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Stuart Pearce GFX

Stuart 'Psycho' Pearce: il duro per eccellenza, icona del calcio inglese

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Bobby Gould nel corso della sua vita di ragazzi che con il pallone ci sanno fare ne ha visti a migliaia. Ha iniziato la sua carriera da calciatore nel 1963 nella sua Coventry, quando era appena sedicenne, e l’ha chiusa molti anni dopo, nel 1981, dopo aver indossato altre otto casacche diverse in Inghilterra.

Ha giocato e segnato tanto, ma ha anche affinato il suo occhio al punto di riuscire a riconoscere un talento, dopo averlo visto all’opera anche solo per una manciata di minuti. Di giovani calciatori ne ha scoperti e lanciati molti, tanto da guadagnarsi una solida fama di talent scout, ma tra i tanti scovati anche sui campi di periferia ce ne è uno in particolare che più di tutti è riuscito a fare carriera. Un ragazzo che grazie al suo fiuto prima è approdato tra i professionisti e poi si è consacrato come una delle più grandi leggende del calcio inglese: Stuart Pearce .

Bobby Gould è da poco diventato allenatore del Coventry , quando una sera di ottobre del 1983 chiama sua moglie Marge per dirle di prepararsi per uscire. La signora pensa ad un invito a cena, ma in realtà il marito ha altri programmi, tanto che le dice di portarsi un cappotto di quelli pesanti.

La serata è fredda e piove in maniera copiosa, ma Bobby Gould ha già deciso che con la sua macchina percorrerà la M5 per dirigersi a Yeovil dove si giocherà una partita tra la squadra locale ed il Wealdstone . E’ una gara di nessuna importanza tra due compagini composte da semiprofessionisti, ma si è sparsa la voce che tra le fila degli ospiti giochi un elettricista prestato al calcio che non è affatto male.

“Eravamo seduti in prima fila e non erano ancora passati dieci minuti quando vidi quel terzino sinistro biondo andare in tackle sull’ala destra avversaria come se non ci fosse un domani. Mi girai verso mia moglie e le dissi ‘Dai amore, andiamo. Ho già visto abbastanza’”.

Quel giovane terzino era appunto Stuart Pearce e per lui il calcio era un qualcosa di secondario. Era la sua passione sì, ma quando era un ragazzino aveva dovuto fare i conti con la delusione di non essere preso dal QPR dopo un periodo di prova e successivamente aveva visto svanire, per vari motivi, la possibilità di trasferirsi prima al Wimbledon e poi all’ Hull City .

Amava il calcio quindi, ma essendo uno che ha sempre badato al sodo, cosa questa che poi farà per tutta la sua carriera, decide di trovarsi un lavoro vero. Il Wealdstone per lui quindi rappresenta la soluzione ideale, perché gli consente di giocare e di fare contemporaneamente l’elettricista, e la cosa lo porta quindi anche a rifiutare offerte di squadre più importanti.

Al Coventry però non si può dire di no, soprattutto poi se il club è così convinto di portarlo alla base da mettere sul piatto qualcosa come trentamila sterline per un ragazzo di ventuno anni che non si è mai spinto oltre la Alliance Premier League .

“Devo essere onesto, fu uno shock. Non è così comune passare dai dilettanti direttamente al massimo campionato e vedere il proprio nome in un angolino del giornale. Per fortuna avevo terminato il mio apprendistato da elettricista sei settimane prima e quindi pensai che se fosse andata male avrei avuto qualcosa su cui ripiegare”.

Pearce invece non solo si adatta rapidamente al calcio dei grandi, ma impiega anche pochissimo tempo a prendersi quella che sin lì sarà la sua rivincita più grande. Ad offrirgliela su un piatto d’argento è proprio Bobby Gould .

“Appena preso ci rendemmo conto che era un ragazzo dalle qualità sbalorditive. Tuttavia lo tenni ‘nascosto’ per quattro settimane, prima di portarlo in prima squadra. Lo feci debuttare contro il QPR perché proprio il QPR e Terry Venables decisero di non puntare su di lui anni prima. Giocò dal primo minuto quel giorno ad Highfield Road e fu il migliore in campo. La sua fu una prestazione fenomenale”.

Pearce vestirà la maglia degli ‘ Sky Blues ’ per due stagioni, prima di compiere quello che si rivelerà essere il passo più importante della sua carriera. Nel 1985 infatti, quando ormai è già considerato uno dei migliori talenti del campionato inglese, a volerlo con sé è una delle più grandi leggende della storia del calcio mondiale: Brian Clough .

