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Napoli Inter Conte ConceicaoGetty

Ma Conte è solo di passaggio? Napoli-Inter: chi ha più da perdere? Il Milan è da rifondare? Il 3x3 di GOAL

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  • Ma Conte a Napoli è solo di passaggio?
  • Napoli-Inter: chi ha più da perdere?
  • Il Milan è davvero da rifondare?

Tre domande a tre giornalisti di GOAL sulla 26esima giornata di Serie A: il punto di vista di Antonio Torrisi, Stefano Silvestri e Francesco Schirru.


  • Antonio Conte NapoliGetty

    MA CONTE AL NAPOLI È SOLO DI PASSAGGIO?

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  • Antonio Torrisi: "Controvoglia dal secondo uno. It's showtime, gente: Conte ha avuto ciò che voleva"

    Dall'istante in cui, alla vigilia dell'esordio in campionato, Antonio Conte ha messo le mani avanti sul mercato, con quell'atteggiamento, quelle parole, quella sensazione di "son qui perché non c'era altro", è partito il countdown (irreversibile) verso l'addio di un allenatore che tra febbraio e marzo ha, nella maggior parte delle sue esperienze, posto le basi per un addio che poi, puntualmente, si è concretizzato alla fine della stagione.

    Antonio Conte è fatto così: accetta la sfida, carica l'ambiente, brucia le fondamenta (non sempre in senso positivo), ma mettendo sempre le mani avanti. E allora, gente, "It's showtime". Sale in cattedra di nuovo. "La mia storia è questa, però mi piacerebbe in futuro sedermi ogni tanto anche in pole position" (oddio, alla Juventus, dopo il primo Scudetto, aveva il vuoto dietro e quando si è trovato in pole all'Inter ha preferito mollare tutto dall'oggi al domani...): maniavantismo. Di nuovo.

    Perché una volta è il mercato, in generale, un'altra il sostituto di Kvaratskhelia che non arriva, poi il desiderio di partire davanti a tutti, col favore del pronostico. Nulla di nuovo: fasi preparatorie di un processo che lo ha sempre visto "di passaggio". Com'è che diceva qualche settimana fa? Ah, sì: a Napoli "per aiutare il club a crescere". Eh, ciaone.

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  • Stefano Silvestri: "No, ma non può continuare a sminuire così la propria rosa"

    Conte ha un contratto fino al 2027, ma i contratti sono fatti per essere stracciati. Nel calcio funziona così, gli esempi sono infiniti. Detto questo, non credo che a Napoli si senta di passaggio: è un professionista, è uno che dà l'anima in ogni situazione in cui si viene a trovare. E questa sfida, l'ennesima per uno che già aveva contribuito a rialzare le sorti di tante altre squadre, non fa eccezione.

    Il problema, semmai, sono quelle sue dichiarazioni che puntualmente spuntano dopo ogni partita. Persa o vinta, giocata bene o giocata male. Ogni volta Conte sembra sminuire la rosa che allena ogni giorno. Ogni volta parla di impresa, o di miracolo, nel trovarsi lassù a lottare concretamente per lo Scudetto. Come se stesse guidando una squadra in lotta per non retrocedere. Come se stesse facendo un favore all'ambiente con la sua presenza. In un certo senso è così: averlo o non averlo in panchina, evidentemente, fa tutta la differenza del mondo. Ma forse si sta un pochino esagerando.

    Conte ha detto dopo Como che essere in vetta, all'inizio dell'anno, “non era assolutamente previsto”. E già qui si può dissentire: c'è l'ossatura dell'anno dello Scudetto, c'è Buongiorno, c'è Lukaku, c'è un centrocampo di livello, fino a un mese fa c'era Kvara. E non ci sono le coppe. L'annata fuori dai parametri è stata più quella del decimo posto che la precedente, guardando a tutto ciò che il Napoli ha costruito nell'ultimo decennio.

  • Francesco Schirru: "Conte è un condottiero girovago, non c'è da stupirsi"

    Escludendo il periodo alla Juventus, Antonio Conte è sempre stato così. Arriva, vince (quasi sempre), e va via. Al Napoli è solo di passaggio? Sicuramente. Guardando avanti nel tempo, nessuno scommeterebbe su una lunga era in azzurro. Certo, nel 2025 non arriverà l'addio comunque vada il mese di maggio (Scudetto, qualificazione in Champions League), ma già nel 2026 non è da escludere che si possa arrivare ad una separazione.

