Nelson VivasGetty

Ronaldo, l'Inter e l'amicizia con Simeone: Nelson Vivas, lo studente mancato

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Il tema del destino è da sempre uno dei più dibattuti: c'è chi crede che sia già tutto deciso, già tutto 'apparecchiato' per ciò che appare inevitabile; e c'è anche chi sostiene che il prodotto finale non sia altro che la somma delle nostre azioni, ossia ciò che ci permette di differenziarci dagli altri nel corso della nostra vita. Nelson Vivas deve far parte della seconda categoria, almeno non consapevolmente: la sua carriera, infatti, ha rischiato seriamente di non spiccare il volo a causa dei dubbi che hanno a lungo tormentato la sua testa, ritardandone l'approdo a grandi livelli che nel calcio moderno è una componente fondamentale. Insomma, guai a perdere tempo che, mai come in questo caso, è denaro.

Effettivamente Vivas aveva deciso di per sé che quello del calcio non sarebbe stato il suo mondo. Scarsa autostima? Forse, ma anche paura di non sfondare e di non potersi garantire un futuro solido che lo studio avrebbe potuto assicurargli. Le sue parole rilasciate in una lunga intervista a 'FourFourTwo' nel 2017 sono esplicative dei tormenti interni di colui che all'epoca era soltanto un ragazzino 'atipico' rispetto ai suoi coetanei, interessato piuttosto a costruirsi un domani senza patemi.

"Dopo un periodo di prova con l'Estudiantes parlai con mio padre e decisi che il calcio non faceva per me, che sarebbe stato meglio studiare. Ho lavorato come fabbro con mio zio e ho passato 14 mesi in servizio militare. Poi però ho provato col Quilmes e in pochi anni ero arrivato a giocare con Maradona al Boca Juniors e con l'Argentina ai Mondiali".

Prima il Quilmes a 22 anni e poi il Boca Juniors appunto, nonostante un'età non più 'verde' e solitamente poco adatta se speri di giocare a calcio ad ottimi livelli. Ma a Vivas tutto questo non importa, il suo obiettivo principale a questo punto è divertirsi e ogni soddisfazione in più è ben accetta. Lui può vantarsi di aver giocato alla 'Bombonera' assieme a Maradona, il massimo per un calciatore argentino e per chiunque, a quelle latitudini, sogni di sfondare in un mondo sempre più dorato. La vita però sa riservarci colpi di scena impronosticabili, ed è per questo che può capitare che dal Boca Juniors si passi alla seconda divisione svizzera: Vivas stupisce tutti firmando col Lugano, approdando così al calcio europeo dalla porta di servizio anziché dall'atrio principale.

Vivas ArgentinaGetty

Una scelta che definire strana è un eufemismo, un salto nel vuoto col rischio di precipitare in un abisso senza fine: i risultati daranno però ragione a Vivas, che col suo Lugano riuscirà a conquistare la promozione e, soprattutto, la fiducia di Daniel Passarella. L'ex centrocampista di Fiorentina e Inter è un'istituzione in Argentina e, dettaglio non irrilevante, anche il commissario tecnico dell'Albiceleste nel quadriennio concluso con i Mondiali del 1998, competizione che Vivas disputa con i gradi di titolare ad eccezione dell'ultima sfida ai quarti con l'Olanda. Tra le 'medaglie' è da annoverare anche l'aver marcato - e fermato - Ronaldo 'Il Fenomeno' in un'amichevole di preparazione a Francia '98 giocata al Maracanã di Rio de Janeiro.

Un'esplosione tardiva, a quasi 29 anni, evento molto raro nel calcio moderno: Vivas è una delle eccezioni che confermano la regola, ed è così che per lui si palesa il prestigioso red carpet della Premier League. Nello specifico è l'Arsenal a volergli concedere la chance inglese, anche se il primo incontro con Arsene Wenger non è passato propriamente alla storia per la sua memorabilità.

"Incontrai Wenger in un ristorante a Parigi. Era una situazione parecchio strana perché io non parlavo inglese, a differenza del mio avvocato: io me ne stavo lì seduto senza capire di cosa stessero discutendo. Wenger era un manager in tutta la sua totalità, si prendeva cura di ogni dettaglio e non solo della tattica".

Per nulla memorabile nemmeno il rendimento londinese di Vivas, per lo più riserva di Dixon e Winterburn e 'costretto' a fare le valigie per volare in Spagna al Celta Vigo, con cui gioca in prestito da gennaio a giugno del 2000. Il rientro in Inghilterra è inevitabile, così come lo status di panchinaro che gli 'consiglia' di seguire il suo connazionale Hector Cuper all'Inter nell'estate del 2001. In verità, l'esperienza milanese è all'insegna dell'imbarazzo, sentimento provato nei confronti di Ronaldo e Recoba per alcune vecchie ruggini da campo risolte con grasse risate.

"Appena arrivo all'Inter mi imbatto in Ronaldo e mi scuso per avergli rifilato un calcio contro il Brasile. Poi chiedo scusa anche a Recoba per un incidente di gioco capitato in una gara con il suo Uruguay".

