luíz Felipe Scolari, l'ex commissario tecnico della Seleção, che a un certo punto, a maggio, spiega alla stampa brasiliana il motivo di tante panchine:

    “Cabral deve essere un pochino più esplosivo, anche in allenamento. Stiamo insistendo con un lavoro speciale per far sì che impari a movimentarsi di più, a svariare meglio sul fronte offensivo. Non è solo una questione fisica, ma anche tecnica”.

    Eppure è lo stesso personaggio che nel 2018 aveva trascinato il Ceará a una memorabile salvezza nel Brasileirão. A un certo punto di quella stagione, la squadra è ultima in campionato e apparentemente spacciata: Cabral segna sette volte in pochi mesi e le consente di chiudere due lunghezze sopra la zona retrocessione. Ecco, forse, perché il Basilea decide di rischiare. Prima in prestito e poi, un anno più tardi, a titolo definitivo in cambio di sei milioni di euro circa.

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  • Arthur Cabral BaselGetty Images

    “SONO TUTTI COSÌ IN EUROPA?”

    “Aveva una postura elegante che lo portava a svariare su tutto il fronte d’attacco. Arthur è una punta che fiuta il gol: sa essere al posto giusto al momento giusto. Serve però garantirgli due cose: tempo e fiducia. Ci aggiungo anche il fatto che chi a Firenze ha preceduto Cabral era in grado di segnare almeno un gol a partita il paragone con il passato non è stato utile”.

    A parlare in un'intervista al 'Corriere dello Sport' nel dicembre del 2022 – giorni ancora complicati, prima di un 2023 di altissimo livello – è stato Ruedi Zbinden, direttore sportivo del Basilea, colui che ha deciso di portare avanti l'operazione Cabral col Palmeiras. Nel 2019 è andato per la propria strada contro qualche critica, inevitabile dando uno sguardo al curriculum non eccezionale del nuovo arrivato.

    Inizialmente, come logico, nemmeno Cabral capisce bene dove sia capitato. Perché Basilea non è San Paolo o Fortaleza, l'Europa non è il Sudamerica, la Svizzera non è certo il Brasile. Due mondi agli antipodi nei quali la saudade rischia di proliferare.

    “L’impatto fu scioccante – ha ricordato qualche tempo fa a Cronache di Spogliatoio – Freddo, freddo, neve, temperature pesanti. Ma io sono una persona che è stimolata dal cambiamento e soprattutto dalla necessità di adattarsi. In Svizzera, ogni aspetto della vita è completamente diverso dal Brasile. E quando dico ogni aspetto, mi riferisco davvero a tutto […] Se è vero che a Firenze la gente è molto ‘brasiliana’, empatica e di cuore, in Svizzera sono culturalmente diversi e ho pensato: «Sono tutti così in Europa?». Sono freddi, ma nel senso buono del termine. Rispettosi. Ero abituato agli stadi del mio Paese, alle rivalità accese che non ti fanno dormire la notte e alle sconfitte che ti perseguitano per giorni. Ero abituato alla primavera e all’estate: cos’è l’inverno in Brasile? Quella stagione dove minimo ci sono 20 gradi? Qui pioveva sempre, d’inverno. Il primo che ho vissuto in Europa non è stato troppo duro. Il secondo… mamma mia… tremendo. Allenamenti con -14 gradi, e la neve… bella la prima volta, ma ricordo di partite giocate su campi interamente imbiancati! Ho capito che non è sempre estate”.

    In realtà non ci mette troppo, Cabral, a operare la trasformazione dal classico brutto anatroccolo al classico cigno. Nella prima parte del 2019/20, il brasiliano arrivato tra lo scetticismo generale mette a referto otto reti tra campionato svizzero e girone di Europa League. Alla sua quinta presenza va a segno di tacco in un 3-0 interno al Lucerna, prodezza ripetuta a dicembre in un altro tris, stavolta allo Young Boys. Alla fine sono 14 i centri della sua prima stagione svizzera: non male per uno che in precedenza aveva scollinato la doppia cifra solo una volta, peraltro in un Estadual minore brasiliano come il Campionato Cearense.

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  • L'ESPLOSIONE VERA

    Ma il bello deve ancora arrivare. Alla sua seconda annata al Basilea, il 2020/21, Arthur Cabral colleziona 18 goal in campionato e un altro paio in Europa League. Mai si era spinto così in alto nel corso della propria carriera. Il titolo di capocannoniere della Super League è suo, tifo e giornali ne esaltano le prodezze in serie: il brasiliano che doveva “imparare a movimentarsi di più” segna ancora di tacco al Vaduz, poi al Sion, infine al Lucerna, diventando una sorta di Hernán Crespo (ricordate, sì?) del 2020.

    Il Basilea, lontano parente dell'armata che sotto la guida di Christian Gross batteva pure la Juventus in Champions League, deve costantemente accontentarsi di veder primeggiare lo Young Boys. Ma Cabral è sempre più un'arma mortale. Si prende pure la 10, lui che un 10 non è. E inizia a segnare pure in rovesciata: al Losanna e pure nei preliminari di Conference League contro gli albanesi del Partizani Tirana. Nella prima parte del 2021/22, il suo score è pazzesco: 14 goal in Super League, altri 13 in Conference League tra preliminari e fase a gironi, la trentina sfiorata già a metà stagione. A lui si interessano il Newcastle, il Bayer Leverkusen, perfino il Milan.

    E dunque è normale che anche in Brasile comincino a tenerlo concretamente d'occhio. Nell'ottobre del 2021, le convocazioni di Tite per la Seleção che dovrà affrontare Venezuela e Colombia per le qualificazioni ai Mondiali del Qatar sono già state fatte. In attacco c'è Matheus Cunha, dell'Atletico Madrid. Che però si fa male. E così il ct decide di dare una chance ad Arthur Cabral, chiamandolo per la prima – e fin qui unica – volta pur senza schierarlo in campo.

    “Ero a casa mia – ha raccontato il giocatore ai tempi – e verso le 21 mi ha chiamato un numero sconosciuto da Rio de Janeiro. Di solito non rispondo, ma questa volta l'ho fatto: era Juninho Paulista, coordinatore della Seleção. Mi ricordo quando si è presentato: sono entrato in uno stato di choc. Poi non ricordo più nulla”.

    Non è uno choc il trasferimento alla Fiorentina di qualche settimana più tardi, mentre ancora una volta è il capocannoniere della Super League. Tra social e YouTube, il Basilea lo ringrazia in tre lingue: tedesco, portoghese e italiano. E lui, al momento di dire addio, confessa: “Sono nervoso, mi mancano le parole”. Questa sera e tra sette giorni si travestirà da avversario, e saranno emozioni. Perché il ragazzo che non aveva mai messo piede fuori dal Brasile ha imparato lì, al St. Jakob-Park, che cosa significhi diventare uomo in Europa.

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