    Conte è un condottiero girovago, a cui piace provare nuove esperienze per mettersi in gioco. Se dovesse arrivare lo Scudetto al primo colpo - come ai tempi di Juventus e Chelsea - l'ex mister dell'Italia proverebbe a guidare il Napoli in Champions League, ma poi? Da quando è diventato uno dei migliori allenatori del pianeta ha sempre avuto difficoltà a continuare a lungo, dimostrando di essere un tecnico di passaggio. Un male? No, sono scelte e modi di fare, di essere.

    Non bisognerà certo stupirsi quando nel giro di un anno, massimo due, Conte proverà una nuova avventura. La sua natura è condivisibile o meno, spesso divide, ma perché far finta che non sia stato sempre così?

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  • Napoli InterGetty

    NAPOLI-INTER: CHI HA PIÙ DA PERDERE?

  • Antonio Torrisi: "Facciamo il giochino inverso: chi ha più da guadagnare?"

    Perché, poi, visti i momenti, Napoli-Inter va letta, forse, più dal punto di vista del guadagno che da quello delle opportunità da perdere. E allora rispondo così: entrambe. Ma come? "Bella, proprio risposta democristiana", direte voi. E avete ragione.

    Il fatto è che se il Napoli vince ribalta, in termini euforici, un momento che l'ha visto soffrire oltremodo, pure con avversari abbordabili, e se perde conferma il suo status da "squadra inadatta per vincere lo Scudetto". Che potrebbe anche essere un rimpianto, sì, ma anche un modo per riconoscersi "in fieri", in costruzione, in crescita, lenta o veloce che sia, ma necessaria.

    Se vince l'Inter, visto il momento assai difficile (dal punto di vista del gioco la formazione di Inzaghi soffre di una fatica cronica), darebbe una botta psicologica importantissima all'intero campionato, confermandosi la più forte (ne parlavamo una settimana fa) ben al di là del momento. Se perde... eh. Se perde, visto il periodo fitto di impegni e quel gioco di cui abbiamo già parlato, risulterebbe difficile ignorare il rischio di un contraccolpo anche nelle altre competizioni. Quanta teoria, eh?

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  • Stefano Silvestri: "Certamente il Napoli: un ko sarebbe un colpo durissimo"

    L'Inter è più forte di tutti, e su questo siamo tutti d'accordo. In questo periodo non è brillantissima, non sarà “ingiocabile” (Mkhitaryan dixit), ma quando si mette a disegnare calcio contrastarla è complicatissimo per chiunque. E da domenica, grazie al sofferto 1-0 sul Genoa e poi al ko del Napoli a Como, è pure prima.

    Insomma, i presupposti perché la squadra di Inzaghi inizi a dare l'accelerata decisiva ci sono tutti. Così come, dopo un mercato in cui Kvaratskhelia non è stato sostituito a dovere, l'infortunio di Neres e tre punti racimolati in quattro partite, ci sono i presupposti perché il Napoli risenta in maniera forse decisiva di un'eventuale sconfitta. Soprattutto ora che l'Atalanta è improvvisamente tornata a farsi sotto nelle primissime posizioni.

    Uscire dal campo senza punti nello scontro diretto del Maradona coinciderebbe per l'Inter con una “semplice” sconfitta. Farebbe male, ovvio, ma riporterebbe i nerazzurri a -2 dalla vetta con 9 giornate ancora da giocare. Mentre un Napoli già in declino, in caso di ko, scivolerebbe addirittura a -4 dopo essersi tenuto stretto il primo posto per lungo tempo: c'è una bella differenza. Ecco perché gli azzurri hanno tutto da perdere e i rivali poco o nulla.

  • Francesco Schirru: "Napoli-Inter non è la fine di niente"

    Napoli-Inter non è la fine di niente. Non è la partita della fuga o del controsorpasso definitivo. Nonostante i soli tre punti che separano l'Atalanta dalla vetta e una Juventus a -8, sembra che il big match del Maradona possa decidere tutto in definitiva. Errato.

    Chi ha più da perdere tra Napoli e Inter? Attualmente la squadra di Conte, che rischierebbe di entrare in vera crisi di risultati e di mentalità in caso di sconfitta nel proprio stadio. Un k.o porterebbe quasi sicuramente a dei fischi, e non solo al +4 nerazzurro in classifica. Più che dal punto di vista di questa, però, un k.o allontanerebbe sensibilmente le possibilità di Scudetto, nonchè quelle del secondo posto. Atalanta e Juventus sono in agguato, pronte ad approfittare delle debolezze di una squadra ancora in costruzione.

