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Sensini GFXGoal

Quando Sensini smise di giocare a calcio per allenare l'Udinese: "Sono vostro amico"

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E' stato un uomo da record, un giocatore capace di vincere e convincere. Nestor Sensini è un nome che le nuove generazioni non possono conoscere, se non per uno studio appassionato e approfondito degli anni '90. Anni ruggenti per la Serie A, di cui l'argentino ha fatto parte per quasi vent'anni. Ha trasformato il suo italiano claudicante in una seconda lingua del suo essere, magari non madrelingua ma da interprete praticamente perfetto. E' diventato uomo nell'Udinese, ha vinto con Lazio e Udinese, abbassato il capo a Italia '90, strappando comunque un sorriso guardando indietro, grazie alla medaglia d'argento al collo, con Diego Armando Maradona, amico e avversario, nello stesso spogliatoio.

Già, lo spogliatoio. Sensini ha sempre tenuto tantissimo ai compagni, ai modi italiani e albicelesti di cui ha fatto parte. Non poteva che diventare un allenatore dopo aver imparato da grandi maestri, sotto il giovane Ancelotti, l'esperto Eriksson, il compianto Scoglio. La storia di Nestor, che in Italia è approdato nel 1989, è eccezione che conferma la regola, quando si parla del finale di carriera. Era il 2006, pochi mesi del po-po-po italiano e dello scandalo di Calciopoli che ancora rieccheggia negli sfottò e nei rimpianti.

Classe 1966, nel 2006 Sensini è semplicemente il giocatore straniero più longevo a segnare in Serie A. A 39 anni e 88 giorni, mette dentro l'ultimo dei 39 goal (guarda caso) in carriera contro il Cagliari, mantenendo un record che solamente Javier Zanetti, amico, sfidante e collega batterà nel 2012. Fino ad allora Boquita, soprannome del nostro, sarà primo. E' stato tante volte primo in carriera, vincendo lo Scudetto con la Lazio, quattro titoli internazionali nel glorioso Parma degli anni '90, collezionando medaglie in patria e in Italia. Poi, ha finalmente avuto un riconoscimento individuale per chi, come lui, ha sempre messo il gruppo davanti a tutto. Lo si è visto anche quando ha dovuto fare i conti con un nuovo pianeta, quello del manager.

L'Udinese 2005/2006 non se la passa bene. La società friulana ha deciso di puntare nuovamente su di lui, come difensore esperto nel 2002, dieci anni dopo la prima esperienza bianconera. Gioca sempre meno negli ultimi anni di carriera, per un'età che avanza traducibile in meno rapidità e potenza muscolare, più attenzione alla mente e alle idee per una carriera da allenatore, che va avanti tutt'oggi, ma che lo vede disoccupato dal 31 dicembre 2021 dopo la sua ultima esperienza all'Everton de Viña del Mar.

E' nel 2006, però, che Sensini sceglie di allenare. Lo fa in maniera inconsueta, dopo aver chiacchierato tra serio e faceto con l'Udinese. La squadra è in piena zona retrocessione sotto Serse Cosmi, tecnico che non ha legato con la squadra e si trova invischiato nei posti 'rossi' che verranno rivoluzionati dopo Calciopoli. Altra storia.

A metà febbraio 2006, Sensini ha giocato quattordici partite con l'Udinese, senza però dare un contributo eccelso alla causa, come del resto i suoi compagni. Cosmi viene esonerato et voià, dopo una sfilza di nomi,la società friulana decide di puntare su un dio per la panchina. Loris Domissini, ma soprattutto lo stesso giocatore, pardon, allenatore, argentino. Appende le scarpette al chiodo e un secondo dopo si trova dall'altra parte. L'11 del mese è quasi come il gatto di Schrödinger. E' mister e difensore, per chi non ha seguito il mondo del pallone per una mezza giornata. Tutto vero.

Nel 2005/2006 l'Udinese gioca in Champions League, ma lo fa male e senza sbocchi. Finisce così in Coppa UEFA/Europa League, retrocessa dopo le sconfitte contro Werder Brema e Barcellona. Sensini ha giocato cinque gare in Europa, sa che tra i colpevoli c'è anche lui, una volta accetta la panchina.