Ha infatti scelto il giovane terzino per affidargli la fascia di quel Nottingham Forest che solo pochi anni prima aveva portato prima sul tetto d’Inghilterra e poi due volte sul tetto d’Europa e pur di farlo suo convince il suo club a versare trecentomila sterline nelle casse del Coventry.

Stuart Pearce ancora non lo sa, ma diventerà uno dei giocatori più importanti della storia del ‘Forest’, e a confermare il fatto che non fosse sicurissimo del passo che stava compiendo, c’è un particolare: sul programma del giorno delle partite della sua squadra, per mesi fa pubblicizzare i suoi servizi come elettricista.

“Potevo contare su 250 sterline a settimana, vivevo lontano da casa, dovevo pagarmi l’affitto e quindi pensai di trovare il modo per integrare il mio stipendio. A me piaceva il lavoro di elettricista, per questo mi pubblicizzai sul programma delle partite del Forest”.

Quello con Clough è il secondo incontro che di fatto cambierà per sempre la sua vita. I due vanno d’accordo, sono entrambi dei duri ed inoltre poter contare sulla fiducia incondizionata di un allenatore che dalle parti di Nottingham è semplicemente più di una leggenda, rappresenta quanto di meglio possa accadere.

“Una volta prese un colpo alla testa che gli provocò una commozione celebrale. Al fisioterapista dissi ‘Vai da Stuart e digli che è Pelé’”.

Stuart Pearce Nottingham ForestGetty

E’ proprio al Forest che Pearce si guadagna un soprannome che lo accompagnerà per tutta la carriera ed anche oltre: ‘ Psycho ’. Se infatti fuori dal campo è così taciturno da sembrare quasi timido, sul prato verde si trasforma e riversa contro gli avversari un’aggressività che incute timore.

Matt Le Tissier , uno che era dotato di una quantità di classe tale da essere soprannominato dai tifosi del Southampton ‘ Le God ’, parlando di Pearce lo ha descritto come l’avversario più spaventoso mai affrontato in carriera .

“Ricordo che giocai la mia seconda partita in assoluto con la maglia sei Saints contro il Forest e lui mi spaventò a morte. Era duro, ma anche giusto. Era un giocatore spettacolare, credo di non aver mai visto un terzino sinistro forte come lui”.

Quella che Pearce mette in campo non è cattiveria gratuita. Alcuni sui interventi sono al limite del ‘penale’, ma non sono frutto di scorrettezze fine a se stesse. Ha infatti sempre avuto l’impressione di non essere all’altezza di molti suoi compagni di squadra e quindi tutta la sua carriera è stata accompagnata dal motto “ I will do whatever it takes to win a football match ”, ovvero “ Farò tutto ciò che è possibile per vincere una partita ”, ed inoltre lui è cresciuto nella ‘ Non-League ’ e quindi calcando i campi più difficili d’Inghilterra, quelli sui quali a detta di molti si gioca il calcio più duro al mondo, quelli sui quali ‘picchiare’ vuol dire guadagnarsi il rispetto.

“Era dura ed io ero solo un ragazzino. Mio Dio, quelle partite mi hanno preparato a tutto ciò che mi è successo dopo. La gente mi ha sempre visto come un difensore duro, ma in Non-League io ero solo uno dei tanti. Alla fine credo di essere stato espulso solo cinque volte, non sono poi così tante”.

Nel vederlo giocare si ha la sensazione che avvicinarsi al suo raggio di azione equivale all’attraversare i binari mentre è in arrivo un treno in corsa, ma in realtà Pearce è stato molto più che ‘Psycho’.

Era infatti dotato di un sinistro tanto potente quanto preciso che gli ha consentito di sfornare meravigliose prodezze balistiche e anche tanti cross invitanti per i suoi attaccanti. Un giocatore quindi più che completo che nel 1987 entrerà nel giro della Nazionale inglese per uscirne poi solo dodici anni e 78 presenze (condite da cinque goal) dopo.

Proprio con la maglia dell’Inghilterra, il 4 luglio 1990 , farà i conti con la più grande delusione della sua carriera. E’ uno degli uomini di punta di una squadra che può contare sull’esperienza di Bobby Robson in panchina, su una difesa solida, il folle estro di Gascoigne ed il fiuto per il goal di Lineker . Ci sono quindi tutti gli ingredienti per trionfare a Italia ’90 e vincere quel titolo mondiale inseguito dal 1966, ma in semifinale i 120’ di una sfida sostanzialmente dominata contro la Germania , si chiude sull’1-1. Ai rigori i tedeschi saranno poi infallibili, mentre Pearce sbaglierà il quarto tiro dal dischetto inglese, prima dell’errore decisivo di Waddle. Il sogno svanisce nel più crudele dei modi e un’altra chance così non gli si presenterà più.