Shevchenko Vivas Milan Inter 2002Getty

Ma le scuse le meriterebbero i tifosi per un derby giocato il 23 novembre 2002, nel quale Cuper schiera Vivas sull'out destro difensivo dal primo minuto: è proprio un suo mancato intervento a spianare la strada a Serginho, autore del goal vittoria su assist ben calibrato di Rivaldo. Anche il rapporto con l'ex Barcellona è segnato da antichi screzi che condizionano la stessa vita privata di Vivas.

"Poco tempo dopo aver firmato con l'Inter mi trovavo in ascensore per salire verso il mio nuovo appartamento, ed è lì che trovai Rivaldo: scoprimmo di vivere nello stesso palazzo e nessuno disse una parola. Un giorno scoprii che mio figlio giocava con un nuovo amico e, ironia della sorte, si trattava proprio del figlio di Rivaldo. Potete crederci!".

Messi da parte i contrasti tra colleghi, per Vivas è tempo di fare ritorno in Argentina per chiudere la carriera al Quilmes, dove tutto era cominciato, con una brevissima parentesi negli ultimi mesi del 2003 tra le fila del River Plate. A dare una pesante accelerata alla decisione di lasciare il calcio giocato è un episodio di natura familiare che fa riflettere: un giorno il figlio, di ritorno a casa da scuola, porta un disegno della sua famiglia in cui però non compare il papà, chiaro riferimento ai tanti impegni che lo sottraggono ai piaceri della vita. Per Vivas è un colpo al cuore, l'incentivo migliore per dire basta.

"Quello era un periodo molto complicato, vivere con uno come me non era semplice. Tenevo gli yogurt seguendo un ordine preciso, i miei abiti erano ordinati in base ai colori e parcheggiavo sempre alla stessa maniera, con le ruote mantenute ad una certa distanza dal marciapiede e perfettamente allineate tra loro".

Nelson Vivas Diego Simeone River Plate 2008Getty

Un'attenzione così maniacale per ogni dettaglio ben si sposa con la figura dell'allenatore, con cui Vivas comincia a flirtare nel 2006: Diego Simeone lo nomina suo vice (assieme a Matias Almeyda) al Racing Club, ruolo ricoperto anche nelle successive esperienze con Estudiantes, River Plate e San Lorenzo. Il 'Cholo' è alle prime armi, ma ha già le idee chiare e si intravede l'enorme potenziale sprigionato in tutta la sua totalità all'Atletico Madrid: il rapporto lavorativo tra i due si interrompe nel 2011 con il trasferimento al Catania di Simeone, un viaggio intercontinentale che Vivas preferisce evitare per rimanere vicino - stavolta sì - ai suoi affetti.

"Scherzando, Simeone dice sempre che ha impedito il mio suicidio, eravamo entrambi dei lavoratori ossessivi e il nostro lavoro può considerarsi positivo. Quando Diego ha deciso di trasferirsi all'estero, a Catania, non potevo seguirlo. Avevo appena divorziato e mia figlia aveva appena due anni, così non l'avrei più vista. Ciò che ha conquistato con l'Atletico Madrid è notevole, è sicuramente uno dei migliori allenatori in circolazione".

Le strade dei due amici di vecchia data si separano e a Vivas non resta che prendersi una pausa di riflessione piuttosto lunga: nel 2013 ottiene il primo incarico da allenatore principale col suo Quilmes, ma il rapporto si interrompe nella maniera più brusca possibile dopo soli quattro mesi; è il 22 ottobre 2013 e i biancazzurri hanno appena pareggiato per 1-1 in casa contro l'Atletico de Rafaela, risultato deludente che scatena la rabbia di un tifoso, reo di aver insultato Vivas per tutta la durata dell'incontro. Per l'ex difensore è la goccia che fa traboccare il vaso, l'episodio scatenante di una reazione inaspettata: la rissa con il 57enne Carlos Dondero, socio del club, lo induce a rassegnare le proprie dimissioni, accolte dal Quilmes.

Nelson Vivas EstudiantesALEJANDRO PAGNI

Gli sprazzi del miglior Vivas in versione tecnico si vedono alla guida dell'Estudiantes, anche se ad essere ricordata è l'incredibile reazione avuta in un match di campionato col Boca Juniors: in segno di protesta per una decisione arbitrale non gradita, il classe 1969 si scaglia contro il quarto uomo e, nel tentativo di contenere il raptus ed evitare conseguenze serie, si strappa la camicia con un gesto degno dell'Incredibile Hulk, mettendo in mostra la schiena tatuata e prendendosela a suon di calci con i 'poveri' microfoni situati nei pressi della panchina.

La rabbia finirà col diradarsi per fare progressivamente spazio alla felicità relativa al ricongiungimento con Simeone, avvenuto nel 2018: il 'Cholo' chiama Vivas che stavolta accetta il trasferimento in Europa, per proporgli di lavorare insieme in qualità di assistente tecnico. Incarico ricoperto per due anni, fino al 1° settembre 2020, quando diventa il nuovo allenatore in seconda al posto di German Burgos, la 'storica' ombra di Simeone: il ritorno della coppia ha regalato grandi benefici ai 'Colchoneros', laureatisi campioni di Spagna a sette anni di distanza dall'ultima volta. Un trionfo in cui è impresso anche il nome di Vivas, lo studente mancato che ha finito per conquistare la stima di uno dei migliori allenatori presenti sul pianeta.

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