"Come mi sento? Diciamo bene. Quando si cambia un allenatore, la sconfitta è di tutti. In primis però è dei calciatori. «Mi sono presentato alla squadra. Alcuni hanno riso e anch' io ho scherzato. Ma poi ho detto chiaramente che da oggi i rapporti non saranno più gli stessi. Loro giocatori, io allenatore. Per quanto mi riguarda, ho anticipato di tre mesi l'addio al calcio giocato, ma anche l'inizio della professione di allenatore. Ora dovremo rimboccarci subito le maniche, non esistono più alibi; dispiace solamente che in tutta questa vicenda paghi Serse Cosmi".

Pronti via, lo scherzo del destino è lì in agguato, figlio di una dea eupalla a cui piace tantissimo regalare incroci così. La prima gara di Sensini allenatore è contro la Lazio, con cui ha vinto uno Scudetto. All'Olimpico arriva un buon pareggio da cui ripartire, anche se società e tifosi sono consapevoli di dover ingranare il prima possibile. La coppia Nestor-Dominissini non ci riuscirà mai, capendo che le cose potranno essere risolte solamente da una mano esperta, da un aggiustatutto capace di entrare nella mente dei giocatori grazie a tattiche mentali e sportive imparate in decenni di onorata carriera.

L'Udinese di Sensini cadrà subito contro il Siena in Friuli, subissata dai fischi, contro Inter, Palermo, Milan. In mezzo il pari con l'Ascoli e l'ennesimo grande dispiacere stagionale dell'eliminazione dalla Coppa UEFA, dopo il 2-1 subito a Sofia contro il Levski. A quel punto Galeone interverrà per sollevare gli animi e compiere un miracolo sportivo che si, avverrà.

Il 21 marzo, Dominissini verrà esonerato e Sensini firmerà le proprie dimissioni. Un addio all'Udinese dopo l'arrivederci degli anni '90, uno sprint in cui non ha potuto certo godersi il cambio di lavoro, dal campo alla scrivania, con la tuta sempre indosso, ma in panchina senza avere la possibilità di entrare in campo. Qua si mostrerà ancora una volta l'uomo spogliatoio, ancora troppo calciatore più che tecnico, pronto a chiedere scusa, perdono, per non essere riuscito ad essere subito mentalmente pronto a guidare un team in grande difficoltà:

"Non riesco a dare quello che posso, io sono un vostro amico e sono dispiaciutissimo per quello che sta accadendo. Sono un allenatore a metà. Se avessi immaginato che mai mi sarebbe stata concessa la deroga non avrei accettato l' offerta di Pozzo. Non voglio che questa mia decisione venga interpretata come una fuga, non sono scappato, così però non poteva andare avanti. Per me questa è una sconfitta grandissima".

Roberto Nestor SensiniGetty

Sensini lascia dopo le lacrime, sue e di uomini simbolo come De Sanctis e Di Natale, in crisi per una situazione che nell'estate 2005, dopo l'approdo in Champions League, nessuno si aspettava. Facce appese, volti tristi e grigi. Da tifoso dell'Udinese e amico di tutti, riuscirà a tirare un sospiro di sollievo a maggio, quando Galeone, con uno sprint da leggenda (quattro vittorie e tre pareggi nelle otto panchine finali) riuscirà a salvare il club friulano, anche piuttosto agevolmente.

Galeone avrà di che parlare di Sensini già una volta accettata la panchina, parlando di paura, timori, fantasmi da scacciare.

"Sensini non è stato un allenatore di passaggio, era uno di loro, stimato umanamente e professionalmente. Li capisco, sono ragazzi con sentimenti forti e veri come tutte le altre persone. Ho trovato una squadra che ha paura, io dovrò fargliela passare. L' Udinese dovrebbe essere al posto del Livorno o della Lazio.

Occorre ritrovare un' identità, il piacere di giocare a pallone ed eliminare la confusione. Con me non ci si adeguerà all' avversario, anche se c' è da lavorare molto pure in difesa, sulle palle inattive. I miglioramenti passeranno dal pieno recupero dei vari nazionali. In primis Iaquinta, il suo reintegro è molto importante per noi. Questa avventura mi piace? Sì, ma è anche la più difficile della mia carriera".

Con quella prima esperienza, Sensini capirà di dover staccarsi dall'essere calciatore e presentarsi come allenatore, non amico, ma guida di ragazzi giovani pendenti dalle sue labbra. Estudiantes, Newell's Old Boys, Colon, Atletico de Rafaela e la cilenaEverton le sue tappe da tecnico, senza dimenticare il periodo da dirigente con il Newell's, in cui è cresciuto e ha ottenuto nuove motivazioni da ds, aumentando curriculum e consapevolezza. Certo che per grandi traguardi serve anche e forse specialmente la fermezza d'animo e non solo essere amico e compagno.

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