Tre anni e mezzo dopo, un suo clamoroso errore contro San Marino , consentirà a Davide Gualtieri di segnare, dopo appena otto secondi, il goal più veloce nella storia delle qualificazioni mondiali. L’Inghilterra poi vincerà, ma non riuscirà a staccare il pass per USA ’94 .

Pearce per scrollarsi di dosso il peso di quell’errore contro la Germania, dovrà attendere il 1996 quando, nei quarti di finale di un Europeo organizzato proprio dall’Inghilterra, aiuterà la sua squadra ad eliminare la Spagna battendo Zubizarreta dal dischetto nel corso della lotteria dei rigori. La sua esultanza, quell’urlo lanciato al cielo e quegli occhi fuori dalle orbite, alla ‘Psycho’, diventeranno una delle immagini simbolo di quel torneo.

England Euro 96 Stuart Pearce vs SpainGetty

L’anno seguente, dopo 522 partite, 88 goal, due Coppe di Lega e dodici stagioni, si chiuderà la sua lunga avventura al Nottingham Forest . E’ ormai un giocatore molto diverso da quello che era arrivato nel 1985. Anche Brian Clough si è fatto da parte da qualche anno, e quel giovane terzino di buone speranze, è ormai diventato un esperto trentacinquenne con alle spalle una carriera gloriosa.

Ripartirà dal Newcastle e lo farà con l’intenzione di dimostrare di essere ancora un giocatore che può dire la sua, ma sulla sua strada troverà un Ruud Gullit poco propenso a puntare su di lui.

“All’epoca avevo 37 anni e mai ero stato messo fuori squadra. Mai, nemmeno quando avevo 16 anni. Lui non solo mi escluse, ma mi mandò ad allenarmi con i ragazzini”.

Pearce ormai non corre più su è giù sulla fascia come ha fatto per tutta la vita, ma si è trasformato in un centrale ancora capace di fare la differenza grazie alla sua esperienza e quell’abilità di giocare sempre al limite di quanto consentito dal regolamento. In Premier League vivrà altre due annate da protagonista con il West Ham , prima di trasferirsi nel 2001 al Manchester City .

A volerlo fortemente con sé è Kevin Keegan che sa che in lui troverà il giocatore ideale per spingere i ‘Citizens ’ verso la promozione in Premier. Gli affida la fascia da capitano e Pearce non delude le aspettative, giocando a 40 anni una stagione impeccabile. O quasi.

E’ infatti il 21 aprile 2002 quando contro il  Portsmouth scende in campo per la sua ultima partita da giocatore e sebbene il pass per la Premier sia stato staccato già da qualche settimane, Pearce mette piede sul terreno di gioco sapendo di avere ancora un ultimo obiettivo: è a caccia del centesimo goal da professionista.

Ci prova in ogni modo, si porta avanti in occasione di ogni corner e quando può esplode il suo sinistro dalla distanza. Niente da fare. In pieno recupero però il destino gli tende una mano quando l’arbitro Roger Furnandiz decreta un penalty. E’ l’occasione attesa da mesi. Pearce si impossessa del pallone, lo mette sul dischetto, guarda il portiere avversario e calcia sopra la traversa. Ancora un rigore nel suo destino. Un tiro dagli undici metri che gli ha riservato il più beffardo dei finali di carriera.

“Dave Beasant mi disse che non si sarebbe mosso. Mi ha detto ‘mira solo verso l’angolo’. Io calcio e sbaglio. E’ stato un finale comico, tipico di me”.

Stuart Pearce per anni ha rappresentato il prototipo del calciatore inglese ed è per questo che in Inghilterra è considerato una vera e propria icona. E’ stato uno dei terzini più duri che si siano mai visti, ma non solo. Per molti sarà per sempre ‘Psycho’ , ma chi ha avuto modo di giocare con lui parla di un difensore straordinario, oltre che di un grande leader.

Per questo motivo, nessuno forse meglio di Brian Clough ha riassunto con poche parole ciò che il Pearce giocatore è stato.

“Stuart era semplicemente fantastico. Non ci sono altri modi per definirlo”.

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