    Dall'altra parte l'Inter non sta vincendo con forza e grinta, ma è pur sempre in testa, da favorita, con un calendario migliore con cui costruire lo Scudetto. Una sconfitta a Napoli non cambierebbe poi molto in vista degli ultimi due mesi e mezzo di campionato.

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  • Sergio Conceicao Torino Milan 22022025Getty Images

    IL MILAN È DAVVERO DA RIFONDARE?

  • Antonio Torrisi: "Un giorno Out, l'altro condottiero: quant'è difficile essere Conceicao (e i suoi giocatori)"

    Ma come si può lavorare bene se un giorno sei esonerato e l'altro col sigaro in bocca a ballare dopo una vittoria "tutta grinta e carattere"? Come si può portare avanti un processo di crescita se un giorno ti vogliono lontano da Milano e l'altro l'unico condottiero possibile per il Milan?

    Quant'è difficile essere Conceicao, ma quant'è difficile essere anche i giocatori rossoneri, aggiungo. E tutto ciò, lo preciso, non vuole in alcun modo suonar da giustificazione per un periodo nato male e portato avanti peggio. Ma si può parlare di rifondazione "ogni tot" di mesi? Sembra di essere tornati in Banter Era, ma con presupposti assai differenti.

    E allora no, no e no: il Milan non è da rifondare, ma gran parte del percorso futuro del club dipende dal management. Dalle scelte, dalle strategie e dalla gestione dall'altro. Perché se "cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia", forse c'è un problema più grande.

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  • Stefano Silvestri: "Servono punti fermi che oggi non esistono"

    Bando alle ciance: il Milan non è da settimo posto (diventerebbe sesto vincendo a Bologna, ma poco cambia). Non ha una rosa da Scudetto, ma nemmeno peggiore di quella della Fiorentina, o della Lazio. Ciò significa che troppo, lungo l'arco di una stagione che si sta avviando verso il rettilineo finale, non ha funzionato.

    Parlare di rifondazione è sempre azzardato, e il motivo è sotto gli occhi di tutti: il Milan l'ha già operata negli ultimi mesi, cambiando l'allenatore e il centravanti, aggiungendo elementi di esperienza e qualità, eppure è servita a poco. La verità è che mancano i punti fermi. Dalla società a un allenatore che senza Champions League potrebbe anche salutare, passando per una rosa che i punti fermi li ha progressivamente persi: dovrebbero essere Maignan, Theo Hernandez, Leao, potenzialmente i più forti di tutti, diventati per un motivo o per un altro il simbolo di una stagione mediocre.

    Parlare di rifondazione è complicato anche perché non si sa nemmeno se il Milan giocherà o no la Champions nella prossima stagione. Fa una bella differenza, dal punto di vista economico e del prestigio. Meglio concentrarsi sul finale di una stagione da salvare, anche se il tempo a disposizione è sempre meno. E poi si ragionerà sul da farsi. Ma parecchio, in tutti i casi, dovrà cambiare.

  • Francesco Schirru: "I tifosi devono farsene una ragione: il Milan non è da rifondare"

    Vogliamo tutto e subito. In ogni ambiente, in ogni contesto. La pazienza è morta, sotterrata davanti alle imprese degli altri. Il calcio, allo stesso modo, è diventato spreco di opportunità, usa e getta. Se tutte le squadre cambiassero alla prima annata deludente, non ci sarebbe più niente. Il Milan è da rifondare? No. I tifosi devono farsene una ragione, serve del tempo per costruire qualcosa di grande.

    Il 2024/2025 ha portato alla deludente eliminazione di Champions, a un sali e scendi difficile da seguire. Dall'esaltazione della vittoria in Supercoppa Italiana si è passati alle critiche, dalla gioia del Derby alle polemiche. Serve equilibrio e capire che attualmente il Milan è alle prese con una stagione di transizione. Punto.

    Conceicao è la guida giusta per il lungo periodo, i giocatori arrivati a gennaio sono la base per vincere nella prossima annata. A questi si aggiungeranno elementi utili al progetto in estate, ma guai a cambiare di nuovo tutto. In quel caso si entrerebbe in un loop infinito di dubbi: in un calcio così vincere al primo colpo, senza una ricca base che possa mettere a tappeto tutti gli avversari (cosa impossibile nell'attuale Serie A), non esiste proprio.

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